Leve calcistiche

tertulliano-teatro-milano-80x80Giuseppe Scordio porta in scena al teatro Tertulliano un racconto autobiografico in cui usa il calcio come metafora della vita

L’ossimoro è nella scheda dello spettacolo: nel titolo compare la Juventus, mentre dietro le quinte c’è Gianfelice Facchetti, autore del testo e della regia. Superato questo momento, Mi voleva la Juve, prodotto dalla compagnia Tertulliano e portato in scena presso l’omonimo teatro (fino al 22 novembre), è di un realismo disarmante. Le case popolari, gli stenti di chi le abita, il calcio che finisce per creare un bivio di fronte alla vita di ogni ragazzo: da una parte la carriera sportiva, dall’altra una via costellata dalla droga e dalle cattive amicizie. Tutto talmente aderente alla realtà da essere vero.

Giuseppe Scordio, unico attore sulla scena, cresce negli anni Settanta al quartiere Stadera, un dormitorio creato a sud di Milano in epoca fascista, in principio occupato quasi interamente da operai. Protagonista nello spettacolo di una storia realmente vissuta: sei fratelli, una mamma lasciata sola a crescerli, i pomeriggi trascorsi in strada. «Il calcio è una metafora della vita», diceva Jean-Paul Sartre. Impossibile dargli torto. Da una parte una famiglia numerosa, in cui il bambino prova a ritagliarsi il proprio posto. Dall’altra la strada, una specie di “west” in cui c’è poco tempo per scegliere da che parte stare. Unica via di fuga è il campo di calcio del quartiere, su cui far correre i sogni fino a cadere con la faccia nella polvere. Giuseppe sembra in grado di imboccare la retta via. Gioca nella squadretta dell’oratorio, “La Rossa”, e partita dopo partita si fa notare da diversi osservatori. A 14 anni la Juventus lo chiama per un provino. Sembra essere andato bene, ma tre mesi dopo nessun s’è più fatto sentire. La gloria è rimandata.

Allo Stadera, nel frattempo, la vita si fa sempre più difficile. La purezza del gioco svanisce e la strada si porta via i compagni di una vita. Un fratello di Giuseppe finisce nel tunnel: droga e spaccio. Lo picchiano prima e arrestano poi. Nessuna redenzione: a 21 anni lo ritrovano impiccato a un cancello. C’è da fare i conti con la vita, che costringe l’adolescente a rinunciare al calcio. Amen: altro che prato verde e scarpette bullonate. Questa è la storia di Giuseppe Scordio, oggi raccontata dal palco, l’unico luogo in cui nel tempo ha trovato forza e riparo. Partendo da un calcio al pallone, che più di qualsiasi altro gesto è in grado di disegnare la nostra esistenza.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Spazio Tertulliano
Via Tertulliano 70, Milano
dall’11 al 22 novembre 2015

Mi voleva la Juve
con Giuseppe Scordio
testo e regia Gianfelice Facchetti
produzione Compagnia Artistica Tertulliano