Un biglietto di sola andata per un treno sul quale dovrebbero salire le coscienze di tutti

Al teatro della Cooperativa Stefano Annoni interpreta l’eroe di Cinisi che ha sfidato la mafia, andando incontro – 33 anni fa – a un destino segnato. Un messaggio universale – rivendicato anche da altri coraggiosi nella storia del nostro Paese – che ha prodotto un rumore, di cui spesso si è avvertita solo l’eco.

Un treno che viaggia nella notte, a bordo un personaggio che sta scrivendo una storia, non solamente la sua, ma una storia simile a molte altre che sono state e che saranno. Sembra il preambolo di un libro di Agatha Christie, invece è tutto reale e – come sempre – non c’è nulla di più sconvolgente della realtà.

Quell’uomo perso nei pensieri che volano oltre al finestrino, sull’onda lunga dei paesaggi siciliani notturni si chiama Giuseppe e proprio dalla sua fine – la sua tragica fine – nascono gli spunti più interessanti dello spettacolo  in scena al Teatro della Cooperativa fino a sabato 21 maggio. Stefano Annoni, diretto da Paolo Trotti – autore anche del testo – è Peppino Impastato, un eroe italiano. Ucciso per mano della mafia, Peppino è un uomo dalla storia difficile, ma dalla straordinaria tenacia nella ricerca di quella libertà – che tuttora molti lottano per conquistare – contro un potere nemmeno tanto occulto, che imbavaglia e intimidisce: la mafia.

La rappresentazione sceglie la via narrativa per riprodurre una carriera tanto breve quanto intensa, tralasciando la parte istituzionale dei processi e delle testimonianze dei pentiti, per far comprendere come Peppino fosse, prima di tutto, una persona che tentava di smascherare il potere schernendolo, irridendolo, cercando di seppellirlo con una risata.

Il viaggio sul palco ripercorre le vicende che hanno guadagnato non poche inimicizie al deejay di Radio Aut: l’Impastato di Annoni è un uomo maturo e consapevole che non ha paura, perché lui della mafia è figlio non solo per provenienza geografica, ma proprio per discendenza paterna. È un giullare che suscita sorrisi amari, schierato politicamente dalla parte del proletariato, un comunista che non ha paura di esserlo – sono lontani i tempi in cui il diktat è la moderazione sempre e a ogni costo – e che sta al fianco della “povera gente” – come si usava dire – vessata dalla mano di piombo di uomini, vili a tal punto da espropriare le terre per costruire la pista dell’aeroporto di Punta Raisi, sotto gli occhi compiaciuti e compiacenti dello Stato.

Annoni, muovendosi con grande pathos sul palco, lascia da parte Giuseppe e fa rivivere Peppino, all’ombra di una luce rossa che non è solo simbolo di un credo politico, ma anche il rosso del semaforo: lo stop a una vita che è stata interrotta arbitrariamente. In scena scorrono le riflessioni di Impastato, e tutto ciò che è stato detto  su di lui – perché il non detto è pericoloso: come quella scritta oltremodo ambigua, INRI, grondante di significato religioso, simbolo assoluto della vittima che si sacrifica per il bene umano, ma anche acronimo tra i più torbidi, Impastato Non Rompere I…, in cui il sospeso pesa come un macigno.

Impegnato Peppino, impegnato più di chiunque altro in una lotta che lascia segni nella memoria, e nell’anima, così come i suoi interventi a Radio Aut – una delle prime trasmittenti libere, che in quegli anni affollavano finalmente l’etere – con cui denudava i suoi antagonisti mafiosi, lui che da una famiglia mafiosa era stato cacciato di casa, lui che con Cosa Nostra non aveva conti in sospeso, ma a cui voleva sospendere i conti.

Lo spettacolo – che proprio dal nome della radio prende a prestito il titolo – non fa parte del teatro indagine, ma sviscera ciò che questo Don Chisciotte siciliano voleva portare alla luce, con ironia e con le riflessioni del protagonista stesso, sia nell’ambito pubblico sia in quello privato: i sogni e le lotte che hanno lasciato un segno indelebile. Peppino Impastato è un eroe e una vittima, ma quel treno che lo ha condotto fino al momento della partenza definitiva e del silenzio, non si è fermato. Il treno proseguirà la sua corsa fino a quando ci sarà la volontà di non cedere alla prepotenza e ai soprusi, fino a che le nostre coscienze saliranno quei tre scalini che portano in carrozza, fino a che uno spettacolo come AUT avrà modo di raccontare la sua – e la nostra – storia.

Lo spettacolo continua:
Teatro della Cooperativa
via Hermada, 6 – Milano
 
fino a sabato 21 maggio, ore 20.45
AUT – Un viaggio con Peppino Impastato
regia Paolo Trotti
con Stefano Annoni