Una Mirandolina rosa shocking

Corrado D’Elia porta Goldoni al Tieffe Teatro: risate, colori, design e un settecento di plastica.

Carlo Goldoni scrive commedie. E le commedie, prima di tutto, fanno ridere.

Questo il punto di partenza, l’assioma con cui Corrado D’Elia comincia il suo viaggio esplorativo tra le righe di quella che forse è l’opera più famosa del drammaturgo veneziano.

Il punto d’arrivo? La plastica. La plastica come anello di congiunzione tra oggi e ieri, tra l’epoca del regista e quella dell’autore, tra i nostri anni e il passato, tra la modernità e il rococò. La plastica come finzione esplicita, artificiosità, espressione di un mondo chiuso nei suoi stereotipi e nelle sue ripetizioni, nella fissità che è tipica di quel materiale, duttile finché caldo, ma poi duro, freddo e impermeabile. Nella locanda di Mirandolina, tutto è di plastica: i tavoli, i lampadari, le poltrone, le stoviglie, persino le pareti, e addirittura i vestiti degli ospiti. È di plastica il frac rosa del Marchese, di plastica la giacca gialla del Conte e la casacca nera del Cavaliere, di plastica il gilet azzurro del cameriere Fabrizio; ed è la plastica ad accumunare questi quattro spasimanti, così diversi di carattere, stile e atteggiamento (divertente l’abilità con cui la costumista Stefania Di Martino ha vestito i personaggi, utilizzando sempre lo stesso materiale ma riuscendo a creare per ognuno il costume che meglio lo definisce e identifica, per colore e fattezza), ma così uniti nell’amare, ciascuno a suo modo, la stessa donna. Di plastica, infine, anche Mirandolina, rosa shocking dalla camicia alle scarpe, arrivata col suo incedere dignitoso a turbare l’animo di tutti gli uomini che capitino nella sua locanda. Sotto la parrucca bionda alla Carrà, la brava Monica Faggiani presta alla protagonista il viso espressivo e naturale e la sua incredibile voce, elemento che più di tutti dona al personaggio una sensualità veramente credibile. Meno convincenti, invece, i pantaloni di pelle sintetica da Uma Thurman (gialli in Kill Bill, rosa sulla Faggiani), che se simbolicamente centrano in pieno l’obiettivo – una donna mascolina che non rinuncia alla sua femminilità, ma anzi sfrutta la sua parte virile a favore del suo fascino – nel concreto privano Mirandolina di ogni grazia. Certo, la locandiera è una popolana, forse anche un po’ volgare, sguaiata, eccentrica; ma per riuscire a far innamorare di sé conti e marchesi, un minimo di buon gusto deve pur averlo.

Eppure, in questo piccolo mondo chiuso dove il fashion è portato all’estremo, dove la tinta sgargiante è d’obbligo e solo il Cavaliere, nella sua misantropia fuori moda e impopolare, osa vestirsi di nero e rifiutare insieme donne e colori, in questa locanda dalla luce accecante, forse la donna (l’unica vera donna di tutto il microcosmo, in fondo) può riuscire a conquistare l’intero universo maschile senza bisogno di finezza o decoro, ma è anzi proprio la sua apparenza eccessiva, addirittura trash, a sprigionare un’irresistibile e irrazionale attrazione. Perchè, dopotutto, Mirandolina gioca in casa: la locanda è sua, è suo il mondo in cui i maschi-pedine si muovono, e sue sono le regole. Padrona perchè locandiera, ma prima di tutto padrona perchè donna, donna in rosa nel suo salotto dalle pareti – sì, anche le pareti – rosa, Barbie regina della sua casa giocattolo in plastica dove tutto è finto e il cibo, nei piatti, semplicemente non c’è.

Divertente e leggera, innovativa se pur nel totale rispetto del testo originale (solo minimamente ritoccato con tagli e aggiunte), La locandiera di D’Elia ha tra i suoi pregi quello di essere accessibile a tutti, e per tutti gradevole; i suoi rimandi chiari all’estetica degli anni novanta, una comicità semplice fatta di sketch ripetuti e macchiette proprio come nei cabaret televisivi, la simbologia semplificata, diretta e facilmente interpretabile, lo rendono uno spettacolo spassoso e piacevole, come probabilmente doveva già esere anche nelle intenzioni di chi l’ha scritto – anche se, tra una risata e l’altra, Goldoni aveva nascosto messaggi e rivoluzioni, sia teatrali che sociali, che in questa messinscena diventano purtroppo invisibili.

«Fare teatro contemporaneo», ci ricorda il regista, «non significa (solo) mettere in scena testi contemporanei»: verissimo. Ed eccone la prova.

Lo spettacolo continua:
Tieffe Teatro
via Ciro Menotti, 11 – Milano
fino a sabato 30 aprile
orari: martedì, giovedì, venerdì e sabato ore 21.00 – mercoledì ore 19.30 – domenica ore 17.00 (lunedì riposo)

La locandiera
di Carlo Goldoni
regia di Corrado D’Elia
assistente alla regia Luca Ligato
scene Corrado D’Elia
costumi Stefania Di Martino
luci Alessandro Tinelli
foto di scena Angelo Redaelli
con Monica Faggiani, Corrado D’Elia, Gustavo La Volpe, Tommaso Minniti, Bruno Viola, Andrea Tibaldi, Marco Brambilla