La teoria degli insiemi

Al Teatro Argot Studio è in scena fino al 26 novembre Il cappuccio d’osso della luna, un dramma familiare scritto e interpretato da Cristina Cirilli con la regia di Maurizio Panici.

“La luna, spettatrice nel suo cappuccio d’osso, non ha motivo di essere triste. È abituata a queste cose.” Da questi strazianti versi della scrittrice statunitense Sylvia Plath, tratti dalla sua ultima poesia Edge, Limite nella traduzione in italiano, prende spunto il titolo così sofisticato e al contempo curioso dello spettacolo Il cappuccio d’osso della luna. Gli stessi versi che Antonio, un architetto in pensione rimasto vedovo da poco, a cui dà spessore il bravissimo Ermanno De Biagi, spiega alla figlia maggiore Anita, di cui è ospite. È l’intensa Cristina Cirilli, anche autrice del testo in parte autobiografico, a vestire i panni di questa insegnante alle prese con un padre per anni assente che, daltonico e avvilito, si aggira per casa con un taccuino in cui progetta nuovi spazi e traccia pensieri che rimandano a metafore.
La figlia minore, Adelia (Ludovica Apollonj Ghetti), invece, da quando ha perso sua madre, vive con la zia Vittoria (Mirella Mazzeranghi), una donna «col sorriso democratico che accontenta tutti», una sorta di «madre surrogata», nonché sorella di Antonio, che cerca con la sua forte personalità di rimettere insieme i pezzi di quel che resta di una famiglia straziata dal dolore e dai rancori.
Neanche una cena tutti insieme riuscirà a risanare i contrasti che dividono da sempre Adelia da suo padre, che accusa di essere egoista anche quando si esprime e che addita come unico responsabile della morte della madre. L’uomo, visto sempre di spalle dalla figlia, colui che non ha mai avuto tempo per ascoltare le sue bambine, ora donne, quella volta che ha lasciato la moglie mentalmente instabile da sola, in realtà era uscito con l’idea di compiere un gesto altruista, ma al suo rientro non ha potuto che constatare la morte della consorte. Sicuramente un suicidio simile a quello della scrittrice a cui Il cappuccio d’osso della luna è legato, che la regia di Maurizio Panici ha saputo ben raccontare semplicemente evocandone quella figura a cui tutto ruota intorno.

Gli attori formano un bel gruppo unito. Tutti sono perfetti nel proprio ruolo; ogni personaggio è ben delineato e diretto, merito di un egregio lavoro tra autrice e regista.
Varcando la porta della sala dell’Argot lo spettatore ha l’impressione di mettere piede all’interno di una vera e propria abitazione arredata con cura, dove qualcosa sta per succedere e forse è già accaduta e di udire, come farebbero dei vicini curiosi, attraverso dei muri in questo caso inesistenti, dei discorsi molto privati tra parenti stretti che come comune denominatore hanno la sofferenza. I posti, essendo distribuiti ai lati, proiettano il pubblico dentro la scena, facendogli vivere in prima persona quel dramma che non conosce consolazione.

Il cappuccio d’osso della luna resterà in scena fino al 26 novembre e chiunque varcherà quell’uscio ritroverà in un modo o nell’altro qualcosa che gli appartiene intorno a quel tavolo apparecchiato con le quattro sedie, orfano d’affetto.

Lo spettacolo continua:
Teatro Studio Argot
via Natale Del Grande, 27 – Roma
fino a domenica 26 novembre
orari: da martedì a sabato ore 20.30, domenica ore 17.30
(durata 1 h circa senza intervallo)

Il cappuccio d’osso della luna
di Cristina Cirilli
regia Maurizio Panici
con Cristina Cirilli, Ermanno De Biagi, Mirella Mazzeranghi, Ludovica Apollonj Ghetti
scenografia Francesco Ghisu
costumi Anna Coluccia
light designer Giuseppe Filipponio
aiuto regia Maria Stella Taccone