Tendere verso una risoluzione impossibile

Jour 54, Opéra radiophonique è l’omaggio che Pierre Jodlowski dedica al grande scrittore Georges Perec. Un’ “opera radiofonica” che non racconta semplicemente 53 jours, il libro da cui trae spunto, ma gli dona una seconda vita. E una terza, una quarta…

Pierre Jodlowski ha proposto al Théâtre de la Renaissance di Oullins un vero e proprio atto d’amore verso uno dei maggiori esponenti di quel meraviglioso e particolarissimo movimento letterario che fu l’Oulipo: Georges Perec. Autore di alcuni straordinari testi della letteratura francese della seconda metà del Novecento, Perec avrà una vita breve (morirà a soli 45 anni) ma intensa, segnando profondamente il mondo della letteratura successiva.

53 jours (titolo che fa riferimento al tempo di gestazione dell’opera di Stendhal La Chartreuse de Parme) è l’ultima opera di Perec: un’opera incompiuta, che lo accompagnò fino agli ultimi giorni della sua vita. Leggendo questo testo, ciò che colpisce è la quasi naturale incompiutezza che si insinua fin dall’inizio, insieme a un’insistente, quanto vana, ricerca della verità. 53 jours sembra rientrare nel genere del romanzo poliziesco: c’è un omicidio, una sparizione e un detective che cerca la verità. Tutto normale, o quasi. La trama del romanzo diventa, però, velocemente un pretesto per l’instaurazione del gioco e degli obblighi tipici dell’Oulipo come, per esempio, l’orchestrazione di una composizione che promuove il senso all’interno di una ciclicità vertiginosa, irrispettosa delle regole classiche di una “buona” letteratura, ma anche la mise en abyme, procedimento di inserzione della stessa storia all’interno della storia stessa (si veda, ad esempio, il testo Un cabinet d’amateur, interamente concepito su di una mise en abyme pittorica). Perec imbastisce un testo di difficile approccio, e questa difficoltà è dovuta anche a quell’incompiutezza che, se viene eternizzata dalla sua morte, risulta anche essere la cifra del testo. Ogni edizione di 53 jours è infatti corredata dagli appunti ritrovati nello studio dello scrittore, e questi appunti sono parte integrante del libro e della ricerca poliziesca del colpevole. Ed è proprio questo apparato necessario che si giustappone, senza completarlo, al testo vero e proprio, che permette al lettore una libertà straordinaria, attivando l’immaginazione e il fiuto da detective. Ogni lettore è naturalmente spinto a proporre una traccia interpretativa, attraverso indizi probanti o totalmente errati. Ogni lettore diventa, senza quasi accorgersene, un detective.

Questa modalità interattiva viene ripresa e ampliata da Pierre Jodlowski nel suo Jour 54 presentato al Théâtre de la Renaissance di Oullins. Gli spettatori entrano nel vivo della redazione del testo, seguendo le piste offerte dalle voci che irrompono e dalle parole che compaiono in scena, venendo chiamati a dare un loro giudizio, senza per questo indicare un colpevole.
Jour 54 – Opéra radiophonique è un progetto ricco e particolare. Commissionato da Radio France nel 2009, il lavoro è finalista del Prix Italia dello stesso anno. L’impianto “radiofonico” è evidente, e le tre voci narranti si rincorrono, creando una trama dialogica in tre lingue (Michael Lonsdale per l’inglese, Manuela Agnesini per l’italiano e Jérôme Kircher per il francese). Voci registrate, che sembrano provenire da un aldilà sonoro, proprio come le voci di una pièce radiofonica. In scena non compare nessuna presenza umana, e il ruolo delle voci è quello di dare corpo all’unica presenza che insiste, sovrapponendosi e cancellandosi, fino alla fine: la parola. Una grande struttura ingabbia una superficie piana leggermente piegata in due. Non appena Jour 54 ha inizio questa “superficie” diventa altro: essa diventa uno schermo che suggerisce un libro. Il testo di Perec si presenta in maniera “disossata”, come afferma Jodlowski, e le parole compaiono rapidamente sulla parete illuminata per scomparire poco dopo. Il lavoro scenografico di Pierre Nouvel è semplice e puntuale e il lavoro di rielaborazione grafica del testo dona allo spettacolo un fascino auto germinante. L’aspetto vocale è un modus operandi di tipo performativo: la parola pronunciata compare visivamente ma, terminato il suono creatore, il suo insistere non è più di tipo visivo. C’è qualcosa della permanenza sonora che si incide nel nostro canale uditivo, una traccia che diventa mnestica e che inizia a circolare senza fermarsi all’interno della nostra percezione. Un procedimento di tipo ciclico che viene coadiuvato dall’apporto della parte musicale dovuta all’Orchestre Philharmonique de Radio France e, in particolar modo, al batterista Henri-Charles Cager. Sperimentazione musicale che diventa uno splendido intruglio di ritmi tribali, improvvisazione jazz, sonorità marziali nella parte finale dell’opera, quando Jodlowski riprende Un R est un M qui se P le L de la R, il capitolo “finale” di 53 jours. Il titolo di questo capitolo, che è un riferimento alla frase di Stendhal «Un roman: c’est un miroir qu’on promène le long du chemin», viene ripreso nello spettacolo tanto per la sua qualità ritmica, quanto per la sua peculiarità di ente germinante senso. Il titolo diviene la chiave di lettura dell’opera e il suggerimento principale della ricerca del colpevole. Ma lo spettatore e il lettore sanno benissimo che non è qui questione di un’apparente colpevolezza. Perec propone delle chiavi per una letteratura che si fa infinita, che si dà delle regole ben precise ma che fatica a mantenersi nelle stesse. Il titolo diventa un acronimo, RMPLR, che può significare tutto e non significare nulla. Declamare quelle lettere sembra essere un esercizio mistico per il raggiungimento di una verità assoluta, ma ciò perde totalmente di valore poiché, con il sovrapporsi delle voci, con l’insistenza delle serie e dei numeri, l’aspetto vocale si tramuta in soffio, in battito vitale. L’assenza, la sparizione, concetti che hanno segnato profondamente tutta la letteratura di Perec (si veda, per esempio, La disparition o W o le souvenir de l’enfance), sono qui il termine ultimo a cui tendere. L’assenza di una conclusione, il respiro che si fa ritmo, la parola che suggerisce un “da capo” infinito.

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Photo credit: Jean Radel

Jour 54, Opéra radiophonique de Pierre Jodlowski est un hommage envers un écrivain majeur de la littérature française : Georges Perec. Inspiré par le roman inachevé 53 jours, ce spectacle s’installe dans le sillage des contraintes littéraires de l’Oulipo. Les voix enregistrées, le mélange de trois langues, les mots qui s’affichent sur un livre imaginaire pour disparaître subitement, bâtissent une performance audiovisuelle de très haut niveau intellectuel. Le Théâtre de la Renaissance d’Oullins a montré l’actualité de la recherche inépuisable de l’Oulipo.

Lo spettacolo è andato in scena:
Théâtre de la Renaissance
7, rue Orsel – Oullins (Lyon)
mercoledì 22 gennaio 2014, ore 20.00

Il Théâtre de la Renaissance e lo Studio éOle presentano
Jour 54, Opéra radiophonique
dal libro 53 jours di Georges Perec
ideazione e realizzazione Pierre Jodlowski
scenografia, video e luci Pierre Nouvel
voci registrate di Michael Lonsdale, Manuela Agnesini, Jérôme Kircher
musiche Orchestre Philharmonique de Radio France diretta da Jean Deroyer
violino Jérémie Siot
percussioni Henri-Charles Cager
clarinetto basso Didier Pernoit
flauto Cédric Jullion
http://www.theatrelarenaissance.com/
http://www.pierrejodlowski.fr/site/index.php?post/Jour-542