Non mi fotografare!

Anomalie urbane, vuoti esistenziali, desiderio di volare via, in una Roma cattiva e tenera come quella di Pasolini. Graffiante e vulnerabile, Eleonora Danco è al Piccolo Eliseo con IntrattenimentoViolento, affiancata da Lunetta Savino e Valentina Lodovini. E sorprende con un grido felino a uno spettatore…

Inseguivo Eleonora Danco da dieci anni. Al Piccolo Eliseo di Roma l’ho finalmente incontrata, irrequieta, fuori fuoco e tagliente: proprio come la immaginavo.
In IntrattenimentoViolento, antologia di monologhi per tre attrici (la stessa Danco, Lunetta Savino e Valentina Lodovini), andato in scena dal 18 al 29 aprile al teatro di via Nazionale, l’autrice di Mignotta ’56 è cruda, commovente, geniale nel linguaggio – uno stream of consciousness che alterna italiano reinventato e neo-romanesco di borgata, tra assonanze liriche e accumulo di frasi ellittiche, tremende, autistiche, alle quali i verbi sono strappati via.
Rinnovato nel cast e riproposto nell’ambito della rassegna RomaCittàTeatro 2012, lo spettacolo è un’antologia di testi da altri atti unici di Eleonora Danco, e apre uno squarcio impietoso su storie di violenza e solitudine in una Roma allucinata, degradata, disperatamente avida d’amore e incapace di colmare vuoti e sofferenze. In queste periferie urbane la vita si riduce a una sequenza di fotogrammi impazziti, insensati come le pubblicità sgargianti e i supermercati che strabordano di merce e folla indistinta. Il consumismo stritola i corpi-rifiuto, come i cumuli di bicchieri di plastica sul palco, scricchiolanti sotto i tacchi delle tre attrici. Sono corpi di tanti personaggi – donne, uomini, giovani, vecchi, etero o omosessuali – che vorrebbero volare, ma che invece strisciano, rotolano a terra, si contorcono, si fracassano la testa contro le pareti. È una pulciosa, sporca corte di miserabili, oltre Dickens, oltre Hugo. Ci sono una madre degenere con la figlia tossica (Savino e Danco), il ventottenne abulico (Danco), la ninfomane bellissima e autodistruttiva (Lodovini), due vecchi turpi e soli (Danco), i giovincelli di borgata che fanno sesso e non l’amore in macchina (Lodovini), la sciampista adolescente picchiata dal fratello e molestata da «Pina ‘a zozza». A fare da contrappunto surreale a questo parterre neorealistico, c’è un’esilarante (perché si ride anche, con angoscia) donna-rana che vomita in un sol fiotto, con qualche singulto in pugliese, le follie ipnotiche e sfiancanti del sesso, del cibo, delle medicine (Savino). Le parole, in forma di monologhi, dialoghi, poesie, si alternano tra ritmi comici popolari, momenti tragici, passaggi aggressivi e onirici.
IntrattenimentoViolento indaga, spiega Danco nelle note di regia, «la relazione tra città e adolescenza nella vita adulta». Dove l’adolescenza è un impulso dello spirito a «esprimersi senza memoria»: i protagonisti «sono intrisi di vitalità, ma non vanno da nessuna parte. Finiscono, spariscono».
Il riferimento poetico e linguistico di Danco – anche dichiarato – è a Pasolini. Alcuni accostano la drammaturga, giustamente, anche a Sarah Kane. Ma viene in mente anche la Phoebe Gloeckner delle terribili graphic novel Diario di una ragazzina e Vita da bambina. Di Pasolini, Kane, Gloeckner, Danco ha la stessa lucida coscienza, la stessa infelice tenerezza. «Lassàteme guarda’ er cielo che me casca addosso…» invoca uno dei personaggi. Il tema del cielo, del sogno, del volo lontano dalle brutture, torna continuamente nei discorsi dei personaggi, condannati però a ripiombare sempre a terra.
Danco si dona senza pelle. Nel momento intenso e terribile in cui interpreta due vecchi derelitti alla fermata della metro – sta girando su se stessa, piegata in due, nuda a metà, il corpo adolescenziale e delicato appena rivelato dal palco buio – all’improvviso ringhia a uno spettatore, come un animale ferito: «Non mi fotografare!». Un brivido. Quel grido è lo stesso del suo personaggio che sta urlando accorato «Me vojo sarva’! Nun me parla’ più!», è un bisogno bambino di purezza, di protezione, di volare via, di non essere inchiodati nel fango. L’adesione, l’identificazione di Danco è totale, è la sua autenticità narcisistica e scomoda, come quella di un Bukowski. E mi ricorda, d’un tratto, il momento in cui ho iniziato a inseguirla, dieci anni fa. Un’amica aveva caricato in macchina una giovane donna rimasta in panne con la sua automobile. Salì a bordo una creatura fuori dall’ordinario, agitata, dall’espressione naturalmente sgomenta, quasi impaurita. Era lei, Danco, la rivelazione del “giovane teatro arrabbiato”, ma in quella Cinquecento rossa non ne parlarono: piccola, esile storia di non detti nell’abitacolo di una macchina. E per tutti questi anni mi era piaciuto pensare che questa Danco giù dal palco fosse uguale a quella sopra al palco. È proprio così.

Lo spettacolo è andato in scena:
Piccolo Eliseo Patroni Griffi
via Nazionale, 183
fino a domenica 29 aprile, ore 21.00

Charlot srl presenta
IntrattenimentoViolento
di Eleonora Danco
regia di Eleonora Danco
con Lunetta Savino, Valentina Lodovini, Eleonora Danco
direttore artistico Michele Placido
produttore esecutivo Andrea Ricciardi