Sofferenza e illusione nel buio di Lampedusa

LOGO[1]In scena dal 29 ottobre al 2 novembre al Teatro Morlacchi di Perugia, Finis Terrae affronta l’argomento dell’esodo e della migrazione, sempre forte e attuale.

Un tema ricorrente nella storia dell’uomo nel portare sempre alla cronaca la stessa drammaticità. Racconti di miseria e aridità spirituale, discriminazione e guerra, dignità e accoglienza, trovano un senso nella rappresentazione teatrale del bisogno profondo e necessario di speranza.

Insieme a Gianni Clementi, Antonio Calenda ha elaborato un testo pregno di metafore e allusioni: due contrabbandieri, la vigilia di Natale, aspettano un carico di sigarette. Si trovano a Lampedusa, al freddo. Spicca da subito il contrasto fra i due personaggi, Nicola Pistoia è un romano frustrato dalla vita, con una famiglia che lo vede come un bancomat e con il rimpianto di aver, a causa di un insegnante a lui non gradito, interrotto il percorso di studi da giovanissimo. L’altro, Paolo Triestino, è un siciliano che ha promesso al figlio di essere in chiesa l’indomani per cantare una canzone di Natale, ma la sera della vigilia quella canzone non la conosce ancora bene. Oltre a loro è presente, nella scena iniziale, un relitto di una imbarcazione con una scritta in arabo. Si tratta, probabilmente, di un recente sbarco di immigrati, più che di una barca di pescatori.

La prima parte di questa pièce, che si sviluppa in atto unico, è giocata sull’ironia della sorte toccata ai due disgraziati che, pur se distanti come stili di vita e di vedute, trovano un momento d’incontro nell’alcol e nelle rime, più o meno volute, con cui a tratti dialogano.

Quella stessa casualità che sembra aver unito i due, porta sulla spiaggia un uomo di colore. Sembra morto, è immobile. Con lui ha uno strumento musicale etnico. Mentre il romano pensa a quanto possa ricavare con quel curioso strumento a corde, il siciliano cerca di rianimarlo. Il naufrago, inizialmente disprezzato per il colore della pelle, una volta ripresosi dal malessere e dallo spavento, inizia a intonare una melodia e un canto che arrivano al cuore di chi prima lo scansava. Si tratta di un momento di rottura della rappresentazione che da questo punto prende una piega molto diversa.

Di lì a poco, infatti, le onde e il vento portano sulla spiaggia una nave che ha al suo interno dei migranti. In verità, lo scheletro di una imbarcazione perché il barcone è semidistrutto. All’interno ci uomini arrabbiati per la schiavitù e i soprusi subiti. Con loro c’è una donna in evidente stato di gravidanza. Mentre un negriero senza scrupoli continua a frustarli e a tenerli soggiogati, la giovane donna si scoprirà essere stata abusata da questi e provenire da un passato a dir poco difficile e di sogni infranti.

Grande importanza riveste in questa rappresentazione la musica, dal momento che gli attori di colore sono musicisti e danzatori provenienti dal Senegal che portano in scena la storia delle proprie origini. Per simulare la spiaggia e le rocce lo scenario è reso lunare. Il nero della notte diviene un simbolo attraverso cui gli spettatori sono spinti a guardare verso il vuoto da cui i profughi provengono.

Nonostante le loro disperate condizioni, inaspettatamente gli schiavi riusciranno a ribellarsi e a catturare l’aguzzino, di cui vorrebbero vendicarsi condannandolo a morte, creando un contrasto fra la crocifissione del tiranno e l’idea della imminente natività. La donna incinta, che partorirà un bimbo di colore proprio la notte della vigilia è un segno di speranza nell’assurdo del quotidiano, quello dei fatti di cronaca sempre più cruenti riportati dalle cronache, che non smettono di elencare le vittime del mare.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Morlacchi
Piazza Morlacchi, 13, Perugia
mercoledì 29 ottobre

Finis Terrae
di Gianni Clementi
da un’idea di Antonio Calenda
Regia di Antonio Calenda
Con Nicola Pistoia, Paolo Triestino, Francesco Benedetto, Ismaila Mbaye, Ashai Lombardo Arop, Moustapha Dembélé, Moustapha Mbengue, Djibril Gningue, Ousmane Coulibaly, Inoussa Dembele, Elhadji Djibril Mbaye, Moussa Mbaye
Scene di Paolo Giovanazzi
Costumi di Domenico Franchi
Luci di Nino Napoletano
Produzione Fondazione Istituto Dramma Popolare, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia