PoesiaPoesiaPoesia

Prima giornata dal Festival Collinarea edizione 2017 la cui parola chiave potrebbe essere, per l’appunto, Poesia, declinata secondo tre diverse sfumature di significato. Peccato per chi non c’era.

La prima serata a Lari è stata una succosa sfilata di spettacoli, un inizio con eleganza, grinta ed energia.
Alle 19 in punto l’inaugurazione dell’opera/installazione di Cesare Inzerillo Finale di Partita, introdotta e accompagnata dall’azione scenica a cura di Scenica Frammenti e Loris Seghizzi.
Se in Vita di Galileo di Brecht si parla di cieli vuoti, nell’opera di Inzerillo le divinità (quella minore, Gesù, e quella maggiore, invisibile, ma sostanzialmente/ontologicamente molto più pesante, le cui mani attendono di compiere la mossa migliore) sono congelate: forse non esiste neanche più una mossa, forse non c’è neanche più attesa. Sono ferme, mummificate. Tutto è fermo, mummificato. E se Nietszche parlava della morte di Dio, questi dei sono forse lasciati in stand-by? Da quanto tempo? Nelle Nuvole le divinità rischiano di rimanere senza il nutrimento rappresentato dalla offerte degli umani; qui, al contrario, cosa è accaduto? Cosa ha generato la mummificazione? Nel testo dell’azione scenica presentata, l’umore e la desolazione del caustico pessimismo beckettiano non lascia scampo.
Alle 20.00 è la volta di Mare mosso di Teatro popolare d’arte. All’interno di un’idea di cambiamento che struttura quest’anno Collinarea, ogni Compagnia ha scelto un angolo proprio per portare in scena il suo spettacolo e nessun palco è stato montato. Le scene di Mare mosso, quindi, strutture di legno che rimandano a una barca di pescatori siciliani, sono posate in piazza Vittorio Emanuele senza ulteriori apparati. Uno spettacolo che, in teatro, è presentato con proiezioni video e allestito con ulteriori mezzi, è qui ridotto all’osso. Il risultato è che gran parte dell’attenzione tende a ricadere sul testo. Eccoci quindi alla prima declinazione della Poesia, quella della potenza del mito, delle immagini antiche che servivano a interpretare il mondo e che, in questo lavoro, risplendono in tutta la loro potenza. Al paradigma della mitologia, affidato all’universo dei pescatori, si accompagna in contrasto la particolare banalità del nostro quotidiano tecnologico e massmediatico, ovvero la nostra attuale cultura di massa. Le due visioni del mondo giocano e si alternano con un equilibrato gioco di trasparenze e trapassi di colore, con una delicatezza cromatica simile a quella di una seta cangiante.
È così che fra tablet, costellazioni, mappe scaricate da internet e mappe disegnate a mano, emergono nella mente riflessioni sul nostro buio contemporaneo, tutto peculiare, domande sul senso dell’Illuminismo; sulle differenze fra il lavoro della ragione che, secoli fa, cercava di conoscere e fare luce, e sulla nostra ragione abbagliata da un potentissimo faro artificiale e, di conseguenza, ottusa, incapace e inconsapevole. È alla prova della tempesta che il sapiente sa cosa deve fare. E il pescatore sa come affrontare la tempesta; l’esemplare di animale metropolitano contemporaneo (la donna) no – lei sconnette, collassa e si spegne.
Il testo colpisce per tutta una serie di immagini dense, pregnanti, che riportano a una saggezza profonda che solo pochi mantengono (che siano dei pescatori ad averla non è strano, Pasolini e i suoi contadini tornano alla mente). Il problema è: cosa accadrà quando mancheranno anche gli ultimi superstiti?
In Mare mosso si ha un teatro che raconta storie per tramandare sapienza e saggezza antica. Da segnalare giusto qualche ingenuità dal punto di vista realizzativo e nel finale, in cui un intento più educativo e un che di didascalico si fanno sentire. Ma il messaggio ha una sua valenza ed è importante ascoltarlo.
La serata continua e, alle 2100, tocca a Mattatoio Sospeso stupire il pubblico con le sue acrobazie e la rocambolesca storia di Out!. Li avevamo visti l’anno scorso con Les amants du ciel e, quest’anno, tornano con uno spettacolo divertente e magico: la storia tragicomica di un amore in crisi, fra attrazioni a prima vista e gatti volanti, diventa l’occasione per acrobazie che tengono col fiato sospeso.
Con Out! giungiamo a una possibile seconda declinazione della Poesia: la levità del sovrannaturale. Ovvero del saltare e volteggiare con una leggerezza metafisica che ispira mente e cuore.
Ultimo evento della serata alle 22.00 con Compagnia Ribolle e le sue bolle di sapone in Di tutti i colori. Inutile dire che tutto finisce in un tripudio di bolle e che la terza declinazione di Poesia è una metonimia, dato che una bolla di sapone è in sé poesia, per definizione, anche senza tenere conto di tutte le trasformazioni, le immagini e le metafore che le bolle create dagli artisti possono suscitare nella mente. Se a ciò si aggiunge l’immagine del volto rapito di un bambino in estasi, non c’è più niente da aggiungere: impossibile resistere alle bolle quando invadono lo spazio. Sembra d’essere in una realtà parallela, magica, leggera e divertente.
Se si escludono due problemi (il volume dell’audio decisamente eccessivo e la lunghezza del cambio scena – in cui le dissonanze e i timbri acidi della musica a tutto volume non aiutavano), Di tutti i colori è una performance affascinante, con un bel ritmo e un buon equilibrio fra i vari numeri.
L’incontro col circo, i suoi artisti e gli acrobati, fa pensare: l’eleganza di Mattatoio Sospeso, l’energia e la bravura di Compagnia Ribolle. Il fascino di questi spettacoli oltre, ovviamente, a quello fornito dall’attrazione in sé, è in una variegata commistione di elementi: abilità e destrezza, sfida del pericolo (per quanto riguarda il Mattatoio), comicità, maschere, clownerie, una grande professionalità.
Si tratta di spettacoli popolari perché incantano grandi e piccini, e soprattutto sono emblema di un teatro popolare che lungi dall’essere fiacco, slavato, inutile dal punto di vista estetico o artistico (ovviamente il riferimento è a tutto quel teatro “popolare” che riempie certi Cartelloni invernali o a quella forma deteriore di intrattenimento che fa stare attaccati alla tv), è al contrario curato sotto tutti i punti di vista. Oltre a ciò, le attrazioni acquistano in questa epoca un nuovo valore. Esse sono frutto di abilità, costanza, perizia. Come i miti di cui sopra, un fenomeno in via di estinzione e da custodire con maggiore urgenza, se si considera che la massima abilità dei nativi digitali è quella di muovere il loro ditino su una superficie inerte – e inerme, morta – di vetro.

Gli spettacoli hanno avuto luogo nell’ambito di Collinarea Festival 2017:
Lari (PI), varie location

martedì 11 luglio
ore 19.00
Teatro
Finale di Partita
inaugurazione opera Cesare Inzerillo
azione teatrale Scenica Frammenti
da un’idea di Cesare Inzerillo e Loris Seghizzi
con Eros Carpita
regia Loris Seghizzi

ore 20.00
piazza Vittorio Emanuele
Mare mosso
un progetto di Gianfranco Pedullà
drammaturgia Manuela Critelli
regia Gianfranco Pedullà
con Gianfranco Quero, Gaia Nanni, Vincenzo Infantino, Ananias Dissekuoa
scene Claudio Pini
immagini Vania Pucci e Ines Cattabriga
musiche originali Jonathan Faralli
luci Marco Falai
costumi Rosanna Gentili
collaborazione tecnica Saverio Bartoli
foto Alessandro Botticelli
produzione Teatro popolare d’arte, Giallo mare Minimal Teatro, Mibact, Regione Toscana

ore 21.00
piazza Matteotti
Out!
Mattatoio Sospeso
Creazione Marco Mannucci
Collaborazione alla regia Adrian Schwarstein
con Marco Mannucci e Massimiliano Ferrari
coproduzione Fossano Mirabilia, Antitesi Teatro Circo

ore 22.00
piazza Santini – Tendone
Di tutti i colori
una creazione Michelangelo Ricci
con la Compagnia Ribolle
Simona Baldeschi, Maria Grazia Fiore e Maurizio Muzzi
maschere della Commedia dell’arte Tess Alice Iacconi, Matteo Bruni e Alessandro Paolini
vj performer Wilma
mimo e ombre Pic
cantante Ida Ricci
percussionista Riccardo Neri
le mascherine di pizzo Giusi Salvia, Soledad Flemma
musiche originali Michelangelo Ricci
foto Gian Luca Palazzolo
maschere scolpite da Andrea Cavarra
aiuto Lodovica Bernardini
una produzione Circoribolle