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Al Teatro Due di Roma, con Andrea Onori, una straordinaria Flavia Germana de Lipsis, ormai totalmente in controllo del proprio personaggio, porta in scena Doris Every Day di Laura Bucciarelli per la regia Pietro Dattola. Ne riproponiamo la recensione, in occasione della messa in scena all’interno del D.O.I.T festival – Drammaturgie Oltre Il Teatro.

Corpo di Donna

In una società secolarizzata, il rapporto di una donna con il proprio corpo non dovrebbe essere un argomento scottante. Almeno, non più di quanto se riguardasse gli uomini o le altre declinazioni di genere.
Basti pensare come nella millenaria diatriba tra gli dèi assoluti della metafisica e della religione, l’occidente si vanti di aver optato per una scelta radicale nella sua moderazione: quella di sfidare il caos morale affermando la sostanziale parità di valori sacri e profani in nome di una comune contingenza.
Una preferenza, quella di accettare i propri limiti, che espone di fatto al naufragio come cifra dell’inevitabile esito di ogni ricerca dell’oltre, e che – allo stesso tempo – diventa il modo migliore, in quanto unico, per votarsi alla felicità, essendo impossibile superare la concretezza della propria esistenza.

Purtroppo, a questa consapevole assunzione teorica se ne accompagna una di segno diametralmente opposto dal punto di vista delle pratiche pedagogiche ed educative. Inconsce e proprio per questo dominanti, a esse (cor)rispondono insegnamenti provenienti da quell’antica Grecia a tutt’oggi considerata origine della nostra società e guida buona per ogni occasione. L’imperialista Pericle sarebbe il vate del perfetto democratico, il pensiero platonico la summa di una speculazione da limitarsi a commentare, la morale socratica la compiuta coincidenza di tutte le virtù dell’uomo e del cittadino.

La realtà, opaca, sporca e spesso maleodorante, è – purtroppo o per fortuna a seconda dei punti di vista – altra rispetto a questo sogno estetico, da cui la riflessione attuale mette in guardia per la possibile deriva omologante e totalitaria.
A dispetto di ogni relativismo, la richiesta di perfezione ideale continua disgraziatamente a permanere, oggi in un paradossale conflitto con la dimensione spirituale. Nella dialettica tra essere e apparire, il sopravvento del corpo sembrerebbe tutt’altro che affermare le celebri profezie del nietzschiano Zaratustra sull’avvento di un uomo nuovo capace di vivere liberamente e senza risentimento ogni propria mancanza (finitezza).

Il dominio nell’immaginario dell’essere belli e perfetti rimane confinato, imposto dal giudizio di una collettività (tele)comandata da una industria culturale che ormai agisce palesemente in maniera incontrastata, come se fosse inevitabile esserne soggiogati. Ed è proprio uno degli esiti più laceranti e drammatici delle modalità in cui essa si concretizza che rappresenta l’oggetto di questo spettacolo.

Potente nell’ideazione di Laura Bucciarelli, Doris Every Day è un allestimento che complessivamente convince. Se Pietro Dattola conferma il proprio mestiere alla regia puntando giustamente su un ritmo sostenuto, piuttosto che sulla ricerca dell’originalità a tutti i costi, Flavia Germana de Lipsis – ben spalleggiata da Andrea Onori – è una bionda perfetta, nonostante in alcuni momenti perda vocalmente il controllo.

«Chiamatemi Doris» è il prototipo del lacunoso essere (non a caso minuscolo) dei tempi moderni, le cui fragilità non sono colmabili da parte di chi ne soffre, perché il rimedio non è più a disposizione ma dipende da un giudizio esterno. E per Doris il giudizio è definitivamente impersonale in quanto emesso da non si sa bene chi. Nei confronti di chi impone questi dispositivi di esistenza non esiste alcuna possibilità di mettersi d’accordo, di avere un colloquio chiarificatore per esporre e mediare le proprie esigenze.

Le operazioni di estetica cui il fragile corpo di Doris si sottopone sono drammaticamente rivolte alla propria anima di cristallo. E la disciplina cui si as-soggetta («Sorridi. Distendi il collo, sbatti le ciglia, allarga le spalle», le «tre regole per stare bene con se stessi») non serve a formarsi fuori, ma a educarsi dentro. Ciò che realmente Doris non tollera di se stessa non è l’aspetto da modellare secondo canoni in se stessi non negativi, il vero bersaglio è interiore, lo spirito. Con semplicità disarmante ed efficacissima, lei stessa ammetterà: «non sono nata bionda. Ho studiato. Ero bionda dentro», non riferendosi ovviamente al colore dei capelli.

Ragazza palesemente sola e chiusa nella proprio status, vacuo perché recluso da scelte evidentemente eterodirette, sarà lei stessa con la glaciale lucidità della battuta finale a definire il senso del proprio esistere.

La felicità e l’unicità non le appartengono. Quello che può sperare è meritare di essere come gli altri centomila la vogliono. Essere dunque, come insegna il celebre drammaturgo agrigentino, nessuno.
Impossibile, purtroppo, non essere d’accordo.

fonte: Recensione Doris Every Day

Lo spettacolo continua al
Teatro Due Roma
Vicolo de’ due macelli
30 aprile-1 maggio, ore 21

DORIS EVERY DAY
di Laura Bucciarelli
regia Pietro Dattola
con Flavia Germana De Lipsis e Andrea Onori
Compagnia DOVECOMEQUANDO – Roma
Testo vincitore della IV edizione del Premio di drammaturgia DCQ – Giuliano, Gennaio 2012
Progetto vincitore del bando di residenza artistica del Teatro Studio Uno, 2013/14