Mangiatene tutti

teatro-era-pontedera2[1]Le Possibilità del Teatro, un ciclo d’incontri su Grotowski, che si è svolto al Teatro Era di Pontedera dal 12 al 14 dicembre. Possibilità, certo, ma molti contro.

Tre giorni al Teatro Era, per chi ha potuto. Appunto, chi ha potuto. La corte, dopotutto, è appannaggio dei cortigiani. Saremo ambiziosi stavolta, proprio così; o irrispettosi; magari persino frivoli, perchè no? Nessuno manchi all’appello: oggi vi portiamo a corte.
12, 13, 14 dicembre. Siamo a Pontedera, Teatro Era e lo chiamiamo corte per svariati motivi, ma andiamo con ordine.
Sollevi la mano chi conosce Jerzy Grotowski. Per coloro che comprensibilmente non lo conoscono, una delucidazione: nato in Polonia nel ’33, deceduto a Pontedera quindici anni or sono. Regista, teorico, uomo di spettacolo, Grotowski ha un solo infinito amore: l’uomo. Lui che è denudato, che è sacrificato alla masnada della platea, transustanziato in pane e in vino come un novello Messia. E vadano all’inferno i costumi, i fondi dipinti, gli oggetti di scena: Grotowski ci regala il teatro povero. Dove una Traviata, una Tosca, un’Aida si accasciano sotto il peso dei gioielli, lì c’è la camera spoglia, la luce bianca in cui un attore grotowskiano si contorce, articola suoni o parole, talvolta senza un senso logico, nudo o vestito, poco importa: il suo animo, quello è nudo. E poi carnalità, tanta da costringere gli attori a sessioni di esercizi fisici; il tormentato lavoro sulla loro psiche, sul carattere, sul comportamento. Senza un Grotowski, niente di quel carname magnifico, danzante che invade oggi i nostri palcoscenici. Chi vuole dimostrazioni, vada a cercarsi il Principe Costante. Questo, in breve.
Ecco, chi di questo non era al corrente è uscito dalla sala nelle medesime condizioni.
Partiamo dal principio. E il principio sono i testi grotowskiani, solo in parte tradotti nel nostro idioma fino a oggi. Non che la Polonia ci preceda di molto: la prima edizione dei testi completi risale al 2013, ma ciò non interessa.
Suddivisa in quattro volumi a cadenza semestrale, l’opera, a cura di Roberto Bacci e Carla Pollastrelli, riceve qui a Pontedera un annuncio opulento, quasi eccessivo: quando mai si accumula una folla sotto un tetto per tre giorni filati in occasione di un’edizione letteraria? Ma anche questo ha le sue motivazioni, vuoi la promozione per i volumi che seguiranno, vuoi il pregio di avere a disposizione la presenza di coloro che lo hanno conosciuto, questo Grotowski, che l’hanno toccato. L’intento è bello, l’impegno profuso anche. A sgomentare colui che giunge da fuori, paradossalmente, è proprio il suo essere di origine estrinseca a questo luogo.
Ci spieghiamo. Abbiamo a disposizione critici, artisti, studiosi, stranieri e no; uomini di talento quali: un Danio Manfredini, un Thomas Richards, un Mario Biagini, un Massimiliano Civica. Ciò che vorremmo è essere condotti, veramente condotti alla scoperta di colui che ha rivoluzionato il nostro teatro, in molti casi, senza che la maggior parte di noi ne sia al corrente. Mette tristezza dirlo, ma Grotowski è sconosciuto ai più, in Italia. Mette tristezza dirlo, ma questi tre giorni non hanno lottato per ovviare al problema.
Diciamolo, è innegabile che a questi incontri “sono invitati […] artisti, uomini di teatro, studiosi e critici” (comunicato stampa), ma il pensiero, a sentir loro, va anche “alle generazioni più giovani, per le quali, troppo spesso, Grotowski è un nome o un capitolo nei libri di storia del teatro” (ancora il comunicato stampa). Ebbene, la notizia è questa: al giorno d’oggi, per almeno metà della popolazione italiana, Grotowski non è neppure un nome. E se i testi, e se le idee nascono per essere consegnati ai posteri, conviene che questi ultimi siano quantomeno educati, preparati ad accoglierne il tesoro.
Sulla serie di incontri i commenti sono quasi superflui: un plauso alla raccolta di così tanti nomi – nomi che comunque non sono stati messi adeguatamente a frutto; un iter che se meglio preparato avrebbe arricchito enormemente il panorama culturale individuale, ma che è stato minato dalla mancanza di un’organizzazione e di una suddivisione degli interventi. Ne è risultato un evento chiuso, più che una conferenza rivolta al pubblico esterno; un piccolo, amabile salotto di accoliti che ci hanno resi partecipi delle rispettive idee, dei rispettivi ricordi. Ci hanno regalato il Grotowski della sedia a dondolo, il Grotowski che batte la pipa per svuotarla, quello degli aneddoti e della pignoleria delle virgole mancanti. Lo hanno preso a spunto per parlarci di politica, di poetica del teatro, di neuropsicologia, di religione, di gioventù sperduta nei bar di paese; ma del Grotowski oggettivo, quello che loro, nella loro cultura più elevata, danno per scontato, quello, è stato messo da parte. Colui che non sa non ha avuto risposte, soltanto nostalgie che non gli appartengono. Per non parlare delle contraddizioni, inevitabili quando una sessione di interventi discorsivi non viene passata sotto attenta osservazione.
In sostanza una persona edotta, uno studioso, un appassionato può avere apprezzato questi tre giorni. Non è mancata la passione, quella no, era percepibilissima. D’altronde stiamo parlando di uomini che con Grotowski, in alcuni casi, hanno avuto intense relazioni umane. Un amante del suo genio, della sua eresia, che farebbe? Se non emozionarsi, aprire porte con nuove chiavi, creare link, parlare ed esternare la propria opinione? Certo, lo farebbe. Ma sarebbe uno. E, lo ripetiamo, abbiamo a che fare con un personaggio che è ormai appannaggio di una élite culturale. Ebbene, questo Grotowski vogliamo averlo tutto, nudo e crudo, oltre i punti di vista, oltre lo schermo delle filosofie individuali, transustanziato come lo sono i suoi attori perché tutti ne mangino, perché tutti ne bevano, perché tutti vedano e conoscano. Uno schermo, un video, una lettura, una lezione, una sequenza d’immagini non sarebbero costati molto, ma avrebbero dato di più.
I tre giorni si concludono e facciamo ritorno, stanchi, alle rispettive case.
Qualcuno dimenticherà Grotowski, altri, a partire da stasera, leggeranno e cercheranno di lui. Il seme è stato blando, magari la giusta acqua innesterà buoni frutti. Intanto andiamo a letto.
Mentre la corte si ritira ancora.

L’evento si è svolto:
Teatro Era

Pontedera
12, 13, 14 dicembre 2014

La possibilità del teatro
Un incontro di riflessione e confronto