Al di là dello sguardo

Acclamato ad Avignone e Edimburgo, arriva al Teatro Belli di Roma l’adattamento di un monologo commovente sulla famiglia e la diversità.

Squarcia il buio della piccola sala del Teatro Belli e interrompe il silenzio dell’attesa, una figura esuberante e chiassosa mentre agita tra le mani agghindate una borsetta. Come ogni martedì è giunta a far visita al vecchio padre: il suo nome era Jean-Pierre, ora è Marie-Pierre.
Tradotto e adattato da Raffaella Morelli, Il martedì al Monoprix è un testo teatrale francese del 2009 firmato Emmanuel Darley, in scena a Trastevere fino a domenica 26 per la rassegna Garofano verde. Uno straordinario Enzo Curcurù interpreta un giovane transessuale e contemporaneamente il suo papà. Eppure il suo resta un monologo, perché con l’anziano genitore non si può parlare affatto di dialogo. Se all’attore, infatti, è sufficiente ingrossare un po’ la voce e, nella penombra, abbassare il capo così da nascondere il trucco per potersi trasformare nel padre severo, al personaggio lo sguardo basso è pregno di significato, perché è quello di chi non vuol vedere, né accettare. La pièce, per Curcurù nei panni di Marie-Pierre, si fa dunque “zoppicante, disperato inseguimento verso lo sguardo di chi l’ha generata”, come lui stesso ha dichiarato. Egli è già doppio protagonista, ma anche narratore e i tanti altri personaggi che incontra, dalla signora sdentata al vigilante. Allora della presenza unica sul palco non si sente il peso.
Monoprix è il nome di un grande supermercato dove genitore e figlio, sempre di martedì, andavano a fare acquisti per la settimana. Insieme eppure a distanza, talvolta fingendo di non conoscersi, talvolta arruffandosi alla cassa aumentando i non pochi occhi indiscreti. Ogni volta lei sceglieva la stessa fila in fondo, perché era quella più vicina a un grande specchio: aspettando il suo turno per pagare, per qualche minuto si fissava e si vedeva come aveva sempre sognato, con la gonna e i capelli lunghi; ma al di là del suo sorriso incrociava solo sguardi giudicanti e l’indifferenza rabbiosa del padre.
Di gran lunga apprezzabile è la scenografia: una poltrona rossa posizionata lateralmente sa di vecchio come la mentalità di chi la siede, il suo proprietario infatti assume nella versione italiana un accento marcatamente meridionale a sottintendere una maggiore chiusura. Ma ben più significativi sono gli abiti, stesi e sospesi, che rappresentano la necessità e anche la vuotezza dell’apparire, perché così come si alzano così crollano in un tonfo.
Soltanto uno strano suono, forse un rumore, interrompendo più volte l’azione, anticipa ciò che fa il protagonista nei giorni rimanenti, e trova conferma in un finale di sangue, in un articolo di cronaca. Ed è proprio davanti a quel giornale, a quella morte, all’indifferenza di prima e l’assenza di poi, che ci si interroga su quanto fosse importante che il figlio si chiamasse Jean o Marie, che indossasse un pantalone o una gonna. Quella casa sarebbe rimasta uguale e solitaria fino al martedì successivo, e all’altro, e all’altro ancora.

Lo spettacolo continua:
Teatro Belli

Piazza Sant’Apollonia, 11/a – Roma
fino al 26 ottobre 2014

Il martedì al Monoprix
di Emmanuel Darley
adattamento e regia di Raffaella Morelli
con Enzo Curcurù