Is Winter coming?

La vicenda è ormai nota: lo sgombero e la messa sotto sequestro da parte di blindati della polizia e della Digos di edifici occupati, a suo tempo liberati dall’Eternit e riqualificati dagli atti­vi­sti con decine di migliaia di euro. Spese coperte dall’auto-finanziamento (nel caso delle abitazioni), dagli spet­ta­coli e dal bar-osteria dell’Angelo Mai.

Ricapitolando in breve, le accuse del Gip Ric­cardo Amo­roso, dopo l’apertura dell’indagine del Pm Luca Tesca­roli e dalla Digos, sono gravissime: asso­cia­zione a delin­quere fina­liz­zata all’occu­pa­zione, ma anche minacce, estor­sioni e vio­lenza pri­vata. Il risultato è drammatico, con oltre quaranta indagati, centinaia di famiglie messe in strada a Centocelle e sulla Tuscolana, decine di perquisizioni.

Una triste situazione che purtroppo accomuna due esperienze che fin dall’inizio sono – non a caso – andate felicemente a braccetto. Quella sociale dei comi­tati popo­lari di lotta per la casa, che ha dato abitazioni dignitose a famiglie indigenti, e quella artistica dell’Angelo Mai, una straordinaria realtà culturale capace di offrire «le residenze creative e artistiche di compagnie teatrali provenienti da tutta Italia, i laboratori di scrittura e teatro rivolti alle bambine e ai bambini della scuola elementare Giardinieri, la raccolta fondi per la costruzione di un asilo nido a Gaza, gli innumerevoli concerti e spettacoli di artisti italiani e internazionali, la costante produzione artistica e la formazione permanente rivolta alle varie professionalità dello spettacolo» (tratto dal sito ufficiale, attualmente impossibile da raggiungere, forse oscurato?).

Assistere alla giornata picnic-concerto al Parco di San Sebastiano (È indispensabile essere libero, Artisti per l’Angelo Mai contro le feroci accuse che lo colpiscono), mentre sul palco si alternavano da Piero Pelù al Collettivo Musicisti dell’Angelo Mai, dagli Afterhours al Teatro degli Orrori, è stata l’ennesima (bella) conferma dell’altissimo consenso dal basso cui l’Angelo e i Comitati godono. Una gioiosa invasione da parte delle tante persone che conoscono e frequentano personalmente quelle strutture, in gran parte giovani e famiglie con bambini.

Nel bel mezzo della concitata organizzazione di questo giorno di prima-vera romana, incontriamo Benedetta Boggio e Giorgina Pilozzi, rispettivamente ufficio stampa e regista del Collettivo Angelo Mai. A entrambe va un ringraziamento particolare, perché – nonostante la pesante situazione (Giorgina è stata indagata e ha subito la perquisizione della propria casa) – riceviamo la convinta disponibilità per un’intervista da realizzare nei prossimi giorni e che, dunque, presto potrete leggere su Persinsala.

Accanto all’enorme consenso popolare che sembra stringersi attorno al Collettivo e ai Comi­tati, sembra farsi strada anche l’attenzione della pubblica opinione nazionale da parte delle testate più blasonate (Repubblica, Corriere e soprattutto il Manifesto). Perché mai come in una occasione come questa è importante che chi è stato colpito non rimanga isolato e, con essi, venga marginalizzata e indebolita una esperienza di democrazia (culturale e sociale) diretta, di luoghi dove si «fa spaccio internazionale di idee socialmente utili» (Piero Pelù) e dove con grande senso di appartenenza chi era presente può realmente riconoscersi nelle parole di Manuel Agnelli: «noi non siamo con l’Angelo Mai, siamo dell’Angelo Mai».

Tuttavia, le dichiarazioni politiche a sostegno dell’Angelo Mai, come quella del vice-sindaco (Luigi Nieri) e dell’Assessore alla Cultura Flavia Barca, se per un verso incoraggiano, per un altro rendono la vicenda ancora più preoccupante, in quanto sembrano dare la cifra di una amministrazione comunale ai cui buoni intenti non corrisponde l’adeguata forza politica per prendere le (giuste) decisioni.

Una situazione torbida, che affonda le radici nella annosa questione della mai avvenuta modi­fica della deli­bera 26 con cui Rutelli nel 1995, regolarizzò gli spazi occu­pati obbli­gan­doli a trasformarsi in asso­cia­zioni cul­tu­rali, senza però considerarne la natura specifica di luoghi di produzione culturale off.

Lo stesso sin­daco di Roma Igna­zio Marino ha detto di «non essere stato infor­mato delle misure», facendo richiesta di «immediato dis­se­que­stro delle strut­ture». Un impegno a trovare una solu­zione alternativa, che sembra per ora e purtroppo rimanere lettera morta; un timore che, speriamo vivamente, trovi al più presto smentita.

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