Pene d’amor confuso

Al Teatro Belli di Roma, il secondo appuntamento di Trend, rassegna a cura di Rodolfo di Giammarco, giunta alla sua XI edizione, che porta in scena il dubbio sull’identità sessuale in una mise en espace di Silvio Peroni.

Quando si parla di rapporti sessuali la società civile non lesina certo gli epiteti per un’esatta catalogazione, e così possiamo ben dire che al sabato sera, in un locale centrale e modaiolo ci saranno etero, gay, lesbo, bisessuali, metrosexual, feticisti, devoti piluccatori castigati, onanisti incalliti in incognito, liberi professionisti e qualche vergine moralista. Ognuno si muove con atteggiamento caratteristico per stimolare i recettori cellulari del partner ideale/occasionale e sbrigare le pratiche per apparecchiare un convivio carnale, si valuterà eventualmente in seguito l’ipotesi di contrattare l’amore. In questo schema perfettamente armonico esiste però una terribile minaccia, insidiosa e repellente, che rischia di intossicare l’intero sistema: gli indecisi. Come una piaga virulenta, l’indecisione infetta il corpo sociale e provoca danni emotivi. Siamo lontani dall’apocalisse sentimentale, ma in un panorama tanto variamente diversificato capitano dinamiche comicamente catastrofiche, sebbene, impossibile evitarlo, dolorose. Ne sa qualcosa John, un tipetto scipito, simpatico, quando gli capita di parlare, impacciato, disarmato dalla volontà di essere sincero e innocuo, ma smanioso di soddisfare i propri bisogni, le curiosità, di condiscendere all’istinto di un corpo adolescente preda del fermento ormonale. John ama esaurire le possibilità nell’istante, senza pensare alle conseguenze, ma soprattutto ama dire «sì». Quasi involontariamente, con naturale ingenuità, si trova al vertice di un insolito triangolo, oggetto del contendere tra l’uomo fatto e finito col quale convive da cinque anni – un broker dichiaratamente omo, intransigente, patriarcale nel suo essere marcatamente dominante; e una giovane insegnante di sostegno divorziata e spaventata dalla solitudine, conosciuta da poche settimane, una donna intelligente, umana, con un atteggiamento materno e rassicurante. Impossibile proseguire in tre, bisogna alleggerire il carico, scorciare gli orli, e tocca a John sciogliere l’amletica questione se continuare a convivere con l’uomo che ama e tentare un futuro burrascosamente gay, o se smarcare i dolci sentimenti per la passione verso una donna affatto maschile e la lieta prospettiva di una famiglia.
Mike Bartlett da Abingdon, nei pressi di Oxford, cerca di fare chiarezza in questo dilemma intorno al quale costruisce Cock, premiato nel 2010 con un Laurence Olivier Award e secondo per incassi al Royal Court Theatre di Londra l’anno precedente. Inserita nel valido cartellone della rassegna Trend – nuove frontiere della scena britannica, fino al 30 marzo al Teatro Belli di Roma, la brillante opera firmata dal trentaduenne inglese punta a squassare le impalcature dei preconcetti e degli stereotipi attraverso un linguaggio vivo e attuale, carico di improperi che mai risultano volgari, in virtù di un’ironia arguta e dei quattro personaggi pragmatici (compreso il padre del broker giunto a perorare le ragioni del figlio) incastrati l’uno all’altro nel nome dell’amore. John impiega il tempo dell’intera rappresentazione per districare l’intima crisi identitaria. I tampinanti corteggiatori non aiutano, assorbiti nella lotta per conquistare l’esclusiva su colui che nell’ipotetico futuro sarà possibilmente un compagno o un marito, ma che nell’immediato non è che una sagoma da riempire secondo il desiderio di ciascuno, a piacere, depistati dal suo silenzio balbettante e da un’indecisione cronica, al limite dell’imperdonabile. La conclamata bisessualità non costituisce il tema centrale, sembra piuttosto immancabile elemento destabilizzante del teatro anglofono programmaticamente audace. Bartlett è più interessato a raccontare il dramma derivante dall’ignorare chi si è e quale sia il proprio destino, nonostante l’indeciso protagonista sia l’unico paradossalmente ad avere un nome. Il risultato è decisamente pregevole. Sarebbe bello assistere a un allestimento completo di scenografia e costumi, sebbene la rappresentazione curata da Silvio Peroni restituisca a pieno la potenza di un testo notevole, soprattutto sul piano linguistico reso degnamente dalla traduzione della Abe – si parla sulla scena come nel quotidiano, senza freni, come dimostra il titolo dell’opera. Gran parte del merito va agli attori che si lasciano perdonare le fortuite incertezze in virtù di un’interpretazione autentica e trascinante che mantiene il ritmo anche quando si comincia a fiutare un vago sentore di ripetitiva persistenza dello status quo e si insinua la perplessità su quanto sia plausibile l’assoggettamento dei due innamorati alle debolezze di una probabile canaglietta edonista. Anche noi siamo colti dai dubbi, scivoliamo nella confusione, in altre parole, ci ritroviamo coinvolti, che è la spia palese della buona riuscita dell’opera. E in effetti è proprio questo il genere di teatro che ci piacerebbe vedere più spesso.

Lo spettacolo continua:
Teatro Belli
piazza sant’Apollonia, 11/a – Roma
fino a sabato 24 marzo, ore 21.00
(durata 1 ora e dieci circa senza intervallo)

Compagnia Silvio Peroni presenta
Cock
di Mike Bartlett
traduzione Noemi Abe
con Margot Sikabony, Enrico Di Troia, Fabrizio Falco, Jacopo Venturiero
mise en espace Silvio Peroni