Il rasoio e la mannaia

Al teatro Arcobaleno torna in scena Come vi piace, ma la trasposizione dell’opera shakespeariana nella Germania nazista non riesce a fondersi con i motivi più sentiti del testo del Bardo e il risultato non convince.

Il grande dilemma di molte opere riproposte a teatro è spesso il loro grado di potenziale fedeltà al testo originale. Attualizzare i classici sembrerebbe oggi una scelta necessaria e imprescindibile, e a volte tali riletture contemporanee, polemiche a latere a parte, riescono a emozionare in modo nuovo, a tirar fuori spiragli inediti e latenti di testi apparentemente usurati dalle innumerevoli, secolari rappresentazioni.
È successo di recente con gli adattamenti innovativi di Michieletto o le rinnovate messe in scena di sempreverdi pasoliniani.
Tuttavia non va dimenticato quanto attualizzare un testo possa risultargli fatale qualora la nuova proposta esibisca in maniera eccessivamente vistosa forzature o accomodanti giochi a effetto. Come dire: si lavori pure di rasoio, ma non si muoia di mannaia…
Proporre dunque un classico dalla levità ambigua e suggestiva come As you like it – già di per sé scelta non facile, trovandoci davanti a uno dei testi di Shakespeare che da sempre ha più diviso i critici, tra estimatori conquistati e recalcitranti contestatori – non è affatto innocuo: il testo del Bardo è leggero, ma si tratta di una leggerezza densissima, in genere sbrigativamente definita come pastorale, che può catastroficamente virare in farsa se non si dosano le componenti dell’intreccio e del dialogo, se non si miscelano con disinvolta eleganza i toni. Il titolo è forse un ironico omaggio ai gusti del pubblico, ma non asseconda certo qualsiasi incursione drastica in altri mondi, per quanto Come vi piace sia la celebrazione della forza della vitalità femminile, accomodante, leggiadra, seducente, aggraziata, puntigliosa, magniloquente, e soprattutto libera, motivo per cui il personaggio di Rosalind ha costantemente colpito l’immaginario degli spettatori, anche quando non perfettamente convinti dalla pièce, libertà inafferrabile e fiera perfettamente riflessa in quell’indimenticabile correlativo oggettivo che nella commedia shakespeariana è la foresta di Arden.
Ora togliere a Come vi piace i suoi cinque atti, privarlo della foresta di Arden, spogliare Rosalind della sua vivacità intima e sagace, della sua ambiguità sessuale più profonda, di quel suo ammiccare al mito attraverso un’androginia chiaramente liberatoria, è un paradossale far pendere la bilancia dell’interpretazione soggettiva a favore dello snaturarsi di un testo in cui proprio la natura dovrebbe essere protagonista.
Qui invece ormai tutto si svolge al chiuso, in una dimensione metateatrale, da camerino e da interno più che da palcoscenico, e più affine a Brecht che a Shakespeare, con punte di cabaret alla Bob Fosse, tra personaggi esangui e stralunati, vagamente circensi, meno in sintonia con Fellini che con Beckett però, forse per il loro progressivo annegamento in nebbie metaforiche e lattee che richiamano fumi di guerra e fumose follie collettive, essendo la storia trasposta nella Germania nazista invaghita del sogno ariano.
La claustrofobia della nuova ideologia stride a contatto con la levità del testo inglese e purtroppo non avviene il riscatto neppure con la trasformazione clou di Rosalnd in Ganimede, cui non seguono del resto fraintendimenti rivelatori.
Resta la spessa nebbia che assorbe ogni cosa, e ogni cosa copre, come la Storia a volte.
Ma la soffocante palude delle luci dell’ottimo Pietro Sperduti non può esaurire la terribile tragedia di un secolo e di un popolo che rischiano di smarrire la loro pesante identità convogliati in un originale seicentesco a sua volta tradito.

Lo spettacolo è in scena
Teatro Arcobaleno

Via F. Redi, 1/A, Roma
fino al 29 maggio.
da mercoledì a sabato ore 21.00, domenica ore. 17.30

Come vi piace
da William Shakespeare
da un’idea di Ilaria Testoni
adattamento Glenda Ray
regia Ilaria Testoni
con Ilaria Amaldi, Mauro Mandolini, Barbara Lo Gaglio, Laura Garofoli, Camillo Marcello Ciorciaro, Roberto di Marco, Michela Giamboni, Paolo Benvenuto Vezzoso
aiuto regia Roberto Di Marco
coreografie Ilaria Amaldi
scene Bruno Vitale
costumi Cinzia Ungaro
colonna sonora Ferdinando Nicci
luci Pietro Sperduti
produzione Compagnia Mauri Sturno