E pensare che c’era Gaber

Uno spettacolo nel quale l’impeccabile eleganza e la qualità musicale prevalgono sulla vocazione politica che caratterizzava il Teatro Canzone di Gaber.

Nel 1970, quando il successo discografico e televisivo iniziava a stargli stretto, Giorgio Gaber decise di portare “la canzone a teatro”, inventando assieme a Sandro Luporini, il Teatro Canzone, nel quale alterna monologhi recitati e canzoni che sviluppano i temi affrontati dalle parti in prosa.

Maddalena Crippa riporta in scena E pensare che c’era il pensiero col quale Gaber tornava al Teatro Canzone nel 1994, dopo una pausa durata all’incirca un decennio. Una pausa, durante la quale, tra album più tradizionalmente discografici e spettacoli di prosa veri e propri, il cantautore meneghino aveva cercato di coniugare, anche se separatamente, estro musicale e letterario.

Da questo show provengono molti brani entrati nella storia della canzone da Destra – Sinistra, nella quale Gaber ironizza su superficiali categorizzazioni di entrambi gli schieramenti, a Io come persona, riproponendo alcuni monologhi già presenti in spettacoli precedenti come lo splendido Qualcuno era comunista, scritto per lo spettacolo antologico Il teatro canzone del 92.

E pensare che c’era il pensiero si apre con una sedia vuota, unico elemento illuminato della scena mentre la voce di Maddalena Crippa, doppia e registrata, esprime la necessità di spostare la sedia. Ma farlo non è affatto semplice si chiede l’intervento di una figura autorevole, un referendum o addirittura di cambiare la Costituzione. Intanto la sedia resta lì e «la nostra unica colpa è un voto».
Crippa, seguendo Gaber, inizia così a ragionare come nonostante il singolo individuo si sia defilato rifiutandosi di riconoscere – necessaria, urgente e sempre in causa – la sua responsabilità. Così, guardandosi allo specchio, emerge il bisogno di un “lifting al pensiero”.

Crippa ha una voce dai molteplici registri interpretativi, e sa sostenere entrambi i cotè del Teatro Canzone senza correre il rischio di apparire una cantante che fa l’attrice o un’attrice che fa la cantante essendo ugualmente brava in entrambe le cose.
Accompagnata al pianoforte da Massimiliano Gagliardi – figlio del grande Peppino – e col solo altro sostegno di tre eclettiche vocalist in grado di sostituirsi alla strumentazione – che manca – con un coro armonizzato, il ritmo del battito delle mani e dei piedi – frutto della squisita raffinatezza degli arrangiamenti di Gagliardi – Crippa restituisce in maniera personale, la verve ironica e la profonda sensibilità politica dello spettacolo, senza snaturarne l’essenza né ricorrere alla soluzione “facile” dell’emulazione, subendo però il segno dei tempi.

Se infatti Gaber era capace di intavolare nei suoi spettacoli un discorso sotterraneo con il pubblico, cui lo accomunava, se non la stessa passione politica, sicuramente un approccio critico al mondo, in questa edizione tra pubblico e palco c’è una incolmabile cesura: il pubblico sembra incapace di compartecipare a un rito di (auto)coscienza collettiva e rimane ai margini della indignazione civile, delegandone la denuncia solo a chi sta sul palco. Chi sta sul palco d’altro canto non trae più forza da quel comune sentire e si limita a eseguire un testo. Così nel monologo Qualcuno era comunista, le stragi di Piazza Fontana, della Stazione di Bologna e di Ustica che per Gaber e il suo pubblico erano ragione di incandescente indignazione civile per Crippa diventano dei mantra metaforici di una ingiustizia generale e il pubblico non si indigna più.

Anche la scelta di espungere dallo spettacolo alcuni fra i testi e le canzoni più politicizzate presenti nell’originale del 1994 – la canzone La chiesa si rinnova e la prosa L’America – più che pavidità politica tradisce una diversa concezione del teatro che non è più cassa di risonanza della contemporaneità ma semplice intrattenimento. La “partecipazione” del pubblico non è più politica – nel senso più alto del termine di vita nella polis, cioè nella città – ma estetica.
Anche se Maddalena Crippa il mestiere dell’attore sa farlo maledettamente bene.

Lo spettacolo continua:
Teatro Quirinetta
Via m. minghetti, 5
fino a domenica 12 Febbraio 2012, ore 21.15

Tieffe Teatro Milano in collaborazione con la Fondazione Giorgio Gaber
E pensare che c’era il pensiero
di Giorgio Gaber e Sandro Luporini
con Maddalena Crippa
arrangiamenti e pianoforte Massimiliano Gagliardi
coriste Chiara Calderale, Miriam Longo, Valeria Svizzeri
regia Emanuela Giordano
si ringrazia Arturo Annecchino per la consulenza musicale