Leggerezza ed edonismo nell’Austria Felix

Dopo l’impegno e la grandiosità che hanno segnato l’apertura di stagione dell’Andrea Chénier di Giordano, il Teatro alla Scala sceglie la leggerezza per il secondo atto della propria programmazione. Sotto la briosa direzione di Cornelius Meister e con la convincente regia di Cornelius Obonya, Die Fledermaus non mostra i segni dell’età e mantiene tutta la propria freschezza

Avevamo amato l’Andrea Chénier, che ha segnato l’inizio di un’attesissima stagione, ed abbiamo apprezzato anche questa nuova scelta del teatro milanese. La Scala opta per lo spariglio proponendo un’operetta di Johann Strauss figlio, Die Fledermaus, e lo fa convincendo, senza eccessi. La regia di Cornelius Obonya è puntuale ed interessante, e si mantiene spigliata durante tutta l’arco dello spettacolo. La trasposizione contemporanea dell’opera si dimostra funzionale per la spazializzazione dell’azione scenica.

I tre atti si svolgono in tre luoghi ben separati e identificati: un interno da elegantissimo chalet austriaco, una grandiosa sala da ballo e un inquietante e umido carcere. Tre luoghi fortemente caratterizzati le cui scenografie si dimostrano particolarmente riuscite e che mantengono l’apertura necessaria all’intricato sviluppo delle scene. Attori, cantanti, ballerini e acrobati convivono sul palcoscenico ed il loro incrociarsi si svolge con una perfetta naturalezza.

Die Flerermaus è un inno all’edonismo e alla leggerezza basato su di una commedia degli inganni che Strauss dimostra di maîtriser perfettamente. Condannato a otto settimane di prigionia, il banchiere von Eisenstein deve iniziare a scontare la propria pena a partire dalla data odierna ma, convinto dall’inventivo dottor Falke, egli decide di posticipare l’espiazione della propria condanna il giorno successivo per poter approfittare del grandioso ricevimento dato nella dimora della ricca oligarca Orlovskaja. La festa attira a sé tutti i personaggi della pièce, le domestiche e gli adulteri, fino allo stesso direttore del carcere Frank. Essa si dimostra essere il palcoscenico per una pièce nella pièce, c’est-à-dire, della messa in scena del dottor Falke, il “dottor Pipistrello”. La forza centripeta del ricevimento possiede, al suo interno, un’altra forza, “mortale”. L’orologio del banchiere ricorda il mazzolin di fiori dell’Adriana Lecouvreur, in quanto prezioso simbolo che passa di mano in mano e che finisce per rovinare (in questo caso, economicamente parlando) il personaggio terminale di questa concatenazione.

La scrittura straussiana viene interpretata con brio dal direttore Meister. È un piacere ritrovare questo patchwork musicale ricchissimo ed, eppure, così leggero. Meister dimostra tutta la sua energia, fin dall’ouverture dell’opera, ma dà il massimo nelle parti corali dove l’orchestra ed i cantanti si esaltano in un tripudio di suoni.

Bravo il tenore Peter Soon nel ruolo del banchiere von Eisenstein, autore di una prova senza alti né bassi la cui costanza si è dimostrata rassicurante, come, d’altro canto, è stata la prova di Michael Kraus, come direttore della prigione (nonostante fosse annunciato come malato). Indubbiamente migliori le prestazioni femminili, in particolar modo quella di Eva Mei nel ruolo di Rosalinde con il suo canto spinto e potente, perfetta nei rapidi passaggi dal recitativo al cantato, e quella che ci ha conquistato più di tutti, Daniela Fally. Il giovane soprano austriaco, nonostante un’indisposizione, brilla nel ruolo di Adele, la domestica di casa von Einstein. Leggera ed ironica, perfetta nei vocalizzi e nelle tempistiche, si supera nell’aria del secondo atto, dove il suo canto si può finalmente aprire e realizzare completamente. Interessante anche l’apporto de Elena Maximova (Orlofskaya) e di Markus Werba (dottor Falke), capaci di attirare immediatamente tutte le attenzioni su di loro non appena appaiono in scena, la prima per la prontezza di una voce potente, il secondo per l’intensità e la profondità del proprio universo vocale.

Una nota di merito va anche a Paolo Rossi. Il comico milanese dimostra di essere la scelta azzeccata per interpretare il ruolo della guardia carceraria Fresch. «Dopo aver giocato a San Siro e aver cantato alla Scala, mi manca solamente dire messa in Duomo ed il Monumentale è mio!» asserisce con ironia l’attore, facendo saltare la sottile barriera che lo separava dalla finzione scenica.

Il nostro giudizio è quello che questo Die Fledermaus non sia solamente una riuscita trasposizione dell’originale ma un’ottima rilettura contemporanea dell’operetta di Strauss. Dispiace solamente per gli affaticati applausi di un pubblico scaligero poco convinto.

Spettacolo visto martedì 28 gennaio 2018

Lo spettacolo va in scena:
Teatro alla Scala
Via Filodrammatici, 2 – Milano
orari: venerdì 19, martedì 23, domenica 28 e mercoledì 31 gennaio 2018 ore 20, domenica 21 ore 15, venerdì 2 febbraio ore 20, domenica 4 febbraio ore 15, domenica 11 febbraio ore 14

Il Teatro alla Scala presenta
Die Fledermaus
operetta in tre atti
libretto di Carl Haffner e Richard Genée
musica di Johann Strauss
nuova produzione Teatro alla Scala

direttore Cornelius Meister
regia Cornelius Obonya
co-regista Carolyn Pienkos
scene e costumi Heike Scheele
luci Friedrich Rom
coreografia Heinz Spoerli
video Alexander Scherpink

con
Rosalinde   Eva Mei
Adele   Daniela Fally
Orlofskaya   Elena Maximova
Gabriel von Eisenstein   Peter Sonn
Dr. Falke   Markus Werba
Alfredo   Giorgio Berrugi
Frank   Michael Kraus
Dr. Blind   Kresimir Spicer
Ida   Anna Doris Capitelli
Frosch   Paolo Rossi             

coro e orchestra del Teatro alla Scala
maestro del coro Bruno Casoni
con la partecipazione del corpo di ballo del Teatro alla Scala diretto da Fréderic Olivieri

durata: 3 ore e 15 minuti intervalli inclusi

www.teatroallascala.org