Amor che nella mente mi ragiona

complesso-san-francesco-luccaViaggio, musica e amore sulle orme del sommo poeta. Lucca inaugura la riapertura del complesso conventuale di San Francesco con la Divina Commedia – L’opera.

Ecco, è scesa la tenebra. Cala il sipario sulla farsa del giubilo. Si è perso. Spazio esteso, sconfinato, eppure esiguo, così esiguo. Trafigge la selva assetato del cielo. Si è perso. È solo un uomo, solo un uomo. Sosterrà il peso immane? Un peso, un bivio ed è così repentino nella sua ferocia: «Dimmi, carissimo, fai la tua scelta: sii un un vivo tra i morti, o un morto tra i vivi». Ecco, si è perso. Ed è la musica, ormai e null’altro.
Lui è Dante. E questa è San Francesco, la chiesa lucchese. Effonde la vita nella sua vacua vastità, spoglie le pareti, le volte lignee come un sacro naviglio. Ascende la musica, ascende il canto. Sabato 14 settembre, sono passate da poco le nove di sera. Un violino solitario stornella, voci mormorano, le panche protestano sotto i piedi. Neppure un posto è rimasto libero. «È un sogno coltivato da sempre. […] Leggendo i suoi versi sembra già di respirare la musica».
Marco Frisina, l’ideatore. Un sacerdote, un musicista, un docente.
Non è un musical. Che non si dica in giro che questo è un musical. È ben altro, questo, è prendere il Padre della lingua, ergerlo, coprirlo, spanderlo di note e di voci. Questo lo spettacolo di stasera. Due atti, all’Inferno il primo, il secondo tra Terra ed Empireo. La Divina Commedia – L’opera ci parla di un viaggio trasmutato in suono, di un Dio trasmutato in amore, tanto essenziale e nudo da sgomentare.
Attori, non ce ne sono. Riponiamo il cerone, lasciamo dunque in disparte il sipario. Voci e nient’altro che voci. Siedono in fila di fronte a noi, elegantissimi e seri mentre si chinano sui leggii: sono dodici, tra uomini e donne, con quell’apparenza di miraggio che caratterizza l’artista agli occhi dello spettatore schiavo. Cantano – alcuni scorrendo gli occhi sul testo; altri perdendosi tra le volte lontane, con voluttà, piangendo o ridendo alternamente.
Ideata e prodotta nel 2007, la Divina Commedia arriva nella città dei Guinigi promossa dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Lucca per inaugurare la ripresa degli spettacoli nel complesso conventuale di San Francesco, con le caratteristiche di un esperimento: si tratta di presentare un’opera nuda, senza danzatori e costumi, ribalta e giochi di luce. Quasi che gli interpreti abbiano ormai tra le loro stesse dita le spoglie del divino poeta.
La musica non potrebbe vibrare con maggiore essenzialità: a partire dall’Inferno, prettamente rock nella sua atmosfera, assistiamo a una graduale purificazione del suono (nel Purgatorio) e successivamente a una sua sublimazione (in Paradiso). Ecco allora i tre stili – l’elegiaco, il comico e il tragico – subire le metamorfosi in suono, puro suono, le cui scelte di genere “le suggerisce Dante stesso descrivendo in più punti della Commedia i canti e i suoni uditi nel corso del suo viaggio” (Marco Frisina).
Dodici voci e l’orchestra, schiettamente locale. L’Orchestra d’archi dell’Istituto Boccherini e la Filarmonica G. Luporini di San Gennaro. Le guida l’energico Maestro Gianpaolo Lezzeri. Il coro, situato oltre l’altare, arriva dalla Diocesi di Roma e pervade l’intera opera di grida incessanti, di echi e lamenti smorzati. La vastità di San Francesco è greve di suoni.
Bellissime le arie, nucleo di ogni singolo personaggio: dalla struggente composizione di Francesca (la rossa Manuela Zanier, ballerina oltre che cantante – tra i suoi ruoli più importanti anche quello di Floria Tosca in una rivisitazione dell’opera pucciniana), al blues corrotto di suoni rock di Pier Della Vigna, alias Giorgio Adamo (che attualmente riveste il personaggio di Siddharta nel musical omonimo) tanto giovane e devastato nel proprio ruolo di suicida da cavare lacrime a più occhi. Caronte, voce cinica e brutale, esala derisioni dalla gola di Fabrizio Flamini; Paolo Bianca è forse il più folle, il più distrutto dei Conti Ugolini sui toni cupi della sua composizione; Alberto Lupo Jannelli un Ulisse che cavalca la sfida oltre i confini, la voce oltre le note, un’aria dal sapore epico, una quiete dolente dopo l’ultima tempesta.
Con il Purgatorio, abbattiamo il rock. Suoni dolci, canti gregoriani, eloquio latino, coralità assoluta. Pia dei Tolomei possiede le corde purissime di Noemi Smorra – già voce di Lucia Mondella nei Promessi Sposi. Due donne celestiali, Beatrice e Matelda, rispettivamente Stefania Fratepietro – anch’ella, in passato, Floria Tosca – e Paola Cecchi – talento sbocciato nella Diocesi di Roma, in cui rivestiva la parte di solista. L’addio di Virgilio è interpretato da Lalo Cibelli con timbro avvolgente, paterno, schiacciante. Come Dante, alterna al canto la recitazione.
Ma veniamo a lui: l’Alighieri. La sua voce vibrante, quasi instabile sotto il peso dell’espressività, si chiama Vittorio Matteucci, già interprete di Claude Frollo in Notre Dame De Paris; dell’Innominato nell’opera i Promessi Sposi; di Scarpia in Tosca; di Giuda in Jesus Christ Superstar; e di altri, tanti altri, personaggi forti e – chi più, chi meno – abbattuti da tremende passioni. «Non si tratta di ruoli di semplice interpretazione», afferma infatti. «Occorre innanzi tutto una certa età, una certa esperienza della vita. Sono personaggi che svuotano completamente e richiedono una profonda ricerca del proprio lato oscuro». Mai un’identità volta al bene finora. E poi Dante. Cosa prova un eterno malvagio a passare sotto la luce? «Una bellissima sensazione», risponde sorridendo. Anche se a breve farà ritorno alle ombre per rivestire la parte del Conte Capuleti in Romeo e Giulietta – Ama e Cambia il Mondo.
E al vertice, il Paradiso: “più difficile da descrivere musicalmente […] poiché la descrizione dell’amore presuppone linguaggi diversi, che spaziano dal lirismo al sinfonico” (Marco Frisina). Abbiamo così il canto di Piccarda – Mariangela Topa, voce incorrotta dai turbamenti mondani, seppure incredibilmente intensa. Non c’è posto per l’inquietudine tra le mani di Dio. La stessa caratteristica tocca San Bernardo, alias Gianni Proietti. E il coro tocca i limiti estremi del pathos.
Un’opera composta e fedele al poeta che avrebbe potuto e dovuto essere meglio pubblicizzata: moltissimi lucchesi, con rammarico, hanno detto di non essere stati messi al corrente dell’evento.
Termina l’opera con l’Inno alla Vergine, intonato a tredici voci, un crescendo graduale di cielo in cielo, fino alla Candida Rosa, fino al sommo dell’Empireo. E poi silenzio. Guarda, guarda l’immobile matrice di tutte le cose. Persi. Tutti noi. Ecco, è scesa la luce.
Sabato 14 settembre, San Francesco: perdersi non è mai stato tanto divino.

Lo spettacolo è andato in scena:
Complesso conventuale di San Francesco
Lucca
sabato 14 settembre, ore 21.30

Divina Commedia – L’opera
di Mons. Marco Frisina
Orchestra d’archi dell’Istituto Boccherini e Filarmonica G. Luporini di San Gennaro
dirige Maestro Gianpaolo Lezzeri

personaggi e interpreti:
Dante: Vittorio Matteucci
Virgilio: Lalo Cibelli
Beatrice: Stefania Fratepietro
Francesca: Manuela Zanier
Pier Delle Vigne/Arnaut: Giorgio Adamo
Caronte: Fabrizio Flamini
Conte Ugolino/Tommaso: Paolo Bianca
Ulisse/Manfredi/Guido : Alberto Lupo Jannelli
Pia Dei Tolomei: Noemi Smorra
Piccarda: Mariangela Topa
San Bernardo: Gianni Proietti
Matelda: Paola Cecchi