Venghino, signori, venghino!

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Il regista franco-argentino Alfredo Arias mette mano a uno dei testi meno conosciuti dell’autore napoletano Raffaele Viviani, donandogli nuova linfa e creando una giostra dal meccanismo perfetto.

Napoli, primi anni del Novecento. Un circo malinconico, sgangherato e polveroso sosta in città, nella vaga speranza di racimolare il denaro necessario a sfamare i suoi affaticati artisti. Un carrozzone di clown tristi, starlette capricciose, acrobati malfermi e spavaldi domatori. C’è sentore di miseria, di vite condotte “tirando a campare”, ma al tempo stesso è palpabile l’inquietudine, la sensazione che dietro un’apparente calma fatta di rassegnazione al proprio destino, si celino umori pronti a esplodere. Del resto, basta una breve sbirciata dietro il pulcioso tendone per scoprire debolezze, inganni e miserie di ognuno di loro. Se i personaggi in scena sono diversi, la narrazione è focalizzata difatti su due disgraziate coppie, malamente assortite: il clown Samuele e sua moglie Giannina, e il cavallerizzo Roberto insieme alla compagna Zenobia. I loro tormenti e le loro sventure costituiscono lo snodo centrale del testo che narra così di amori respinti, rifiutati, non corrisposti, ma anche di legami frivoli, capricciosi e passionali. Samuele ama Giannina, che però è stanca di lui e si rifiuta dunque di prestargli cure e attenzioni. In compenso, fa dono di queste al giovane toscano della compagnia. Allo stesso modo, come in un rovesciamento dei ruoli, anche Zenobia stravede per suo marito, che corre però – senza nasconderlo troppo – dietro le corte gonnelle della meno matura Nicolina, figlia del padrone del circo. Samuele e Zenobia, come affetti dalla medesima cecità, rifiutano d’esser respinti, si attaccano all’unica cosa che credono di avere (l’amore) e fingono di non capire ciò che viene quasi sbandierato sotto il loro naso. Più rincorrono, più vengono allontanati, più si prostrano, più generano disprezzo. Il risvolto sarà impietoso.
Il circo qui si fa microcosmo, grottesco buco della serratura da cui scandagliare l’animo umano, le leggi che governano l’universo, le vette e i punti più bassi che si è in grado di toccare.
Spetta a un singolare narratore in frack tenere il filo degli eventi: rivolto al pubblico fa proseguire la storia e dà ulteriore voce al sentire dei personaggi. La quarta parete viene così spesso bucata, traducendosi in una relazione col pubblico che è calato nella vicenda anche grazie alle musiche eseguite dal vivo (nel complesso perfette, ma in qualche momento non esattamente amalgamate alla situazione che accompagnavano), che creano un’atmosfera al tempo stesso onirica e tangibile. Del resto, anche l’animo dello spettacolo è duplice e si passa con disinvoltura dal registro comico e spensierato a quello greve e drammatico. Così come ci si muove tra prosa, canti, accenni di danza, siparietti comici e movenze da varietà, quasi a mo’ di teatro di rivista.
Circo Equestre Sgueglia colpisce anche per la mise-en-scène, curatissima e sgargiante. Dal trucco ai costumi, passando per le luci e la bellissima scenografia, tutto si fa colorato, vivace, vibrante. E degni di menzione sono anche gli attori, che svolgono un grande lavoro senza cadute di stile.
Uno spettacolo “carico”, che lascia positivamente storditi per la ricchezza degli spunti visivi e uditivi che offre, per la capacità di mescolare più generi e farsi empio di momenti che anche presi singolarmente funzionano, e che insieme formano un cangiante affresco, singolare e mai scontato.

Lo spettacolo continua
Teatro San Ferdinando
piazza Eduardo De Filippo 20, Napoli
dal 24 al 28 febbraio

Circo Equestre Sgueglia
testo e musiche originali Raffaele Viviani

regia Alfredo Arias
con Massimiliano Gallo, Monica Nappo, Tonino Taiuti, Carmine Borrino
Lorena Cacciatore, Gennaro Di Biase, Giovanna Giuliani, Lino Musella
Marco Palumbo, Autilia Ranieri, Mauro Gioia
musicisti Giuseppe Burgarella, Gianni Minale, Alberto Toccaceli, Marco Vidino
scene Sergio Tramonti
costumi Maurizio Millenotti
disegno luci Pasquale Mari
arrangiamenti musicali Pasquale Catalano
coreografie Luigi Neri
produzione Teatro Stabile di Napoli, Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia, Teatro di Roma