angelo-mai-romaLa prima teatronovela del mondo, Bizarra, seduce e abbandona il pubblico romano: dopo la maratona finale – dal 13 gennaio ogni sera per dieci sere – la capitale dovrà congedarsi da una delle rappresentazioni più coinvolgenti e anticonvenzionali che abbia mai accolto, firmata nella versione italiana da Manuela Cherubini.

Ha portato sul palco le contraddizioni dell’uomo, i blocchi contrapposti delle sue eterne guerre fredde – il capitalismo contro il comunismo, la perversione contro il puritanesimo, il sommo bene contro il male assoluto; ha ricordato che la fine è la stessa per tutti e che la solidarietà è l’unica via per dare un senso a ogni cosa; ha seminato stravaganze in ogni angolo della città e conquistato un pubblico fedelissimo contro ogni aspettativa. Bizarra ha ottenuto un successo meritatissimo con la sola forza della recitazione: le persone sono state la sua arma di seduzione, nient’altro. Nessun espediente scenico (il palco vuoto, sempre) e nessun effetto speciale: solo l’amore e la bravura degli interpreti, dello staff e di tutti i collaboratori che hanno re
alizzato un progetto immane.

Come un meteorite Bizarra si è schiantato su un pianeta scosso dalla crisi economica, dai tagli alla cultura e allo spettacolo, dimostrando ai suoi abitanti che fare arte è ancora possibile, nonostante tutto. Per dieci settimane e un totale di trenta ore gli spettatori sono stati trascinati nei vortici di tragedie individuali e catastrofi collettive. Hanno subìto il fascino di arcane profezie e digerito con disprezzo le umane miserie. Hanno visto ogni cosa trasformarsi nel suo contrario con paradossale credibilità. Si sono innamorati perché, come sostiene Manuela Cherubini – traduttrice e regista di Bizarra – quest’opera è un vero e proprio “viaggio d’innamoramento” e a Persinsala racconta, con emozione e vibrante lucidità: l’incontro con l’opera, il colpo di fulmine, ma anche le energie che ha investito per realizzarla. Come accade in ogni grande storia d’amore.

Come è avvenuto l’incontro con Rafael Spregelburd e la sua opera?
Manuela Cherubini: «Rafael e io abbiamo condiviso un maestro, il drammaturgo, regista e pedagogo spagnolo José Sanchis Sinisterra, al quale si deve lo sviluppo della teoria della complessità sia in ambito drammaturgico che di direzione attorale. Ho studiato con lui in Italia e in Spagna. Stavo traducendo un suo testo quando mi ha consigliato di leggere le opere di Spregelburd. Le ho trovate ognuna diversa dall’altra – com’è ovvio per un autore che perde immediatamente interesse verso ciò che ha appena conosciuto. Questo è un aspetto che ci accomuna. Mi affascina ciò che sta sul confine, che ancora non ha una definizione. Nel momento in cui riesco a dargliela, passo oltre. Spregelburd e io abbiamo in questo senso una formazione e un background comuni.
Io mi occupo di filosofia, filosofia della scienza, matematica e ho sempre indagato, attraverso il teatro, i modi in cui la contemporaneità esplora questi ambiti, dal punto di vista strutturale più che tematico. In tutti i campi della vita si parla di teoria della complessità, di rottura della linea logico-causale, ma il teatro sembra non aver registrato questo dato, o almeno sembra aver dimenticato che i suoi grandi autori, da Shakespeare a Beckett a Pinter, hanno sempre proposto una lettura della complessità umana tutt’altro che logica o lineare. Rafael ha fatto di questo il fulcro delle sue opere, addirittura su un piano formale».

Quali sono le caratteristiche di Bizarra che ti hanno affascinata tanto da tradurla e metterla in scena?
M.C.:«Ho messo in scena altre quattro opere di Spregelburd, tratte dall’Eptalogia. Mentre leggevo Bizarra, però, sentivo dei paralleli molto forti tra il mio Paese e l’Argentina descritta nell’opera. Parlo della crisi morale e sociale che si stava delineando in Italia e che, in Argentina, è esplosa con una violenza incredibile in concomitanza con la crisi economica. Parlo dello sfaldamento della società e del radicamento del pauperismo – inteso come mancanza di prospettive – che può essere, sì, conseguenza della povertà, ma soprattutto di una crisi culturale che porta l’individuo al solipsismo, a vivere la tragedia in quanto singolo. Anche dal punto di vista strettamente artistico sentivo fortemente l’isolamento e la mancanza di dialogo con gli stessi colleghi, poiché avevano chiuso il Rialtosantambrogio, l’Angelo Mai, i luoghi romani che permettevano fisicamente uno scambio reciproco. Sapevo che Bizarra era nata dalle stesse esigenze, nello stesso scenario difficile e claustrofobico fatto di divieti che rischiavano di riflettersi sull’aspetto creativo. Metterla in scena è stata una sfida, una rottura, un tentativo di apertura – invece di soggiacere a questa pressione».

Contaminazioni dialettali, lingue straniere: Bizarra è un’opera poliglotta. Quali criteri hanno determinato le tue scelte di traduzione?
M.C.: «Per la messa in scena di Bizarra, a Napoli, abbiamo presentato il testo in napoletano. Ogni attore ha riscritto la propria parte. È stato un gesto di libertà nonché un’operazione di tipo drammaturgico: la realizzazione di un adattamento al luogo. Gli inserti in lingua straniera – svedese e portoghese – erano presenti anche nell’originale. Tradurre Bizarra significa alternare la lingua poetica a registri volgari, a seconda delle situazioni rappresentate. Essendo però l’italiano una lingua letteraria, gli è propria un’insufficienza strutturale che non ci permette di rendere i diversi registri dell’argentino – un creolo e, come tale, un mix di tante lingue che ha preso qualcosa da ognuna. Per la pubblicazione utilizzerò, comunque, una traduzione molto più fedele all’originale, che non presenterà contaminazioni dialettali».

Quali sono le maggiori difficoltà che ha incontrato nella realizzazione di Bizarra?
M.N.: «Bizarra è un’opera impossibile da mettere in scena perché presenta difficoltà enormi, sia di natura economica che logistica. Come le abbiamo affrontate? Partendo dal presupposto che stavamo facendo qualcosa di impossibile e, dunque, tutto è diventato possibile. Siamo senz’altro degli economisti virtuosi: a Roma Bizarra è stata autoprodotta – per inciso, in perdita, ma meno di quanto sarebbe avvenuto se si fosse trattato del progetto di uno stabile. Questo perché investiamo tutto ciò che abbiamo in risorse umane: il lavoro delle persone è molto più prezioso di qualsiasi elemento scenografico o tecnico, e ne facciamo un punto d’onore del nostro progetto. Il resto ce lo inventiamo. Abbiamo avuto anche difficoltà enormi di tipo logistico e conviviamo, in quaranta, da oltre due mesi – eppure non è mai successo nulla di negativo: quasi fossimo immersi in una magia!».

Il cast di Roma non è lo stesso di Napoli. Perché?
M.C.: «Sarebbe stato impossibile trasferire a Roma le trenta persone di Napoli. Inoltre, il progetto romano è nato due anni prima e avevamo già preso contatti. Per l’allestimento del Festival di Napoli ho voluto un cast rigorosamente locale. Ma Bizarra è un’opera che non si sposta, sarebbe ingestibile da un punto di vista logistico».

Quanto costa realizzare un progetto come Bizarra?
M.C.
: «In cifre vive Bizarra costa 90.000 euro, tenendo presente che una parte degli artisti – collaboratori esterni, ospiti – non riceve una retribuzione. Nonostante la buona risposta del pubblico, siamo in negativo per 40000 euro, che è davvero poco. La filiera è questa: i tre produttori, Fattore K, Psicopompo – che sarei io – e Angelo Mai sono i soggetti esposti. I sostenitori alla produzione, Produzione Povera, Rialtosantambrogio, Spazio Zip-Semintesta di Frascati hanno reso possibile il progetto mettendo a disposizione la squadra tecnica, il direttore di produzione e le materie prime (proiettori e dispositivi vari). Infine c’è un coproduttore occulto, un privato. L’esborso complessivo per l’operazione è da considerarsi molto basso: se avessimo dovuto pagare i luoghi dove provare e andare in scena, tutte le risorse umane e gli elementi tecnici sarebbe costata almeno tre volte tanto. La vendita dei gadget ci dà una boccata d’ossigeno, eppure è stata molto criticata: siamo stati accusati di aver montato un’opera commerciale, ma non è ben chiara l’accezione del termine. Se volessi mettere in scena un’opera commerciale scriverei un monologo e lo porterei in tutta Italia, di certo non allestirei uno spettacolo con cinquanta artisti coinvolti e una durata di tre mesi, chiedendo al pubblico di venire tutte le settimane a teatro. Probabilmente l’autofinanziamento è considerato, da chi fa questo mestiere, non consono, come pure è stato detto della nostra campagna promozionale, veicolata attraverso canali di comunicazione non convenzionali. A mio avviso non esiste niente che non sia adatto a priori al mezzo teatrale, e Bizarra lo dimostra. Non si può mettere in scena un’opera del genere se non la si ama. Bizarra non è un lavoro, ma un viaggio d’innamoramento».

Lo spettacolo continua:
Angelo Mai

via delle Terme di Caracalla, 55a – Roma
da giovedì 13 a sabato 22 gennaio
orari: tutti i giorni ore 20.30
(durata 2 ore 15 circa senza intervallo)

Bizarra, una saga argentina
di Rafael Spregelburd
traduzione Manuela Cherubini
regia Manuela Cherubini, Giorgina Pilozzi, Fabio Cherstich, Flaminia Caroli
direzione artistica Manuela Cherubini, Giorgina Pilozzi, Giorgio Barberio Corsetti
produzione Fattore K, Angelo Mai, Psicopompo Teatro con il sostegno di Rialtosantambrogio, Semintesta – Spazio Zip, Produzionepovera, I Generali
scene, costumi, visione Francesco Esposito
direzione tecnica, disegno luci e video Igor Renzetti
trucco Sara Cotichelli
cast completo: Stefania Aluzzi, Mariano Arenella, Gaspare Balsamo, Raimondo Brandi, Valentina Bruscoli, Andrea Capaldi, Giorgio Carugno, Pepita Cianfoni, Paolo Civati, Sylvia De Fanti, Gian Marco Di Lecce, Alessandra Di Lernia, Mary Di Tommaso, Matías Endrek, Ferruccio Ferrante, Andrea Alessandro La Bozzetta, Andrea Martorano, Luisa Merloni, Paola Michelini, Orsetta Paolillo, Fabio Pappacena, Raffaella Pontarelli, David Power, Marco Quaglia, Laura Riccioli, Alessandro Riceci, Patrizia Romeo, Pamela Sabatini, Laura Sampedro, Simona Senzacqua, Giorgio Sorrentino, Serenella Tarsitano, a cui si uniscono: Francesca Ciocchetti, Cristian Gianmarini, Roberta Lena, Elettra Mallaby, Barbara Manzato e Antonio Puccia