Processo al piacere

arcobaleno-teatro-romaContinua la stagione di qualità del Teatro Arcobaleno, il Centro Stabile del Classico, con l’inedito Casanova interpretato da Roberto Herlitzka, con Marina Sorrenti, Franca Abategiovanni, Carmen Barbieri, Giulia Odori e Rossella Pugliese.

L’amore e il piacere, l’uomo e la donna, la libertà e la vita non dovrebbero entità essere antitetiche tra loro, quanto spontanee conseguenze che, naturalmente, accompagnano l’una all’altra.

Come può essere evidente a chiunque, la realtà è ben diversa da questo sogno ideale, soprattutto nel caso dell’amore. Perché quando si ama si soffre e ciò accade (anche) nel caso di un sentimento sincero e ricambiato? Come è possibile che esso nasconda così facilmente inganni, superficialità ed egoismi? Perché le gioie sembrano fugaci e le pene durare senza fine?

Questi interrogativi, per nulla banali e solo in apparenza relativi alla semplice sfera emotiva, giungono al cuore del senso dell’esistenza, condensando in maniera mirabile il modo in cui la nostra civiltà ne ha pensato il valore e lo scopo (dell’esistere).

Fin dalle sue origini, l’occidente ha infatti consegnato l’individuo, qualunque fosse il suo status, alla ricerca della realizzazione di sé, identificando questa stessa ricerca con quella della felicità. Ma, cos’è felicità? Forse, il perfezionamento dell’attività razionale, dunque dominio tecnico sul mondo? O, piuttosto, l’andare «dove ti porta il cuore», per parafrasare il titolo di un libro di Susanna Tamarro, cult degli anni ’90?

Una scelta di campo non da poco, come si può intuire, che assume una portata epocale se vista nell’ottica dell’evoluzione antropologica ed esistenziale dell’individuo nel mondo occidentale.

Da un lato, il trionfo della res cogitans, affidandosi al criterio di produttività nell’organizzazione politica, economica ed educativa delle persone, struttura una società reazionaria secondo canoni moralistici (quelli che più d’una volta costrinsero Casanova alla prigione e lo condannarono a un destino da emarginato). Dall’altro, la materialistica affermazione che «c’è più assennatezza nel corpo che nella più assennata saggezza» (Friedrich Nietzsche) rivaluta in senso pienamente edonistico i cosidetti piaceri dinamici, il carpe diem.

Da quest’ultima prospettiva, quella da cui Cappuccio sceglie di mirare il celebre veneziano, appare chiara e clamorosa la legittimità di chi ha «confuso il piacere e l’amore» senza aver «creato dolore». Una citazione che splendidamente si adatta al carattere di un personaggio del quale – attraverso il serrato confronto con quelli che saranno (letteralmente) suoi alter ego – scopriremo i patimenti di chi sta facendo il bilancio della propria vita.

Se dal punto di vista concettuale è dunque questa la riflessione su cui si snoda il Casanova di Ruggero Cappuccio, la drammatizzazione del crepuscolare protagonista di questo allestimento – ambientato in Boemia, nei surreali interni del Castello del Conte di Waldstein – si sviluppa su due assi portanti.

Il primo è il contrappunto visivo, acustico e plastico tra i personaggi. Un espediente – giocato sulla sovrapposizione dei piani di coscienza e memoria, sull’accavallamento delle voci, sulle dinamiche compositive della scenografia e costumi – che, dando ritmo e complicando la narrazione, tende però a un rischio sostanziale. Ovvero di amplificare la narrazione stessa al punto tale da non agevolarne la comprensione, ma – per l’esplosione della scena in termini di ricchezza simbolica e fisica – da determinare un pericoloso eccesso per lo sguardo e l’attenzione dello spettatore.

Il secondo è quello della svolta che si concretizza con la potente e lacerante dichiarazione di identità delle maschere in scena. Illuminando quella che fino ad allora poteva sembrare una frase di semplice circostanza, «io non sono Casanova» si pone come una affermazione contemporaneamente vera e falsa. Vera, perché le esperienze appartengono intimamente al libertino veneziano, non tanto per il titolo della locandina, ma per la padronanza con cui Roberto Herlitzka ne espone il vissuto nei minimi dettagli, sfoggiando una immedesimazione musicale per l’armonia con cui gesticola e ciondola su e giù per il palco.
Allo stesso tempo, è assolutamente falsa perché sarà lo stesso Casanova a implorare di non voler essere ricordato sotto quel nome, definizione dalla quale finirà storicamente e umanamente schiacciato e soprattutto mutilato come individuo, per esempio, delle sue qualità di scrittore.

Su questa complessa e pirandelliana dialettica, si congeda allora uno spettacolo appesantito – a tratti – da un incedere fin troppo espositivo, ma capace – infine – di raggiungere l’opportuno spessore emotivo.

intervista di Valeria Palumbo e Carlo Rotondo in occasione del debutto al Teatro Franco Parenti di Milano

Lo spettacolo continua:
Teatro Arcobaleno

via Fracesco Redi 1a, Roma
dal 22 gennaio all’8 febbraio 2015
dal giovedì alla domenica

Casanova
di Ruggero Cappuccio
regia Nadia Baldi
con Roberto Herlitzka
e con Marina Sorrenti, Franca Abategiovanni, Carmen Barbieri, Giulia Odori, Rossella Pugliese