Continua la tournée di Gene Gnocchi, mattatore di Cose che mi sono capitate a mia insaputa. E, come sempre, applausi e risate salutano uno tra gli showman più arguti d’Italia.

Dopo un consulto medico e il susseguente esame diagnostico eseguito da lui medesimo, un anziano individuo della middle-up-class riceve un responso inquietante: lui sta benissimo ma nella sua vita si è sempre tenuto tutto dentro. Non ha mai esternato nessuna emozione, alcun sentimento. Rileggendo col pubblico quella lastra grigia si accorge che quell’esame medico è stato pagato da altri a sua insaputa. Inizia così a ripercorrere febbrilmente i fatti, accorgendosi che sono accaduti tutti a sua insaputa e concertati dalla longa manus di un burattinaio più scaltro di lui (Dio? Il ministro per l’attuazione del federalismo? Il direttore del catasto? Un impiegato dell’Aci? Il carrozziere?).

Tutto ciò che deve avvenire, comunque avviene – questa è la realtà: dalla visita alla tenda di Gheddafi al mistero se sia più conveniente l’eolico o il fotovoltaico fino alla scoperta della vera identità del garante della privacy. E mentre questa discesa verso gli inferi non si arresta, agli spettatori non rimane che chiedersi ancora una volta: «Perché sono qui? Non era meglio una visita guidata al museo delle ceramiche di Faenza?».

Prendete tutto ciò che sta scritto qui sopra e cestinatelo, cancellatelo, dimenticatelo.

Il nuovo spettacolo di Gene Gnocchi non ha nulla a che fare con la presentazione che ne viene fatta (almeno se la si legge superficialmente) e, già questo, dovrebbe dirla lunga sul personaggio.

Gnocchi è da sempre faccia seria e sberleffo sgarbato travestito, ma non troppo, da presa in giro innocente. Difficile descrivere un tipo di comicità simile: non è quella caciarona di Colorado Cafè, e nemmeno quella cabarettistica di Zelig (nonostante la partecipazione nel 2010 e in questo 2011 con alcuni monologhi estrapolati dallo stesso spettacolo teatrale), non è satira crozziana ma nemmeno urla indemoniate alla Beppe Grillo. Se proprio si vuole avvicinare il personaggio a un qualcosa conosciuto da tutti si potrebbe citare la famosa Gialappa’s Band dei tempi d’oro, con tutto il suo seguito di comici-personaggi straordinari (non è un caso che uno dei suoi migliori personaggi-tormentone sia nato proprio con loro).

Gene Gnocchi sale sul palco quasi di nascosto e con qualche premessa farsesca dà il via al suo teatrino sociale nonsense. Cose che mi sono capitate a mia insaputa si potrebbe definire una collezione di aforismi umoristici, collegati da un filo sottile sottile che Gnocchi insiste a chiamare la sua vita quotidiana: Angelina Jolie con i suoi venti e più figli, sua nipote e la sua scalata al potere, un vecchietto alle prese con il diabolico digitale terrestre, il Papa e la sua papamobile senza tetto. Gene non risparmia nessuno ma, allo stesso tempo, finge di trovarsi su quel palco a sua insaputa, quasi ce l’avessero buttato a forza. Il comico di Fidenza usa i tagli dello Stato ai fondi per lo spettacolo come trait d’union, proponendo diversi “balletti fatti in casa” e pedalando sulla sua cyclette per non far mancare l’energia al piccolo (ma non troppo) San Filippo Neri del grazioso Nembro.

In un’ora e mezza passata in gran fretta, Gnocchi non riesce a non sorridere ad alcune battute (se vogliamo chiamarle così) davvero troppo grosse e, libero dalle briglie televisive, coinvolge anche autorità locali e non.

Il pubblico numeroso (ma il teatro, inspiegabilmente, non è al completo) applaude e ride di gusto e il comico, da rockstar consumata, concede anche un piccolo bis che fa capire di fronte a che razza di comico ci troviamo.

Gene, la sua “erre” e la sua vita strabiliante: speriamo che tutti continuino ad andare a suonare alla sua porta per risolvere ogni tipo di problema, sarebbe un peccato perdersi i suoi racconti.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro San Filippo Neri

Via Vittoria 12, Nembro
Sabato 5 febbraio

Cose che mi sono capitate a mia insaputa
di e con Gene Gnocchi
hanno collaborato ai testi: Francesco Freyrie, Ugo Cornia, Simone Bedetti, Maurizio Giambroni