Implacabile il Fato

siracusaNel centenario della fondazione del comitato INDA, al Teatro Greco di Siracusa va in scena la tragedia perfetta. Sofocle maestoso e potente a oltre duemila anni di distanza.

La mattina (e per l’intero anno) il Parco Archeologico di Siracusa se ne sta al sole a fare la parte dell’antica Neapolis greco-romana, con tanto di aspetto severo da imponente sito monumentale, ma per 45 giorni, quando gli ultimi visitatori ripongono le loro macchine fotografiche e volgono all’uscita, come una creatura immortale, rivela la sua essenza e si riempie di vita. Persone in crocchi danno volume al brusio, le scolaresche buffoneggiano rendendo vana alcuna possibilità di essere placate, appassionati vetusti si avvicinano garbatamente e, con spirito di supporto, si pongono accanto a un manipolo di turisti paonazzi e sfiniti. Tra sentieri petrosi e alberi secolari, davanti a ognuno degli ingressi al parco si costituisce una coorte entusiasta pronta a condividere l’attesa scambiando un ricordo, una gomitata o una mortificazione. Tanti giovani a comporre un pubblico purosangue, specie in via d’estinzione, spettatori attenti, tosti, preparati. Nella calca si moltiplicano i siparietti della convivenza coatta fuori ai cancelli di uno stadio, ma con buona pace della tessera del tifoso, trattasi qui di teatro classico. La ressa si affanna, nel giorno in cui i biglietti sono a prezzo unico, per guadagnare le prime file e assistere con piena soddisfazione a un’opera ateniese scritta nel 420 a.C. circa.
È la magia del Teatro Greco di Siracusa e del ciclo di rappresentazioni classiche, giunto quest’anno alla 46° edizione, organizzata dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico, fondato nel 1913 dal nobile siracusano Mario Tommaso Gargallo. Le opere scelte per questa edizione celebrativa, Edipo Re, Antigone e Le donne al parlamento, sono veri e propri monumenti teatrali e si distinguono per la descrizione lucida del mondo sociale e politico attuale. È in una fresca sera di giugno, in un teatro gremito, affacciato sul mare, al tramonto, che si è consumato ancora una volta il dramma dell’Edipo Re.

La caduta del sovrano di Tebe, da Re forte e magnanimo a mendico errante si presenta in una nuova versione a firma Daniele Salvo, tornato in loco dopo l’Edipo a Colono della scorsa edizione. Di nuovo, il giovane regista emiliano opta per un approccio insieme classico e spettacolare. Salvaguarda perciò l’intreccio tragico montando al contempo scene dirottate verso un climax, tant’è che quando un personaggio raggiunge le quinte senza un picco emotivo, la sensazione diffusa è la stessa di un’occasione mancata. Tale delusione è da imputarsi in bene dall’ammaliante suspense cui il pubblico è soggiogato (per quanto assurdo possa sembrare, sempre si spera, anche ben conoscendo l’anagnorisi) e, in male, a una certa magniloquenza automatica sottoposta al gigantismo morale e mitologico dei personaggi rappresentati. Alternati a tali episodi grandiosi ritroviamo il canto ex machina di Melania Giglio, già voce apprezzata nel precedente lavoro dello stesso regista sul Giulio Cesare di Shakespeare, qui Sfinge nefasta che insieme agli altri neri spettri contribuisce a evocare un’atmosfera onirica degna di Storm Thorgerson. Un’atmosfera che fa immediatamente tutti prigionieri. Già con l’ingresso dei venti coreuti celati da maschere in lattice (anche in questo caso un richiamo ai cospiratori shakespeariani visti nel Giulio Cesare), spersonalizzati e perciò resi fattivamente un molteplice Chiunque, in movimento dinamico sullo spazio scenico: popolo atterrito dalle parole solenni dell’indovino Tiresia (in uno dei momenti più alti dell’intero lavoro, con un magistrale Pagliai), giudice aspro che, per quanto pietoso, esprime la ferma condanna del bellissimo quarto stasimo. Daniele Pecci sostiene la condanna dei tebani e di tutte le fan che lo vogliono ancora beniamino delle fiction, interpretando un Edipo carico di trasporto, dall’aspetto regale e la postura diabolica. Per quanto involontario, Edipo è pur sempre colpevole. La sua folle brama di restare cieco davanti ai segni della responsabilità non fa che aumentare la ferocia dell’urto, quando il destino implacabile lo precipita al suo ruolo di umano contrappeso morale che sia monito, esempio per i viventi. Eppure Sofocle, nonostante il rigore e la scientificità analitica, esplora con estrema passione i risvolti psicologici di Edipo e di tutti i personaggi, rappresentandone i dubbi, le debolezze, la cieca speranza, il dolore, restituiti in un testo poetico e vero al quale milioni di anni e di rifacimenti e di interpretazioni psicoanalitiche non tolgono un respiro.

Lo spettacolo continua:
Teatro Greco di Siracusa
viale Paradiso, 14 – Siracusa
fino al 23 giugno, ore 18.45

Edipo Re
di Sofocle
traduzione Guido Paduano
regia Daniele Salvo
con Daniele Pecci, Laura Marinoni, Ugo Pagliai, Maurizio Donadoni, Melania Giglio, Francesco Biscione, Graziano Piazza, Mauro Avogadro
assistente alla regia Rossella Caruso
impianto scenico e costumi Maurizio Balò
musiche Marco Podda
movimenti Antonio Bertusi
regista assistente Emiliano Bronzini
assistente scenografo Antonio Cavallo
scultore Marco di Battista
progetto audio Vincenzo Quadarella
progetto luci Elvio Amaniera
costumista assistente e responsabile sartoria Marcella Salvo
direttore di scena Marco Albertino

XLIX Ciclo di Recite Classiche
11 maggio – 23 giugno 2013
http://www.indafondazione.org