Ambiguo è bello

teatro-argot-studio-romaAl Teatro Argot di Roma, fuori cartellone, va in scena lo spettacolo della compagnia Can Bagnato, una performance intrisa di ironia, con tutte le sfumature del dramma.

«MBE – Danza da camera. Spettacolo sospeso tra canti, sacralità e ironia, gestualità quotidiana e danza contemporanea» recitano le note di regia. Un lungo sottotitolo che risulta quanto mai pertinente.

Danza da camera, perché la scena, inizialmente dominata da un grande letto che emerge dall’oscurità, restituisce compiutamente il senso del contesto in cui si sta svolgendo la performance.

Gestualità quotidiana, perché questo focolare, vera e propria coperta di Linus caratterizzata da un surreale senso della prospettiva, partorisce quattro figure femminili consegnate a quel mondo esterno dove al riposo nel grembo materno si contrappone l’ordinarietà della vita di tutti i giorni. Si tratterà di pulire e mettere in ordine per Valeria Pediglieri (che, uscita per prima, è di conseguenza la più grande) o di provare a fare la sorella maggiore per Valentina Musolino (la secondogenita), magari giocando e prendendosi cura della spaurita e dolcissima ultima arrivata (Sara di Salvo), a sua volta dispettosamente infastidita dall’immancabile peste di turno (Emanuela Vitale).

Sospeso tra canti, sacralità e ironia, perché le sequenze risultano sempre ricche di sfumature e non solo quando le ritualità (la vestizione, l’attività ludica, il tarantismo, la morte) sono palesi e i contrasti toccano punte di estrema ma appartente drammaticità (quando si è piccoli il gioco è un affare tremendamente serio, ma tale rimane).

Danza contemporanea, infine, perché quelle che si alternano sul palco sono scene libere dalla rigida coerenza imposta dal dover rispettare un approccio stilistico o un canovaccio narrativo (come se, concretamente, potesse esisterne uno capace di indirizzare la vita e darle un senso).

Tra le quattro protagoniste si assiste, dunque, all’instaurarsi di dinamiche svincolate dalla necessità, ma comunque ancorate a una nuova concretezza in cui esse si trovano ad essere: la vita. Cessata l’illusoria beatitudine del letto, cantata in tutte le lingue del mondo la festa della nascita, vissuto il doloroso momento dell’incontro con gli altri, quello che resta è il suono ricorrente di una figura retorica, l’onomatopeico mbe che dà il titolo alla serata. Un suono semplice da riprodurre, una percezione acustico-sensoriale immediata da capire, ma impossibile da spiegare nei suoi variegati effetti di richiamo all’ordine, sdrammatizzazione, scherzo, saluto.

MBE è, allora, un modo per affrontare l’esistenza, mettendo un punto e a capo alla frenesia che cerca di avvolgerci quando si ha la tendenza a prendersi troppo sul serio.

Due dimensioni, quella (manifesta) comica e quella (latente) drammatica, il cui incrociarsi tanto «scomposto, disordinato ed esplosivo», quanto «armonico ed organizzato» rende forse contraddittorio scegliere da che parte collocare MBE, ovvero arduo decidere se trovare una scena divertente o triste, ma che rappresenta la cifra di una performance che, prima ancora che di arte, sta parlando a noi, invitadoci a lasciare ogni nido, con leggerezza, curiosità e senza alcun timore.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Argot

via Natale del Grande, 27 – Roma (Trastevere)

Spettacolo vincitore del bando Contemporanea Aniene Pop Festival Under 35 (Settimo Cielo)
MBE – Danza da camera
Spettacolo sospeso tra canti, sacralità e ironia, gestualità quotidiana e danza contemporanea.
regia e coreografia Eugenio Di Vito
con Sara Di Salvo, Valeria Pediglieri, Emanuela Vitale, Valentina Musolino
supervisione teatrale Emanuele Avallone