Beethoven e Brahms, la duplicità del pathos e lo spirito romantico

Al Parco della Musica, serata di grande prestigio dedicata a due pietre miliari, eseguite da un grande direttore d’orchestra.

Probabilmente, la Settima Sinfonia è la più incisiva ed esauriente espressione dell’arte di Beethoven, uno dei vertici assoluti dello spirito germanico ma anche della produzione culturale di ogni epoca. La sua essenza formale e concettuale merita un’attenzione specifica per coglierne l’effettivo contenuto di verità, il suo senso, che coincide col suo indubitabile valore.
Per un’orchestra e un direttore eseguire un’opera di tale livello è sempre un’arma a doppio taglio: da un lato, per quanto si possa attribuire all’opera un carattere radicalmente personale, un capolavoro del genere è impossibile da scalfire, dall’altro però il confronto con un gigante di questo tipo è sempre a perdere, soprattutto dinanzi alle storiche interpretazioni dei grandi maestri del passato.
Yuri Temirkanov, direttore di origine russa dall’onorata carriera pluridecennale, esce senza ombra di dubbio bene dal confronto; affermato nella scena europea, ma soprattutto in quella americana (dove ha diretto le più prestigiose orchestre), Temirkanov ha diretto in maniera ineccepibile l’orchestra di Santa Cecilia, presso l’auditorium Parco della Musica. Per tre serate, il concerto proposto al folto pubblico ha consistito nella Settima di Beethoven e nella Seconda Sinfonia di Johannes Brahms. Un dittico effettivamente problematico, perché il rapporto tra le due opere fa emergere una serie di considerazioni che conducono il giudizio a determinate posizioni.
Ma andiamo con ordine: la Settima beethoveniana di Temirkanov è sovrapponibile all’idea celebre che ne aveva Richard Wagner, ma anche Schumann e Mahler: l’Apoteosi della danza, il trionfo della solarità e dell’allegria, il pathos come ebbrezza dionisiaca. Per questo, le radicali accelerazioni, l’agilità dinamica dell’esecuzione, il vitalismo gioioso specie degli ultimi due movimenti (particolarmente l’ultimo, di una passione travolgente) sono stati fortemente accentuati da Temirkanov. In questo, la sinfonia di Beethoven esprime tutto il suo “hegelismo”, visto che – come sosteneva Adorno – Beethoven è sempre stato l’autore dialettico per eccellenza: si parte dal primo movimento, brillante, energico, per passare nel memorabile secondo movimento, più introspettivo, riflessivo, inquietante e struggente. La sintesi finale è un recupero della dimensione iniziale, ma con una nuova coscienza, come nella vittoria di un duello, fino alla piena espressione dello spirito. Tale hegelismo è esemplare anche nella struttura del primo movimento, dove non v’è un’opposizione binaria tra gruppi tematici e il loro relativo sviluppo, bensì un’unica idea che si sviluppa e cresce dal suo stesso interno.
Ebbene, ma è solo questo? Bisogna domandarsi quale natura abbia il pathos beethoveniano, se di sintesi “spensierata” si tratta e non piuttosto di una compenetrazione di eroismo e tragedia; abbiamo a che fare con un dibattito inscritto pienamente nella sensibilità romantica: lo spirito dionisiaco è infatti quello dell’impulso della volontà, legato ai riti bacchici e all’infatuazione orgiastica. Ma Dioniso è anche altro, è il dio del pathos, della coscienza silenica, ovvero della consapevolezza dell’inevitabilità della sofferenza e della morte, il dio senza forma delle oscurità della terra. La mia personale Settima è collegata a quest’ultima idea di pathos, caratteristica dello spirito tedesco, per questo è una sinfonia che continua a turbarmi e a scuotermi, piuttosto che rallegrarmi. Termikanov sembra invece orientato nella prima delle due strade, esprimendo tutto il nucleo brioso e trionfante dell’opera di Beethoven. L’esecuzione della Sinfonia di Brahms, meno trascinante, perde di personalità, e diviene persino anonima fino al recupero di una certa verve sempre nel quarto movimento: questo perché con Brahms il romanticismo è ben maturato, e a un’opera del genere mal si coniuga l’approccio “ginnico” e goliardico avuto per la Settima. Resta però il fatto che Temirkanov abbia offerto serate uniche, dando a due meraviglie della storia della musica una precisa intenzionalità autoriale che non resterà dimenticata.

Lo spettacolo è andato in scena:
Auditorium Parco della Musica
viale Pietro De Coubertin – Roma
fino a martedi 24 aprile, ore 21.00

Accademia Nazionale di Santa Cecilia presenta
Beethoven – Sinfonia n. 7
Brahms – Sinfonia n. 2
direttore Yuri Temirkanov