Il sangue della sensibilità

teatro i blueAl Teatro i lo splendido monologo scritto da Derek Jarman per il suo film testamento. Uno spettacolo riuscito solo quando non tenta di dar forma alle immagini cieche di un’opera infinita come l’uomo.

«A meno di risolverci a stare zitti, possiamo parlare solo di noi stessi», scriveva Joseph Conrad nel racconto Anatole France (1904, poi nell’antologia Cronaca personale). Da qui una riflessione: comunicare qualcosa significa necessariamente parlare di sé. In ogni momento, con ogni mezzo, a ogni costo.
Il regista, sceneggiatore, direttore della fotografia, montatore, scenografo, scrittore e pittore britannico Derek Jarman scoprì di essere sieropositivo il 22 dicembre del 1986. Da quel momento non smise di parlarne. Di raccontare la propria cronaca personale. Di ridere, piangere, urlare, sussurrare il dolore, la solitudine, la paura. E l’euforia, persino. La beatitudine che segue la consapevolezza, che è però soprattutto una perdita. Quella causata dalla malattia degenerativa. La perdita della vista, che per un cineasta sembra essere fatale. «Se perdo metà della mia vista, la mia visione sarà ridotta?», si domanda l’autore nel commento sonoro di Blue, il suo ultimo film. Un film testamento. E così nell’omonimo spettacolo teatrale, in cui uno schermo monocromo retroilluminato è solcato da immagini e suoni, dal resoconto della malattia che lo avrebbe condotto alla morte nel febbraio del 1994.

La voce di Michele Masiero ci accompagna nell’avventura di una vita, tra ricordi e suggestioni, ironia e invettiva, dolcezza e dramma. Un affollato bar di Sarajevo. Il St. Bartholomew’s Hospital di Londra, l’appartamento che condivide con il compagno H. B., i viaggi in India e Cina. Le «memorie del cuore» di un uomo che non si vuole arrendere. «L’amore è vita che continua in eterno», dice. E il blu diventa allora metafora di una rivalsa contro la morte: «Blu dei miei sogni», lo chiama. Perché lo riporta ai raggi della torcia del medico. Perché è spesso l’unico colore che può distinguere nella «foschia di belladonna» in cui si trascina ogni giorno, imbottito di pillole. «La morfina rende il dolore tangibile», non sopportabile come invece ci viene spiegato. E a volte la clinica è «calma come una tomba». Par quasi di sentire il comico Bill Hicks (guarda caso, anche lui morto nel ‘94 dopo una breve esistenza dissoluta) quando osservava in un suo show che l’abbandono dei propri cari in un’asettica stanza d’ospedale è persino peggio dell’eutanasia.

La messa in scena aggiunge un elemento non necessario ma suggestivo: immagini in pellicola della vita e dei film del regista inglese. Con il padre in campagna, con gli amici a una festa, a lavoro. Le musiche di Simon Fisher Turner “rubate” al film hanno qualcosa di kubrickiano e rimandano alla forza espressiva di un ricordo universale. «Tutti noi contempliamo il suicidio», afferma Jarman. Ma non è chiaro se si parli dei pazienti della clinica o dell’umanità intera. Sta a noi volergli dare corda. Si parla poi di “infernali” sale d’aspetto, politiche sanitarie e politiche sessuali, di religione («Buddha mi insegna a camminare lontano dalla malattia, però lui non era attaccato a una flebo»).

«Blu è l’oscurità resa visibile», prosegue Jarman. Può un artista dell’immagine fare a meno di essa? Può egli esprimere i suoi stati d’animo, i suoi pareri, le sue incertezze, senza poterle raffigurare? «Blu è una porta aperta sull’anima», allora. Diventa immagine stessa dell’assenza di immagine. Addirittura «il paradiso in terra». È blu il «sangue della sensibilità». Per il blu «non ci sono confini né soluzioni».

Mentre «l’immagine è la prigione dell’anima», dell’eredità, dell’educazione, dei vizi e delle aspirazioni. L’orgoglio del poeta ottiene la sua amara rivincita sul Fato. L’enigma non è più «essere o non essere», ma sapere o non sapere. «Io ho camminato al di là del cielo» e in questo modo si dice pronto a «conoscere il mondo senza guardare fuori dalla finestra». Cogliendo un «senso di realtà annegato nel teatro»: pensando alla cieca, diventando cieco. E chiedendo a noi di fare lo stesso.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro i

via Gaudenzio Ferrari 11, Milano
dal 10 al 14 dicembre

Blue
di Derek Jarman
voce Michele Masiero
colonna sonora Simon Fisher Turner
contributo tecnico di Dario Mazzoli (SOUNDnVISION)