In scena, al Teatro della Cooperativa, il testo che denuncia con forza la presenza mafiosa nel profondo Nord.

L’Italia è molto più unita di quanto si pensi. Ma non è il tricolore, la Nazionale di calcio, o l’inno di Mameli a renderci un solo Paese, bensì una presenza generalizzata su tutto il territorio delle diverse organizzazioni criminali che gli italiani – popolo di santi, navigatori e poeti – hanno costituito con innata creatività in questi ultimi centocinquant’anni.

“Che la ‘ndrangheta stesse colonizzando Milano lo dicevo negli anni 80, l’ho confermato due anni fa e i fatti mi danno ragione. Ora, con l’Expo, non so più come dirlo”, questa è la dichiarazione del Pubblico Ministero Antimafia, Vincenzo Macrì, che accoglie gli spettatori della lettura teatrale – firmata da Giulio Cavalli e dal giornalista Gianni Barbacetto – in questi giorni in scena al Teatro della Cooperativa. A raccontare l’intreccio ultra-trentennale tra mafie, potere politico, industriali e mondo della finanza, a Milano e in tutta la Lombardia, sempre Cavalli, accompagnato al pianoforte dall’ottimo Gaetano Liguori.

Ma facciamo un passo indietro. Sebbene in questi giorni i quotidiani pubblichino le dichiarazioni del premier Silvio Berlusconi che «la mafia italiana risulterebbe essere la sesta al mondo ma è quella più conosciuta» solo grazie al successo di serie tv come La Piovra o di libri tipo Gomorra – con i debiti paragoni, sarebbe come dire che se nessun giornalista avesse parlato del vulcano Eyjafjallajökull, lo stesso avrebbe spesso di eruttare o i voli sarebbero rimasti a terra ma nessuno se ne sarebbe accorto – ebbene, c’è chi ha ancora voce e voglia di raccontare quanto è successo e continua a succedere in questa regione, capitale del riciclaggio del denaro sporco, dove i giovani mafiosi rampanti in giacca e cravatta spaventano meno dei ladri di polli.

E allora a ricordarci che – mentre la ragazza tossicodipendente o rom si becca una condanna per direttissima a sette mesi di carcere per aver rubato un chilo di mele – la riforma della giustizia con relativa censura all’informazione e divieto di intercettazioni – se non in presenza di gravi indizi di reato – renderà impossibile ascoltare, ad esempio, le telefonate di minaccia ricevute dall’avvocato Giorgio Ambrosoli poco prima del proprio omicidio, avvenuto l’11 luglio 1979, e che in teatro risuonano presagio di morte per l’uomo ma anche per le verità che il commissario liquidatore della Banca Privata di Michele Sindona stava scoprendo.

E di banche si parla anche quando si ricorda un’altra morte eccellente e non ancora chiarita, quella di Roberto Calvi, trovato impiccato il 18 giugno 1982 sotto il ponte dei Frati Neri a Londra. Fatto connesso con lo scandalo del Banco Ambrosiano, che era stato fondato nel 1896 sempre a Milano – e non a Palermo; come a Milano, il 16 maggio 1974, era stato arrestato Luciano Leggio, detto Liggio.

Fatti, cifre, volti, date, persino la mappa con l’elenco delle famiglie mafiose presenti oggi in Lombardia e la distribuzione delle zone d’influenza delle varie cosche. Questo è quanto scorre sul video alle spalle di Cavalli, che parla di ieri ma anche e soprattutto di oggi perché non c’è da illudersi: le infiltrazioni mafiose sono dappertutto, e le indagini portano all’ortomercato, alla Tav e perfino ai lavori sull’A4.

Nella capitale del “celodurismo”, forcaiolo solo con gli esclusi dalla Milano da bere, suona strana la voce del sindaco Letizia Moratti che, invitata l’anno scorso ad Anno Zero, rispondeva a Michele Santoro che la sua Milano non era quella descritta nel servizio trasmesso, mentre Santoro ribatteva che ogni volta che si parla di Mafia, a Palermo come a Catania – o a Milano – l’affermazione dei politici è sempre la stessa: che Palermo, Catania – o Milano – sono un’altra cosa.

Uno spettacolo complesso, quindi, che si srotola con dovizia di particolari dai primi degli anni 70 ai giorni nostri e che disegna un puzzle impressionante con pezzi che, all’inizio, sembrano non appartenere allo stesso quadro. Perché quello che sconcerta di più, alla fine, è proprio scoprire che Ambrosoli come Sindona, l’Expo 2015 e la Tav, fanno tutti parte di un disegno che è inutile nascondere come la polvere sotto il tappeto, perché in quel disegno – che lo vogliamo o meno – siamo coinvolti anche noi.

Lo spettacolo continua:
Teatro della Cooperativa
via Hermada 8 – Milano
fino a venerdì 30 aprile, ore 20.45

A cento passi dal Duomo
di Giulio Cavalli e Gianni Barbacetto
con Giulio Cavalli
musiche in scena Gaetano Liguori
produzione Bottega dei Mestieri Teatrali con il sostegno di Fondazione Cariplo/Etre