Dalle stelle agli abissi

teatro-del-giglio-lucca1Con un anticipo di apertura di Stagione, al Teatro del Giglio di Lucca, un omaggio in musica al poeta e pittore inglese William Blake.

Intenso. A caldo, questa la definizione.
E adesso qualcuno salterà su a ribattere che non esiste musica degna di tal nome che non sia effettivamente intensa. E avrà certamente ragione. Dire che l’acqua è bagnata è meno che scontato.
Ma questa volta è diverso. Non parleremo di quella sonorità pura, che entra nel mondo bastante a se stessa. L’intensità che le è propria, che ghermisce il cuore passando per la sensorialità delle vene – dalla carne al cielo – non è quella che abbiamo incrociato. Questa segue il percorso inverso.
La notte del 6 settembre la poesia è precipitata dai cieli; e dalle acque torbide della vita, la musica è sorta ad afferrarla. Qualcosa è nato. Blake – Eternal Life.

Facciamo un passo indietro. Condotto nelle quinte del palcoscenico, il pubblico si è accomodato. Sul lato opposto di quella moneta che è il teatro, illuminato frontalmente, martoriato dall’incudine sul retro: l’esibizione ha inizio.
Frutto del lavoro di due anni, l’opera è la magica reinterpretazione dell’universo dell’omonimo poeta, incisore e pittore, vissuto a cavallo tra i secoli XVIII e XIX. L’opera capitale, Songs of Innocence and of Experience, è soltanto la sfaccettatura principale del prisma che Fabio Pappacena e Giacomo Vezzani imbandiscono dinnanzi al pubblico. Le voci di Elsa Bossi ed Elena Nenè Barini s’intessono come effetti sovrannaturali, disincarnati, arrestando la corsa quando si fa forsennata.

In un perpetuo alternarsi di parole e musica, Eternal Life risuona ai sensi come un vorticante amplesso, a metà strada verso il processo che conduce alla nascita dell’opera d’arte. L’impressione è quella di scostare il velo che ricopre la materia in fermento nel crogiolo della creazione, tornando indietro nel tempo, molto indietro, alle radici stesse del mondo, alla massima esemplificazione della sua complessità. Il risultato è un’esperienza vibrante che alterna il cielo all’abisso, che scruta in ogni direzione possibile comprendendo tutto e scegliendo al contempo di non capire niente.

Questo intendevamo scrivendo che Eternal Life scaraventa dal mondo dello spirito per farsi carne – affine a ciò che potrebbe essere un bambino saggio. E più di ogni altra cosa, affine all’opera di Blake – quasi suo gemello.

Poniamo, ad esempio, Introduction, primo brano della composizione, nonché testo di apertura a Songs of Innocence. Coloro che conoscono Blake saranno al corrente dello stile dolce e musicale che caratterizza la prima parte della sua raccolta, interamente incentrata su di un mondo benedetto, arcadico, dominato dal punto di vista dell’infante. A un testo che, per le scelte lessicali e la metrica, ricorda il cantilenio di una filastrocca si accompagna una sonorità calda e vivace, le cui prime note parrebbero pensate attorno a un falò di campagna, con una chitarra tra le ginocchia e corone di fiori tra i capelli. Questo ricorso alla dolcezza e al canto spiegato ricorre nei brani che compongono Songs of Innocence, talora soffusi di una malinconia intensa, striata di una serenità tutta religiosa che commuove. L’immagine che va diffondendosi è ancora quella del poeta errante, la chitarra sulle spalle, diretto su strade tempestate di trifogli e amore.

Specchio e distorsione di questo mondo fatato sono i brani che interpretano la realtà di Songs of Experience, dove la pacata innocenza del primo testo ha conosciuto la corruzione della vita. In composizioni quali The Tyger o Sick Rose, e maggiormente nella seconda, ricorre, oltre a una sonorità più densa di ritmi rock, anche un accumulo di rumori, sibili, distorsioni. Come in un esteso, ripetuto balzo tra inferi e paradiso terrestre, purezza e deterioramento s’inseguono, alla pari dell’agnello e la tigre che prestano il volto tanto alla raccolta poetica quanto al disco. Il tutto è intervallato da letture e aforismi. Il sottofondo, ora celeste ora minaccioso, sorregge e guida la parola come un Virgilio che non si può vedere, ma percepire quasi tattilmente, a differenza dell’originale. La musica al servizio di Blake il mistico.

Interamente in lingua originale, il testo è supportato da una traduzione proiettata al di sopra del complesso musicale: traduzione corretta, ma non puntuale, visto e considerato che ad avviarla di volta in volta è un Vezzani che, al contempo, è alle prese con l’esecuzione dei brani, dalle tastiere e ai synth. Detto questo, forse il coinvolgimento sensoriale del pubblico, già molto forte, avrebbe potuto raggiungere la perfezione se la vista avesse a sua volta ricevuto uno stimolo, magari mediante giochi di luce calati sugli spettatori.

Quando la bestia bifronte chiude gli occhi, gli applausi la risvegliano per un bis.
E a qualcuno il disco rimane arpionato alla mano.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro del Giglio
Lucca
domenica 6 settembre, ore 21.00

Blake – Eternal Life
di Fabio Pappacena e Giacomo Vezzani
in collaborazione con il Teatro del Carretto