Pianeti

teatro-del-giglio-lucca1La Scena, un’indagine sui sessi al Giglio di Lucca in una pungente commedia di Cristina Comencini con Angela Finocchiaro e Maria Amelia Monti.

La suprema idiozia di certe relazioni.
Deve pensare a questo. E che orbo è questo genio che ha l’incarico di combinare gli individui tra di loro. Orbo, o sadico perlomeno. Povera Lucia.
Bella è l’arte, gli uomini che popolano le pianure dell’arte. E per favore, finiamola con la vecchia diceria che la razza maschile prosperi anche nella realtà. Dico, se è vero allora l’Anticristo deve essere alle porte. Cari Maya, le nostre scuse più sincere, siete un’orda di mal giudicati.
Finiamola. Lei è Lucia, non più giovane, né già anziana. Lei recita. Lei non crede agli uomini più di quanto crederebbe al topino dei denti. Lei era Lady Macbeth svariati anni fa. Non è più stata così brava, no no.
Prova la scena. Dio, che dramma, che devastazione! E come dovrebbe interpretarlo, che diavolo, il monologo di una povera santa squarciata, nel corpo e nell’anima da un passato che è/“muri sventrati, case terremotate da cui si deve fuggire”/? Ballando e cantando?
Sulla ribalta del Giglio di Lucca, in prima nazionale, c’è La Scena, di Cristina Comencini. La regista romana ci porge una storia viva, tratta da quella che ormai è (o è sempre stata?) la realtà pressoché unanime: diversità, certo, abissale diversità tra gli individui (donne agli antipodi, eppure amiche: come è possibile?), ma pur sempre espressione di una forma di uguaglianza, perlomeno se confrontata all’universo opposto per antonomasia, quello dell’altro sesso.
Quella era Lucia, povera repressa. Maria, oh, Maria sì che trapassa di morsi la vita. Vestaglia rosa e un corpo insaziabile, che ride di Amleto e Lady Macbeth, e invita a godersi la vita.
E la scena, la scena? /”E dammi quel foglio, suvvia e guarda, guarda come si interpreta un testo del genere. Oh che gioia, amore: squarciata, sì, terremotata, ma chi vuol farti bere la storia del passato? Può essere bello, accidenti, può essere eccitante, sì, erotico!” /Lucia non la comprende: la smettesse di essere così calda. Ma è nella sua natura così gioiosa e sregolata, tanto da farle cercare uomini ovunque, uomini da amare ingenuamente, una Gea di carne su cui passare e ripassare. Ecco Maria, amica di Lucia. Due donne tenute insieme da cosa, di preciso?
La suprema idiozia di certe relazioni.
Poi arriva Luca, l’ultimo trastullo (dice Lucia), l’ultimo possibile amore (risponde Maria). L’ha incontrato, dice lei, l’ha sedotto ubriaco a una festa la sera prima. Poco più che un bambino, soltanto adesso se ne rende conto. Per una coincidenza di eventi il ragazzo inverte le identità delle donne. Da qui ha inizio per gioco, per avventura, per autodifesa, quasi un gioco delle parti tra le due.
Lucia è Angela Finocchiaro, l’espressione perplessa che il grande pubblico ha conosciuto più volte sul grande e sul piccolo schermo. Cinica, sì, ma per difesa, null’altro che difesa. E Maria (l’altrettanto nota Maria Amelia Monti) è un esemplare sprovveduto, certo: le basta che si tratti di un bipede maschile, ma sarebbe maledettamente bello poter essere, per una volta Lady Macbeth dai seni di fiele.
Maria disprezza il rigore di Lucia: rinunciare a un uomo per un Amleto qualsiasi significa delirare. Non può vivere, dice lei, senza un uomo. Oddio, intende questo Lucia quando la definisce dipendente? Storie. Chiedere nomi, cognomi, codici fiscali. Non fa per lei. Come fanno certe donne a chiedere a un uomo come si chiama prima di portarselo a letto?
I due mondi si alternano. Lucia è Maria. Maria è Lucia. Una recita per lavoro, l’altra nella vita. Luca, oggetto del loro scherno, ha la curiosità e l’avventatezza del giovane eroe. Si susseguono in lui domande e promesse assurde che fanno ridere le due “mature”, come le chiama rabbrividendo di trepidazione.
Stupide ragazze coi loro progetti che risalgono la parabola della vita. E d’un tratto questa si inarca e il piano si capovolge. La donna cresce erigendo torri, invecchia radendole al suolo. Riaffiorano il passato, i rancori, i litigi. Mai si sono comprese come adesso, condotte dal caso a scambiarsi i reciproci panni. E Luca (alias Stefano Annoni) è tra loro un ignaro, esilarante ponte di connessione.
In sostanza: La Scena non ci offre il sapere. C’è una domanda, certo, ma celata, occultata sotto l’apparente semplicità del copione. Si agogna a esplorare, sia pure per poco, l’universo femminile coi misteri, le angosce, le brame inesplicabili che lo compongono, che lo attraversano come piccole, attorte meteore. Lo stesso impudente ragazzo convinto di aver potuto conoscere, con la madre e la ex fidanzata, ogni possibile sfaccettatura della donna, si ricrede, non regge il confronto. Esonda. Ah, la violenza, l’impulso ancestrale. Così risponde a una natura che non sa comprendere.
Basterà?
No. Non basterà. E rieccoci qui, ancora, al punto di partenza. Chi è chi? Potesse saperlo – con chi ha trascorso la notte. Donne diverse, donne scandalosamente opposte. Diversità lampante, palese. Ma che sia dannato se riesce a riconoscere lei, focosa, ignota compagna di letto. Ed ecco, eccola lì la verità: l’insormontabile crinale che distoglie in eterno l’uomo dalla donna. Tanto diversa è la rudbeckia dal girasole, ma come può avvedersene chi non è botanico?
Finiamola. Fuori i tre, a bersi un caffè.
Anche tra nemici occorrono tregue.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro del Giglio – Lucca

venerdì 11 e sabato 12 ottobre, ore 20.30
domenica 13 ottobre, ore 16.30
La Scena
testo e regia Cristina Comencini
con Angela Finocchiaro, Maria Amelia Monti e Stefano Annoni