Smalto rosso sangue

Normalità e follia, uomo e donna: opposti fusi in un unico corpo. Storia schizofrenica della quotidianità che cela l’inimmaginabile.

I movimenti artefatti pian piano si sciolgono fino a diventare androgini. L’uomo seminudo, con gesti femminei, si mette lo smalto, si avvolge una collana intorno al collo, si dà il rossetto, infine, con un ultimo tocco, si fa scivolare addosso un vestitino. La trasformazione procede dalle estremità verso il centro, così la mutazione si muove dall’esteriorità del corpo all’interiorità dell’animo. Ciò che, voltandosi, smette di dare le spalle, è una virilità maschile celata dietro una femminilità dimessa. Qualcuno o qualcosa, però, costringerà la donna a percorrere a ritroso la sua metamorfosi, in una composizione ad anello dall’approdo tanto inatteso, quanto inquietante.

La protagonista è Rosa Abbado, di San Severo, provincia di Foggia. Rosa conduce la sua esistenza in modo dimesso e senza pretese, dedita alla casa e al marito fino al punto di non avere più attenzioni per se stessa: la solitudine discreta, le amicizie finite con la scuola, i capelli sistemati alla meno peggio, il rossetto malamente spiaccicato sulle labbra, un abitino logoro condiscono il ritratto di una donna che si è lasciata andare, senza per questo sentire il peso morale di tutto ciò. Rosa racconta dell’assenza di suo marito Carlo, scomparso nel nulla senza spiegazioni, abbandonandola a una dolorosa rassegnazione.

L’apparenza di normalità è però tradita da scatti nevrotici, squarci di psicopatia che lasciano intravedere un malessere represso e che sta per debordare. Troppo tardi.

Una donna autoritaria suona all’interno Abbado e il portone che si apre fende d’un colpo la realtà artificiale di Rosa. Fuori le luci lampeggiano e tutti gli sguardi sembrano rivolti a lei. D’un tratto la signora dimessa e inesistente agli occhi degli altri è fatta oggetto di pressanti attenzioni. Rosa si sente scrutata talmente a fondo da sentirsi spogliata. Via il belletto, via la collana, via il vestito – e Rosa… ma non possiamo dire di più per non sciupare la sorpresa.

Interno Abbado dissemina, lungo tutto il suo svolgimento, impercettibili elementi che creano inquietudine, come il volto dell’assassina riflesso nello specchio in Profondo rosso. Si acquista consapevolezza di avere seguito lo spettacolo con il fiato sospeso solo quando il cerchio si chiude e la verità è finalmente svelata.

Grande capacità attorale da parte di Giandomenico Cupaiolo che dà consistenza all’impegnativo monologo con la corposità della voce e la tensione di tutte le fibre muscolari. Cupaiolo dimostra perspicacia nel ricreare l’atmosfera psicologica del meridione, fatta di santini e apparenze: una condizione nella quale vive una parte consistente dell’umanità, senza provarne frustrazione.

La cifra pregevole di questo spettacolo è costituita proprio dalla chiave di lettura, in grado di interpretare eventi di ordinaria follia, di comprendere i meccanismi che hanno originato reazioni spropositate nei confronti di provocazioni minimali.

La suspence è accresciuta dagli interventi musicali della fisarmonica di Lucas Waldem Zanforlini, attraverso note spensierate che si pongono in una progressiva posizione ossimorica rispetto agli eventi.

Un monologo attuale, intrigante come un giallo vecchio stile.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Immediato
via Gobetti, 3 – Pescara
sabato 12 e domenica 13 novembre, ore 21.00
 
Benvenuti srl – itermini presenta:
Interno Abbado
di Andrea Baracco e Claudio Storani
con Giandomenico Cupaiuolo
regia Andrea Baracco
musiche dal vivo Lucas Waldem Zanforlini
aiuto alla regia Giulia Dietrich
disegno luci Camilla Piccioni
(durata 40 minuti circa)