Coppia d’assi

Al Teatro Franco Parenti, Andrée Ruth Shammah porta in scena due bellissimi testi contemporanei di Massimo Sgorbani, Dove ci porta questo treno blu e veloce e Le cose sottili nell’aria.

L’autore è un giovane scrittore milanese apprezzato per la capacità sottile di descrivere – tramite i suoi personaggi – le debolezze, i cattivi pensieri e le oscenità del genere umano con semplicità e naturalezza. Con questi due spettacoli Shammah affronta, senza mezzi termini, alcune tematiche spesso difficili da trattare ma, purtroppo, sempre verdi. Due spettacoli apparentemente slegati tra loro ma uniti dalla drammaticità del testo e dalla crudezza della rappresentazione.

Dove ci porta questo treno blu e veloce. Una terra promessa.

È questo il primo dei due spettacoli a cui assistiamo entrando nella Sala Grande del Parenti. Ci troviamo di fronte a una scena che, già di per sé, comunica un profondo senso di desolazione: uno spazio vuoto, corredato solo di copertoni di ruote e di stracci, luci basse e tante zone in ombra. E finalmente lei, una ragazza dagli abiti succinti e dai tratti volgari e puri allo stesso tempo, un abbigliamento evidentemente forzato che la costringe dentro una gonnellina troppo stretta e una canottiera che ben poco lascia all’immaginazione. La tipica rappresentazione di una giovane prostituta dell’Est che viene meno nel momento in cui comincia a raccontare la sua tragica storia. Una storia che ci lascia senza fiato, che ci rattrista e fa riflettere nel contempo, una di quelle storie che riempiono le pagine dei libri, spezzoni di film o trasmissioni televisive – per noi all’ordine del giorno. Ma una storia che, in realtà, non è poi così unica né troppo inusuale per chi, come la nostra protagonista, deve affrontare ogni giorno la tragica condizione di un Paese in guerra.

Sabrina Colle entra perfettamente nei panni di questa giovane donna del Kosovo per rappresentarne il candore che trasuda dalle sue parole, dai suoi gesti e dal suo sguardo mentre, paradossalmente, racconta la necessità di “vendere” il suo corpo ai soldati per avere in cambio pomodori e sigarette. Forse la sua ingenuità non le permette di rendersi conto della gravità o di quello che realmente le succede intorno, tanto che, quando arriva in un campo seminato con resti di cadaveri, le viene da sorridere e ride, ride, ride a crepapelle fino a che qualcuno le dice di scappare – perché potrebbe esserci lei al posto di quei brandelli di corpi senza vita.

Lo spettacolo prosegue in un’atmosfera desolante, mentre la protagonista continua a raccontare e, forse, anche a comprendere – poco a poco – la tragicità degli avvenimenti che stanno distruggendo il Kosovo e la sua gente. Finché, a un certo punto, intravede una speranza: un giovane soldato le confessa di essersi innamorato di lei e le promette di portarla con sé: «Sul treno blu e veloce che porta nel Paese dove le case sono calde e dove il cielo è blu», la tanto attesa “terra promessa” che scandisce anche in musica i momenti di maggiore sconforto. E così lei comincia a fantasticare e ogni giorno sopporta la fame, il freddo, la paura e le umiliazioni speranzosa di un avvenire migliore, felice, semplicemente normale.

Non sarebbe corretto anticipare il finale, che va lasciato a coloro che avranno la possibilità di assistere allo spettacolo. Una pièce vera e autentica nella sua drammaticità, che pone una domanda a chiunque vi assista: «Da dove parte quel treno blu e veloce?»

Le cose sottili nell’aria. Depravazione e solitudini.

Lo spettacolo, anche in questo caso firmato da Massimo Sgorbani, chiude la serata ponendo lo spettatore di fronte a una scenografia semplice ma di grande impatto visivo, distribuita su piani che si estendono nella profondità del palcoscenico a rappresentare, non solo la mera suddivisione spaziale che caratterizza le diverse scene a cui assistiamo, ma a simboleggiare anche la distanza e la difficile comunicazione che affligge i due protagonisti della pièce.

In scena l’ottima Ivana Monti – una madre inaridita dalla ventennale malattia del marito che tradisce senza rimorso nel momento di maggiore sofferenza per lui – e Mario Sala, così realistico nel ruolo di figlio “speciale”, completamente assoggettato ai mass media e che si masturba davanti ai bambini nella speranza di essere guardato. Un depravato e una donna delusa dalla vita si potrebbe giudicare a un primo sguardo, in realtà due individui legati dallo stesso sangue che, senza mai incontrarsi, raccontano le proprie solitudini, che si confessano esprimendo angosce profonde. La rappresentazione, anche in questo caso, di realtà forse ben nascoste, apparentemente incredibili per chi, come la maggior parte di noi, conduce una vita serena, ma non poi così infrequenti in questa società – spesso alienata e alienante.

Il fattore che salta all’occhio – più che una critica dell’autore e della regista, una pura e semplice constatazione di quanto accade nel quotidiano – è l’invasività dei mass media nella vita di ognuno di noi. Mirko, il figlio, edicolante di mestiere, è ossessionato dalle immagini dei giornali, prima fra tutte la celebre foto della piccola vietnamita bruciata dal napalm che corre nuda a braccia aperte, immagine che lo ossessionerà per tutta la vita fino a farsi ammazzare di botte a causa della sua depravazione. Mentre la madre è convinta di poter comunicare con il marito defunto tramite la televisione – perché le antenne “captano le cose sottili nell’aria” e le trasmettono attraverso le frequenze.

Uno spettacolo forte, drammatico, ben scritto: in grado di non permettere mai allo spettatore di perdere il filo del discorso perché tragicamente immerso nelle confessioni dei due protagonisti – che infastidiscono, è vero, ma rattristano e commuovono allo stesso tempo.

Gli spettacoli continuano:
Teatro Franco Parenti
Via Pier Lombardo, 14 – Milano
fino a domenica 29 maggio
(diversi orari)

Dove ci porta questo treno blu e veloce
Le cose sottili nell’aria
di Massimo Sgorbani
regia di Andrée Ruth Shammah
con Sabrina Colle (Dove ci porta questo treno blu e veloce)
con Ivana Monti e Mario Sala (Le cose sottili nell’aria)