Al Teatro Valle di Roma, la compagnia del Teatro Stabile di Catania porta in scena Il birraio di Preston, tratto dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri, fino al 25 aprile.
Il birraio di Preston dimostra che Andrea Camilleri può vivere anche senza il suo fedele Montalbano.

Anzi, certifica il suo innato gusto all’ibridazione narrativa e psicologica dei personaggi, dei linguaggi e delle articolazioni dialettali, in un gioco grottesco e ricco di paradossi comici, equivoci, scambi d’identità, tipico della Commedia dell’Arte.

Ogni attore ha la sua maschera cucita addosso, da cui non può sottrarsi. A una trama spessa e intricata corrisponde una profonda lettura dialettica, in cui molteplici storie si intrecciano, dando l’impressione di trovarsi di fronte a un ginepraio umano e sociale, difficilmente dipanabile.

Animato dal suo ineludibile realismo, Camilleri parte da un preciso fatto di cronaca, e cioè l’inaugurazione della stagione lirica del piccolo paese siciliano di Vigata con la messinscena al Teatro Civico Re d’Italia, di Il birraio di Preston, melodramma sconosciuto di Luigi Ricci.

A volere la rappresentazione a tutti i costi è il prefetto fiorentino della città, Bortuzzi, che tenta di imporla a qualunque costo, non solo: «per elevare il grado intellettuale del paese», ma soprattutto per vedere soddisfatto un suo capriccio: sentire rispettata la sua piccola autorità, come diretta emanazione del potere centrale.

Naturalmente, sia i vigatesi che i circoli culturali del paese, si oppongono all’imposizione arbitraria di un’opera da tutti considerata minore e di scarso interesse, se non idiota riproduzione di arie e temi già affrontati da altri autori ben più meritevoli.

Ma il fatto di cronaca è solo il pretesto che serve a Camilleri per narrare a viso aperto i drammi e le contraddizioni della sua terra, la guerra civile che divide i cittadini, il potere politico ed economico che usano gli uni e gli altri per innescare e porre fine alle loro lotte intestine, la triste precarietà del lavoro e dell’arida sopravvivenza, gelosie e amori consumati in silenzio, mafie vere o presunte, omicidi teatrali e misteriosi, ideali da far trionfare a qualsiasi costo.

Il birraio di Preston sintetizza dunque tutta l’inesauribile vena letteraria di Camilleri, la sua capacità unica nel mescolare Commedia dell’Arte, cronaca giudiziaria, romanzo d’appendice, giallo, affresco storico, scontro ideale, amore e morte, onore e innocenza, eros ed ipocrisia, illuminazione e senso comune; nel tratteggiare un’affabulazione attenta a non scivolare nel mito, restando sempre fedele all’intima tragicità quotidiana alle prese con la complessa arte dell’arrangiarsi, con la lieve ma pressante speranza di raggiungere l’agognato posto al sole.

Vi è forse qualche ricordo personale di Camilleri fuso con importanti testimonianze di quella straordinaria tradizione orale che tramandava di generazione in generazione fatti accaduti che coinvolgevo intere popolazioni. Un tempo si lottava e si moriva per avallare o impedire una rappresentazione teatrale, in cui erano in gioco non solo le sorti del Regno, ma anche di chi si opponeva ai suoi dettami ideologici e culturali.

Camilleri vuole forse ribadire l’autonomia intellettuale e artistica della sua terra? Certamente sottolinea come ai siciliani non piaccia essere dominati, se non dalle loro stesse passioni viscerali.

Lo spettacolo e’ andato in scena
Teatro Valle
via del Teatro Valle 21 – Roma

Teatro Stabile di Catania presenta:
Il birraio di Preston

dal romanzo di Andrea Camilleri
riduzione e adattamento teatrale Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale
regia Giuseppe Dipasquale
con Pino Micol, Giulio Brogi, Mariella Lo Giudice, Gian Paolo Poddighe, Ester Anzalone, Valentina Bardi, Cosimo Coltraro, Fulvio D’Angelo, Massimo Leggio, Leonardo Marino, Margherita Mignemi, Rosario Minardi, Stefania Nicolosi, Giampaolo Romania, Sergio Seminarascene Antonio Fiorentino
costumi Gemma Spina
musiche Massimiliano Pace
luci Franco Buzzanca