Il poema dell’asincronia

teatro-orologio-roma-80x80Vite fuori tempo, in un rincorrersi ostinato e interminabile. Il gabbiano di Čechov in scena al Teatro dell’Orologio.

La drammaticità non ha bisogno di ampi gesti, né di esasperazioni urlate. Spesso sono piccoli scricchiolii a disegnare la catastrofe e a infondere, ticchettio dopo ticchettio, quello strisciante senso di angoscia destinato a esplodere in qualcosa di imprevedibile.
Così accade per un gabbiano che volando vede un uomo annoiato sulla riva del lago; questo dovrebbe già bastare a insospettirlo e a farlo volare via, ma rimane. Poi l’uomo si accorge di lui e lo fissa, ma l’uccello niente, si ostina a volteggiare nel cielo, apparentemente lontano da quell’estraneo laggiù che piano piano si desta, si alza e scaglia una pietra per allontanare la noia. Colpisce in pieno il gabbiano e lo uccide, per ammazzare il tempo. Se solo il gabbiano avesse capito quanto fosse impossibile la convivenza in uno stesso luogo di due essere così dissimili, se solo avesse percepito in tempo il pericolo e fosse volato via su scenari più amichevoli, si sarebbe salvato la vita.
Il gabbiano, nella splendida e penetrante sintesi di Čechov, è la metafora di un’intera saga familiare, di tante vite aggrovigliate in schemi che non tornano. Ognuno ama la persona sbagliata, si perde dietro speranze sbagliate scambiando l’ambizione per il talento e anela a qualcosa che ha perso o che non riuscirà mai a stringere.
Il tempo mal cadenzato è il protagonista indiscusso, anche della rappresentazione. Il ritmo della recitazione è troppo smaccatamente lento, in contrasto con i segnali deboli della catastrofe che Čechov dissemina nel suo testo. Se in Il gabbiano scricchiolii dilazionati portano a una repentina caduta, nella performance diretta da Filippo Gili la discesa estenuante fa percepire la catastrofe come una liberazione, e al posto di un sussulto di terrore genera un sospiro di sollievo. I passaggi attoriali pregevoli vengono sfilacciati da un andamento che somiglia  a un letto di Procuste.
Degna di nota positiva è l’idea di “schiacciare” Čechov tra due platee, per permettere una performance e una visione circolari, come lo scorrere del tempo.
Se l’intento dello spettacolo sta nel far conoscere il tempo in tutta la sua consistenza, di certo ha raggiunto il suo scopo. Questa affermazione è del tutto priva di ironia e vuole anzi ascrivere all’interpretazione di Gili il grande merito di aver enucleato il vero protagonista di Il gabbiano dal contorno di storie che appaiono in tutta la loro marginalità solo a chi riesce a cogliere il vero senso di ciò che viene narrato.
L’acume di Gili non sta nell’aver compreso il senso del Gabbiano, ma di averlo fatto comprendere a tutti.

gabbiano

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro dell’Orologio
via de’ Filippini, 17/a – Roma
da martedì 3 a domenica 15 dicembre, ore 21.00

Il gabbiano
di Anton Čechov
traduzione e adattamento Filippo Gili
con Apollonia Bellino, Massimiliano Benvenuto, Vincenzo De Michele, Filippo Gili, Arcangelo Iannace, Aglaia Mora, Maria Claudia Moretti, Omar Sandrini, Vanessa Scalera, Beniamino Zannoni