Il russo che morì in America

All’Auditorium Parco della Musica di Roma i primi due concerti per pianoforte e orchestra di Rachmaninoff. Un’occasione rara per seguire lo sviluppo del linguaggio musicale del grande compositore.

Avviene raramente che tra due composizioni che la storia ci ha tramandato come consecutive si realizzi un così sofferto travaglio creativo. Di entusiasmi e discese nell’abisso della crisi creativa e della relativa e più grave crisi esistenziale che sempre l’accompagna è piena la storia, ma nel caso di Rachmaninoff i contorni di questo leitmotiv artistico sono possibilmente più curiosi. È il 1889 quando il sedicenne Sergej, ancora studente al Conservatorio di Mosca, abbozza i primi appunti di quello che diventerà due anni più tardi il Primo Concerto per pianoforte e orchestra. Alla composizione c’era arrivato quasi per caso e su consiglio di quello che era all’epoca, e forse è rimasto, il più celebre compositore russo, Pyotr Ilyich Ciajkovskij. Molto s’è detto sull’affetto che univa i due musicisti ed è sufficiente ascoltare il Trio Elegiaco che il più giovane dedicò al grande maestro per comprendere come Rachmaninoff fu sinceramente addolorato dalla tragica e improvvisa morte di Ciajkovskij nel 1893. Quel celebre caso di suicidio mascherato dovette imprimersi in maniera indelebile nella mente di Rachmaninoff che per tutta la vita, nonostante la presenza sulla scena internazionale di Stravinskij e Schoenberg, restò legato al sistema tonale. Quasi a voler mantenere uno stretto e misconosciuto vincolo con una patria che fu sempre terra d’elezione affettiva ancor prima che artistica. Ma non è solo la consuetudine di rapporti col grande vecchio della musica russa a significare per Rachmaninoff una futura direzione stilistica. Nelle stesse aule del Conservatorio di Mosca, il promettente musicista fu assegnato alla classe di pianoforte tenuta da Alexander Siloti, suo cugino ma soprattutto ex allievo di Franz Liszt. Come e quanto il virtuosismo del pianista ungherese si sia trasmesso nella sua poetica è lo stesso Rachmaninoff a suggerirlo proprio nel Primo concerto e poi, con nevrotica sovreccitazione, nel celebre e temutissimo Terzo concerto per pianoforte e orchestra. L’Auditorium Parco della Musica ha voluto dedicare a Rachmaninoff la serata di martedì 8 ottobre, e lo ha fatto con un programma che per gli appassionati era quanto di meglio si potesse chiedere per un confronto sull’evoluzione del suo linguaggio musicale. Che a dieci anni di distanza (vale al dire il tempo che intercorre tra i due concerti) dichiara finalmente le vere credenziali del suo autore. L’orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta da Alexander Sladkovsky ha dato prova di grande abilità sin dai primi accordi del Primo Concerto. Scelta azzeccatissima quella di chiamare sul podio un grande domatore quale è Sladkovsky, che da bravo filologo si pone dinnanzi ai due lavori con un atteggiamento di chiara discordanza, e lo fa a ragion veduta. Qui Rachmaninoff confessa la sua ispirazione (che per inciso è la Quarta Sinfonia di Ciaikovskij) senza se e senza ma. Il pianoforte è certamente protagonista ma senza mai relegare l’orchestra a un sfondo impercettibile. Al contrario il dialogo che inizialmente si presenta come una lotta alla supremazia si tramuta in una comunione d’intenti soltanto qui e là minacciata da squilibri di una o dell’altra parte. Insomma il virtuosismo c’è ed è per il momento quello ancora immaturo di un giovanissimo compositore per l’occasione interpretato da un altrettanto giovane pianista (Dmitri Mayboroda, classe 1993). Il Primo Concerto fu senza dubbio accolto con interesse e benevolenza. Purtroppo non fu questo l’esito che contraddistinse l’esecuzione, sei anni dopo, della Prima Sinfonia. Il risultato fu così disastroso che spinse Rachmaninoff a prendere in seria considerazione l’abbandono della carriera musicale. Seguirono tre angosciosi anni di depressione e alcolismo durante i quali il nostro non compose una nota. Solo dietro l’insistenza dei familiari Rachmaninoff si decise ad affrontare un percorso di terapia autosuggestiva con il neuropsicoterapeuta Nicolai Dahl, violoncellista dilettante e appassionato di musica. Non è dato sapere con precisione in cosa consistesse la terapia di Dahl, ma da quanto suggeriscono le biografie più accreditate la “cura” si tradusse più che altro in una serie di piacevoli conversazioni musicali, segno evidente che il blocco creativo di Rachmaninoff fu dettato più da una ipersensibilità verso l’accoglimento del proprio lavoro che da una vera e propria sfiducia circa le sue effettive capacità di compositore. Come sempre avviene che le grandi opere siano frutto di improvvisi entusiasmi seguiti a periodi amari così il Secondo Concerto per pianoforte non fa eccezione. Qui siamo davvero davanti al primo manifestarsi del talento autentico di Rachmaninoff. Questa volta è Giuseppe Albanese il talentuoso pianista che ci introduce con i lugubri accordi in una delle pagine più celebri della letteratura musicale. Nel Secondo Concerto tutto è brillante, spontaneo, lontano anni luce dal tormento creativo che ne ha presupposto la nascita. L’equilibrio tra orchestra e pianoforte che il Primo Concerto aveva soltanto accennato è qui pressoché perfetto, senza contrasti. Ancora una volta va ad Alexander Sladkovsky il merito di aver saputo esprimere le peculiarità di questa composizione con un atteggiamento diametralmente opposto rispetto a quello assunto nel dirigere la composizione precedente: se in quel caso aveva imposto il suo controllo per rendere al meglio il contrasto del Primo Concerto, qui lascia all’orchestra quella necessaria spontaneità che è la cifra stilistica del Secondo. Una serata per rendere un dovuto omaggio a un compositore che per ironia della sorte finì i suoi giorni in America, lontano da quella patria la cui anima ha orgogliosamente rappresentato in musica.

Lo spettacolo continua:
Auditorium Parco della Musica
viale Pietro De Coubertin, 30 – Roma
Martedì 8 ottobre 2013, ore 20.30

Gala Rachmaninoff
Concerto n.1 in fa diesis minore per pianoforte e orchestra op.1
diretto da Alexander Sladkovsky
pianista Dmitry Mayboroda
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Concerto n.2 in do minore per pianoforte e orchestra op.18
diretto da Alexander Sladkovsky
pianista Giuseppe Albanese
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia