Un teatro work in progress

All’interno della rassegna Non normale, non rassicurante, il 24 e il 25 febbraio l’Angelo Mai ha aperto le sue porte al teatro della drammaturga inglese contemporanea di Caryl Churchill.

Nota all’estero per la sua attività teatrale, Caryl Churchill stenta in Italia ad afferamrsi tra il grande pubblico; per queste ragioni l’Angelo Mai ha proposto una mise-en-espace di alcuni dei testi più noti della scrittrice allo scopo di farne conoscere i lavori.

La serata del 25 febbraio sarebbero dovuti andare in scena  i due atti unici del testo Cuore blu. Sarebbero, perché dei due solo il primo – L’amore del cuore della compagnia Lacasadargillae – è andato in scena.

La scena è essenziale. Di essa, è protagonista una famiglia – i genitori Alice e Brian, la zia Maise e il fratello Lawis – mentre attende il ritorno della figlia Susy dall’Australia. Il tema centrale è l’attesa continuamente messa in crisi da interrogativi e cambi di forma che interrompono lo scorrere lineare del tempo.

Le domande che nascono nel corso della rappresentazione tendono a mettere in luce le contraddizioni di una convivenza trasportata da un’abitudine, ma nella quale basta una parola in più per far crollare l’apparente stabilità. Le battute tra Alice e Brian dimostrano proprio questo, ovvero come alle volte l’equilibrio già precario possa venire meno anche in un momento che dovrebbe essere di felicità, come quello del ritorno della propria figlia da un paese lontano. Sono gli stessi protagonisti a riconoscerlo quando Alice arriva a dire che quello sarebbe dovuto essere un giorno di gioia, mentre una voce viva aggiunge contenuti sorprendenti perché privi di qualunque nesso o significato (come l’arrivo sulla scena di un mostro di tre metri) che lasciano interdetti e fanno sorridere gli stessi attori, il cui lavoro così è messo ininterrottamente alla prova.

Ed è sempre da questa voce – personificata da un attore seduto al lato della scena – che vengono introdotti i cambi di forma; la rappresentazione continua a essere interrotta per tornare indietro, per ricominciare dall’inizio o da un punto preciso con velocità maggiore o minore, frantumando le singole battute, riprendendo di queste solo la parola iniziale o quella finale. Il dialogo viene così ridotto al minimo, a uno scambio di singole parole che così estrapolate fanno irrompere il non-sense sulla scena.

Il mettere costantemente in discussione la forma della rappresentazione assume inoltre un carattere metateatrale, mostrando come uno spettacolo possa essere man mano cambiato e pensato diversamente fino a giungere alla forma finale, ovvero quella ufficiale di cui gli spettatori fruiranno.  Quello che va in scena è il lavoro in fieri, un work in progress, il cui carattere embrionale è manifestato anche dai copioni che i singoli attori hanno tra le mani e sui quali sbirciano continuamente le battute.

E così come per il tema, l’attesa, l’arrivo di Susy passa completamente in secondo piano e resta sullo sfondo a causa di tutto quello che nel frattempo è successo tra Alice e Brian; lo stesso vale anche per la forma, il cui risultato finale risulta superfluo. E se in una delle sue battute la zia Maise afferma che l’attesa è la cosa più difficile, potremmo aggiungere che è altrettanto indubbio come essa sia la cosa più importante.

Perché ciò che conta, forse, è il processo e non la meta in sé. Forse Non normale, non rassicurante, ma certamente non ipocrita e, per questo, più reale.

Lo spettacolo è andato in scena:
Angelo Mai
Via delle terme di Caracalla 55/a, 00153 Roma
25 febbraio, ore 20:30

L’amore del cuore
mise en espace a cura de lacasadargilla
regia di Lisa Natoli
con Sylvia De Fanti, Tania Garribba, Lorenzo La Posta, Alice Palazzi, Francesco Villano

Caffettiera blu
mise en espace a cura di Bluemotion
regia di Giorgina Pi
con Sylvia De Fanti, Mauro Milone, Aglaia Mora, Laura Pizzirani, Simona Senzacqua, Francesco Villano