Ritratti d’Autore

Cinque domande a Lina Sastri, in occasione di Linapolina. Le stanze del cuore al Teatro Manzoni il 29 aprile a Milano.

Lina Sastri: «Perché Linapolina? Be’ il gioco di parole è facile: è la Napoli di Lina, la mia Napoli»: Lina Sastri chiude a Milano, il 29 aprile, con un’unica serata (al Manzoni), lo spettacolo che ha dedicato alla sua città. Scritto e diretto da lei, è una vera carrellata di canzoni tradizionali partenopee, da Era de maggio a Core ‘ngrato. Ma non solo.
«Porto le canzoni sulla scena, con otto musicisti e un danzatore. Ma sono un’attrice e non una cantante: così diventa teatro. Ogni brano è come se aprisse una porta: dietro c’è una stanza, che coincide con un’emozione, un sentimento. Tra una canzone e l’altra le poesie in italiano che ho scritto per lo spettacolo. Ma non è che mi sonno messa a tavolino e ho detto: adesso scrivo le poesie per Linapolina. Sono venute, un po’ alla volta, d’estate. Quando faccio solo l’attrice interpreto… qui ho scritto tutto. Ma, vede, ogni brano io prima lo immagino, lo vedo: il mio è un teatro visivo».

Che senso ha riproporre le canzoni della tradizione napoletana?
LS: «Ha più senso che mai. Viviamo in un mondo immobile, fatto di grandi solitudini. Io vivo a Roma, anche se ho casa a Napoli. Ma ero in polemica con la mia città, non volevostarci. Poi sono tornata e ho scoperto che ho un bel rapporto: la città è piena di energia, non ti senti mai sola. E poi giri l’angolo e vedi il mare».

Secondo lei perché Napoli, nonostante tutti i suoi problemi, continua a produrre una cultura di così alto livello?
LS: «Perché vive di assoluti e di bellezza. Perché, appunto, nel bene e nel male, esplode di energia. Vede: uno ci va… e non se lo chiede più perché Napoli continua a elaborare musica, teatro, cinema. Nella nostra storia, ma anche nel nostro presente, c’è tutto e tutto si rimescola continuamente: produce vita».

Nel cassetto?
LS: «Quest’estate qualche altra data di Linapolina in posti belli. L’inverno prossimo all’estero. Devo poi finire la fiction Nati ieri. E nel 2015 vogliotornare alla prosa».

Ma un sogno?
LS: «Un film: tratto da La casa di Ninetta, il racconto che ho scritto su mia madre, malata di Alzheimer. L’ho portato in teatro come monologo e poi non ce l’ho fatta ad andare avanti: troppo duro. Ora vorrei fare un film… ma è davvero un sogno».

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