Due spettacoli, lo stesso linguaggio

Fino all’ultima goccia e Abecedàr sono andati in scena al Teatro Vascello grazie alla direzione artistica di Rachele Caputo e di Beatrice Magalotti, con il sostegno del Ministero dei Beni Culturali e dell’ATCL, Associazione teatrale fra i comuni del Lazio.

La coreografa e danzatrice Rachele Caputo dal 1999 ha fondato, assieme a Franco Scenica, la Nuova Sat Danza/Compagnia Caputo Scenica che si occupa della produzione di spettacoli dal vivo di Teatro Danza. L’intento è ricercare nuovi confini dell’espressione artistica dello spettacolo dal vivo: sperimentare, creare, contaminare.
Lo spunto di Fino all’ultima goccia, dedicato all’acqua, è uno studio dello scienziato Dr. Masaru Emoto. Il ricercatore, che ha dedicato una vita all’analisi di questo elemento e alla sua cristallizzazione, ha notato che esponendo l’acqua – durante il passaggio dallo stato liquido allo stato solido – alla musica o a parole dette, scritte o pensate, questa componeva delle forme diverse accordandosi al sentimento trasmesso. I pensieri di amore, gioia o gratitudine creano i cristalli più scintillanti, con forme geometriche armoniche, mentre le parole di odio o rabbia trasferiscono nelle lastre delle linee amorfe, distorte, spente e inquietanti.
L’acqua, già elemento prezioso e venerato fin dall’antichità, acquista con questa intuizione un significato ancora più spirituale. Così la coreografa trascina lo spettatore in atmosfere che creano legami dell’uno con il tutto, dell’universo con ogni elemento. Il nostro pianeta è a immagine e somiglianza del corpo dell’uomo; i suoi torrenti, i fiumi e il mare sono come il sistema venoso dell’essere umano: «il sangue misura le frequenze energetiche dell’uomo così come l’acqua copia tutte le vibrazioni del mondo».
Quando un bambino è nel grembo materno è composto dal 90% di acqua, da adulto al 70%. L’acqua accompagnerà per sempre la vita dell’uomo fino alla morte. Il pensiero e le emozioni sono registrati da sempre e per sempre, all’infinito, attraverso questo elemento. L’acqua ha portato la vita sulla terra e scorrerà «fino all’ultima goccia», finché ci sarà vita.
Le tre danzatrici si muovono sul palco raccontando la loro composizione drammaturgica.
Ben poco è lasciato alla parola: suoni sussurrati, brevi frasi. Il tutto è affidato al corpo che si esprime e diventa altro da sé, non solo espressione della tecnica della danza ma un insieme di impulsi visivi, di immagini evocative che accadono. Ogni spostamento o gesto immobile è interiorizzato dalle artiste, è impresso dentro di loro; ciò che prende vita e si manifesta allo spettatore sono forme, armonie che come i cristalli non imitano il sentimento, ma sono esse stesse fonte dell’emozione. Il pubblico ascolta in silenzio con gli occhi e si lascia a sua volta energizzare.

Fine del primo atto. Dopo cinque minuti di pausa inizia la seconda parte della serata.
L’Abecedàr, Abbecedario, rimanda a Gilles Deleuze, alla sua filosofia e a quanto sostiene durante un’intervista in cui parla del movimento: esso è il risultato di tre categorie che concorrono alla sua realizzazione – il “concetto” o nuove maniere di pensare, il “percetto” o nuove maniere di vedere e d’intendere, “l’affetto” o nuove maniere di sentire.
Lo spettacolo, prendendo spunto dalle parole del teorico, sperimenta il movimento rielaborando e rimescolando gestualità, voce, segni cinetici, parole, pensieri, affetti e concetti. Il tutto si dimostra una ricerca sull’espressione attraverso la coreografia.
Beatrice Magalotti, assieme alla regia e le luci di Giovanni Magnarelli, è la coreografa e danzatrice dello spettacolo. La ballerina è sola sul palco ma riempie lo spazio immediatamente, già al suo ingresso, con la sua presenza scenica. Appare avvolta in un goffo cappotto marrone e si rivolge al pubblico muovendo le labbra senza emettere suoni. All’artista non servono le parole per esprimersi; riesce con la mimica del volto e il gesto a convincere il pubblico e a catturare da subito l’attenzione.
La tecnica è perfetta, la formazione completa: teatro, mimica, danza.
Si muove sul palco comunicando, ad esempio, la frustrazione: un passo frenetico, i piedi che insistono nel portare il corpo in un movimento rotatorio, lo sforzo che non conduce da nessuna parte, l’attesa inutile. L’emozione non è soltanto nella mimica del volto ma nelle spalle, nella postura delle gambe, nel contrarsi dell’addome. Un dinamismo emozionale.
Prosegue giocando con il pubblico, proponendo ad ogni lettera dell’alfabeto delle parole che poi suggerisce con la danza o la recitazione. Il tutto anche con grande ironia. Gioca anche con la ripetizione identica del movimento, annuncia il tipo di azione al microfono e successivamente la dimostra con il corpo. Poi torna al microfono, ripete la parte già declamata e aggiunge una nuova descrizione. Si allontana e recita con il corpo la partitura descritta. E così via fino a ripetere il movimento decine di volte completandolo ulteriormente man mano e aumentandone l’intensità. Alla fine i gesti e la mimica perdono di meccanicità e diventano una danza sinuosa ed emozionante. Ricorda Il lavoro dell’attore sul personaggio di Stanislavskij; si seziona in tante piccole parti il ruolo e poi si ripetono meccanicamente le battute e i gesti all’infinito accorpando man mano tutto il personaggio, finché non si giunge a dimenticare la partitura e si diventa altro da sé. «Ricercate quanto vi è di personale e di intimo, tramite impulsi prestabiliti e una partitura fissa» disse Jerzy Grotowski in Per un teatro povero.
Alla fine dei due atti unici lo spettatore sente una nuova energia, è emozionato ma non solo, percepisce dentro di sé un bagaglio in più, come chi ha vissuto un’esperienza di crescita interiore grazie alla generosità e all’onestà degli attori sul palco.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Vascello
via Giacinto Carini, 78 – Roma
martedì 22 novembre, ore 21.00

ATCL e Nuova SAT Danza/Compagnia Caputo Scenica presentano
Fino all’ultima goccia
coreografia e regia Rachele Caputo
con Rachele Caputo, Sara De Santis, Ottavia Nigris
progetto visivo Mario Romano
luci Giovanni Magnarelli
in collaborazione con Officina Elecrtis Arts

Abecedàr
regia e luci Giovanni Magnarelli
coreografia e danza Beatrice Magalotti