Adultità fetale

«E io, feto adulto, mi aggiro più moderno d’ogni moderno a cercare i fratelli che non sono più». È la frase finale del celebre monologo che, ne La ricotta, Pasolini mette in bocca al regista impersonato da Orson Welles. È la “forza del passato”, l’idea di una nuova preistoria, politica e individuale. È un’adultità fetale, fatta di morti e nascite che si intersecano, si inseguono e si riproducono al Teatro della Contraddizione.

La compagnia teatrale milanese Phoebe Zeitgeist indaga questo viaggio fetale, questa crescita al contrario, attraverso uno spettacolo – Adulto – che incrocia le ultime opere di Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante e Dario Bellezza. Tre colossi della letteratura italiana, di quella letteratura, però, dove la penna fa tutto fuorché accarezzare dolcemente le pagine, dipingere case fatte di parole. Quella letteratura che graffia i fogli, che abbatte muri e scardina certezze, inondando il candore della carta di inchiostro color petrolio.
È proprio nel Petrolio di Pasolini che Dario Muratore muove i primi passi sulla scena. Una scena spoglia e semibuia, illuminata solo da luci al neon bianche, verdi e rosse – i colori della bandiera di una tradizione, di un passato che va e viene come il riverbero di un’onda – che l’attore accende e spegne ritmicamente. In mezzo pochi oggetti: un piccolo cavallo a dondolo, cumuli di sabbia con secchielli e rastrello e una sedia. Una sedia alla quale le parole dei tre scrittori stanno aggrappate attraverso le mani di Muratore, che si spoglia e si riveste epiletticamente della sua adultità. Dal Petrolio della periferia romana anni Settanta emerge Carlo, inginocchiato davanti ai pantaloni calati di un andirivieni di uomini. Si ostina a proferire la parola “amore” – scandita dalla perfetta dizione di Muratore – che gli viene ricacciata in gola a suon di pompini, come quell’innocenza fetale che l’adultità si porta via, al ritmo di zip che si alzano e si abbassano.
I gesti dell’attore scompongono le linee del tempo che vorrebbero collegare il passato al presente, l’idea di una crescita lineare, pulita. La concezione dell’individuo che diventando adulto si fortifica, si monadizza e poi va in frantumi, come uno specchio lacaniano che non riflette altro che l’alienazione di un soggetto irriducibile a se stesso. L’io diventa l’altro e l’altro irrompe nell’io, producendo invisibili cocci appuntiti sui quali i piedi nudi di Muratore sembrano ferirsi a ogni passo.
L’espressione disegnata sul volto dell’attore è quella di un bambino che ha paura di entrare nella “brutta vita”, masticata e sputata da Bellezza nelle sue poesie e vomitata in scena dalle voci di Ferdinando Bruni e Ida Marinelli, che attraversano il registratore sulla scena e riempiono ogni anfratto della sala.
L’attore diventa un medium, trapassato dal desiderio e dall’abbandono dei personaggi di cui si fa corpo e voce. Inserisce nella letteratura la carne, che è una carne smembrata, dilaniata, à la Bacon.

Questo spettacolo è un’ora di danza della vita e della morte, che volteggiano sul crinale delle parole dei tre scrittori, sul sottile confine tra esplosione e implosione, sugli abissi che si aprono tra identità e alterità. È il potere dell’altro di tenerti in pugno. Un altro che è amante, madre o fantasma. È l’Aracoeli di Elsa Morante, il suo ultimo vagito angoscioso, quello di un cordone ombelicale inossidabile fatto di dipendenza e abbandono.

La mano registica di Giuseppe Isgrò raccoglie dolcemente le urla poetiche di questi bambini imprigionati in un’adultità erotica e scabrosa, liberando le loro anime e i loro corpi attraverso i gesti, le espressioni e le parole di un attore come Dario Muratori, talmente bravo da non dover rappresentare nulla, ma da riuscire perfettamente a essere ciò di cui parla.

Tutto ciò non poteva avvenire in altro luogo che al Teatro della Contraddizione, regno della sperimentazione e di un continuo lavoro di reinvenzione. “Luogo altro”, eterotopico, per dirla con Foucault, in cui tutto può succedere. Anche una riscrittura dell’adultità, una crescita retroattiva, verso il ventre materno, verso una dissacrazione di poteri etichettanti e normalizzanti.
Senza bisogno di dover essere coerenti per forza, senza doversi cucire addosso un’uniforme identitaria, senza dover crescere e diventare Uno, smettendo di urlare e di contaminarsi.

Adulto è uno spettacolo che unisce sacro e profano, vagiti e orgasmi, attraverso una linea del tempo ribaltata, una temporalità che è, insieme, storia e divenire. Un viaggio onirico tra «piaghe purulente lasciate da una donna fatale che nessuno conosce» (Dario Bellezza).

Lo spettacolo è in scena
Teatro della Contraddizione
Via Privata della Braida 6 – Milano
Dal 23 al 26 ottobre 2014

Adulto
Ispirato dai testi finali di Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante e Dario Bellezza
Regia Giuseppe Isgrò
Con Dario Muratori
Drammaturgia Francesca Marianna Consonni
Voci Ferdinando Bruni, Ida Marinelli
Assistente ai costumi e alla scena Vito Bartucca
Tecnico attrezzista Gilles Ielo
Immagine Sally Cellophane
Grafica Alessandro Tonoli
In collaborazione con Voci Erranti, Racconigi (CN) e TMO, Palermo