La bestia umana secondo Vasco

Al multisala off – Teatro dell’Orologio a Roma va in scena Epilogo, scritto e diretto da Alfredo Vasco, dialogo tra l’orrore e l’amore, un confronto che si annuncia tragedia, perché in fondo siamo «umani troppo umani» per sostenere la bestia che è in noi.

Mino è innamorato di Sandro. Vivono la loro relazione intensamente. In cinque anni, hanno costruito un rapporto solido, reale. Sono due uomini, si amano e il resto non conta. Eppure l’amore impone una riflessione dell’individuo all’interno della coppia. L’amore è una responsabilità, un fardello che può diventare insopportabilmente gravoso e di cui si avverte il bisogno di sollevamento come da un ruolo che ci va stretto, di sollievo. Si incolla sulla pelle e pare sia più difficile respirare autonomamente. Mino è un soldato innamorato di Sandro, uomo maturo, reso fragile dal proprio cuore. Dopo cinque anni Mino non è più sicuro, sente il bisogno di scompigliare gli equilibri quotidiani, anche se questo lo porterà all’estremo. Fa esplodere una bomba che mette sottosopra la realtà, la scoperchia, mostrandone le piaghe infette. Parte volontario in Afghanistan, il nadir dell’amore è la guerra. Amore e guerra uniti da un filo rosso sangue.
Come sangue scorre la verità che entrambi rivelano, goccia a goccia. Non è lineare, il senso si coagula in un grumo, a contatto con l’aria. Gli attori si spogliano della confessione, come degli abiti, in una dimensione discosta dallo spazio e dal tempo. Mino è a casa da due anni. Era partito per liberarsi dal peso dell’amore, è tornato e non riesce a liberarsi dell’orrore, dalle mitragliatrici che sparano su volti inermi e dagli scempi degli stupri di massa. Il letto e le sedie, unici elementi scenografici, sono luoghi di abbandono, dove sprofondare per effetto delle rivelazioni implacabili. Ci si libera anche della verità. Il ritmo è inceppato, si vestono e si svestono, riordinano e disfano il letto, senza criterio, per impulso caotico e lentamente. I due protagonisti sono allegorie della sofferenza, automi annientati dalla propria passione e da questa svuotati. Si muovono come due mosche dentro a un pugno di un gigante indifferente, sbattono sulle pareti in cerca di una via d’uscita da se stessi, due anime gemelle – gemelli sono i costumi che indossano, due espressioni di un dolore comune. È necessaria una svolta, un epilogo, ma troppo a lungo hanno procrastinato il tilt, non sembrano comunicare tra di loro, tantomeno paiono evolversi. Si apre e si chiude la scena laddove si era avviata, dall’annuncio di morte come liberazione, come atto testimoniale che le illusioni, «l’astratto giustifica l’ostinazione a vivere».
Nel dramma non trova spazio alcun elemento comico che stemperi l’angoscia, la punta si conficca nella carne e affonda. Il mondo esterno non offre stimoli per reagire, anzi sta in agguato pronto a masticare in chiacchiere le emozioni, a sviscerare dinamiche intime e prodigare funesti consigli risolutivi. Fuori è la realtà che va tenuta a distanza, sigillata con lo scotch alle finestre. Dentro, la stanza da letto ospita fatalmente tutto ciò che ha importanza. Trattandosi di un amore omosessuale si resta perplessi di fronte alla scelta di associarlo a una condizione di isolamento, ma non è questo il punto. Il mondo fuori è aggressivo, però dentro a tutti noi, «uno per uno», la bestia resta sopita solo in virtù delle circostanze, sempre pronta ad azzannare e sconciare. Bestie che feriscono, che non risparmiano chi ci ama.
Attraverso la penna rimpianta di Joseph Conrad, un tempo il capitano Kurtz gridava l’orrore dell’inconscio, la tenebra nel cuore di un’umanità che si confronta con la colonizzazione, con l’apocalisse della guerra e finisce per sfaldarsi sgomenta. Qui i due attori, Luca Calone (Mino) e Mino Decataldo (Sandro) fanno rivivere quello stesso orrore, incredibilmente si concedono corpo e anima alla scena, si lasciano travolgere dalle emozioni, visibilmente scossi accolgono il meritato applauso ed escono a rimettere al loro posto cuore e stomaco. La fine. E torna la luce in sala a illuminare le tenebre di questo noir emotivo.

Lo spettacolo continua:
Teatro dell’Orologio – Sala Gassman
via dei Filippini, 17/a – Roma
fino a domenica 5 febbraio
orari: da martedì a sabato ore 20.45, domenica ore 18.30 (lunedì riposo)
(durata 1 ora e trenta circa senza intervallo)

Centro Polivalente di Cultura Gruppo Abeliano presenta
Epilogo
scritto e diretto da Alfredo Vasco
con Luca Calone, Mino Decataldo
scenografia Gianluigi Carbonara
luci e fonica Amedeo Russi