L’altra faccia del teatro contemporaneo

Alberto Oliva. Regista milanese ha fondato, con l’attore Mino Manni, l’Associazione culturale I Demoni e, nel 2012, vince il Premio Internazionale Luigi Pirandello e il Premio Sipario/Associazione Nazionale Critici di Teatro per Il Ventaglio di Goldoni.

1) Quali sono le problematiche che deve affrontare chi produce teatro contemporaneo fuori dagli ex Stabili?

2) Quali dovrebbero essere i parametri e i principi di una Legge quadro sul finanziamento della produzione teatrale dal vivo che risponda alle esigenze delle Compagnie off?

A.O.: «Credo che ci sia innanzitutto un problema culturale, per cui sempre più gente che si occupa di teatro in realtà – e forse inconsapevolmente – non ama il teatro. Il fatto che ai gruppi giovani si richiedano innovazione, novità, nuovi linguaggi, sperimentazione, indica che il teatro vero, fatto con gli strumenti e i mezzi del teatro, non interessa più a chi lo fa, a chi lo organizza e a chi lo recensisce. Ma sembra essere, invece, ancora molto richiesto dal pubblico. Allora forse la prima barriera che deve cadere è quella che impone alle giovani Compagnie di essere sperimentali a tutti i costi e agli autori affermati di essere tradizionali per incontrare i gusti del pubblico più ampio. Se si abbatte questa distinzione ideologica – a mio parere infelice, frutto di gusti di persone a cui il teatro non piace e che non si capisce perché si ostinino a frequentarlo e a volerlo indirizzare – l’altro grande problema è quello anagrafico. Una Compagnia giovane non è quella formata da persone che hanno meno di 35 anni, ma quella formata da persone che fanno professionalmente teatro da poco tempo (e qui si può fissare un parametro in numero di spettacoli o in numero di anni di attività professionale). Ti sostengo e ti aiuto nei tuoi primi cinque lavori; ma poi ce la devi fare da solo, con i contatti e le forze che ti sarai procurato, grazie all’aiuto statale. A me piace pensare che il teatro sia quella disciplina artigianale che unisce testo, attori, regia, scenografia, costumi, luci, musiche. La legge dovrebbe premiare chi fa uso di tutti questi collaboratori e incentivare un ritorno all’uso di tutte le componenti del teatro, affinché anche critici, spettatori e operatori si rendano conto che il teatro è fatto da tutte queste componenti. Il buon teatro non è quello che innova il linguaggio in maniera casuale ed estemporanea, magari con quattro giovanotti vestiti coi loro abiti in uno spazio qualsiasi, perché tanto il resto non importa – è solo decorativo e per niente essenziale. Il buon teatro è quello che sa usare bene e sempre meglio tutte le sue componenti, amalgamate insieme».