Niente di più, niente di meno

Teli bianchi con immagini proiettate e musica di violino. Così inizia lo spettacolo – che più propriamente potremmo definire corso monografico – messo in scena da Sgarbi su Michelangelo al teatro Olimpico di Roma.

Accompagnando lo spettatore in un viaggio spirituale, lo studioso esordisce leggendo alcuni versi dell’ultimo canto del Paradiso per rimarcare come la dimensione del pensiero sia il fondamento di ogni creazione del genio aretino. La Pietà Vaticana – prima opera presa in esame – sembra trasporre in materia alcune terzine dantesche: una Madonna senza angoscia, sottratta al tempo, che sorregge il corpo del figlio – anch’esso privo di dolore – in una dimensione imperturbabile, quella di «una Vergine e Madre, umile e alta più che creatura», pensata e resa pura da Dio. La perfezione michelangiolesca vuole proprio dimostrare che Dio esiste. Non può essere altrimenti, Sgarbi ne è convinto. E cerca di convincere anche chi lo ascolta. Poi, però, si perde.

È questo infatti il momento di una lunga digressione sulle religioni – della quale avremmo fatto volentieri a meno – per rimarcare come il Cristianesimo abbia espresso, meglio di ogni altro culto, le più grandi e alte forme di Bellezza e come da esso sia nata la progredita civiltà occidentale. Si sa, Sgarbi è Sgarbi e non lo sarebbe se non si concedesse particolari licenze poetiche, qui non particolarmente colorite, ma talvolta volutamente forzate: battute neanche troppo originali su musulmani e buddhisti, aneddoti sul Dalai Lama, sul papa, che se da una parte ravvivano l’attenzione e godono del plauso del pubblico, dall’altra lasciano affiorare una sorta di pentimento per essere presenti.

Fortunatamente riappare il violino e si torna a Michelangelo. La scultura del genio toscano viene ora messa a confronto con il Compianto sul Cristo morto del semisconosciuto Niccolò dell’Arca, espressione tangibile di un dolore vivo, che necessita di una mediazione per essere spiegato e abbracciato, e che trova il suo superamento solo in Dio. Se l’uomo rinascimentale ha certezze e riconosce le cause del proprio patire, quello contemporaneo non ha riferimenti. Il salto temporale è netto, e Sgarbi porta lo spettatore a tuffarsi nelle onde pittoriche dell’Urlo di Munch, espressione dell’angoscia dell’uomo di oggi che non crede a Dio e ricorre alla psicoanalisi per risalire alle cause introvabili del suo malessere. È la volta, ora, di due parole su Asia Argento, che ha impiegato venti anni per riconoscere il suo dolore dopo lo stupro del produttore Harvey Weinstein, e di una breve e semplicistica visione della figura del terapeuta come mangia soldi. L’analisi delle opere prosegue col David, il Mosè, la Cappella Sistina, la Cappella Paolina e l’ultima produzione scultorea con le Pietà Bandini e Rondanini. Adesso si fa più corposa la carrellata dei confronti con altri capolavori più o meno coevi e il fenomeno artistico dei precedenti e delle derivazioni viene spiegato in maniera esemplare.

Se Botticelli e Masaccio sono dei fari che illuminano le scelte cromatiche e spaziali di Michelangelo, Rosso Fiorentino e Pontormo, pur guardando all’opera del Buonarroti, diventano espressione di una maniera alternativa di far pittura, nella quale i personaggi assumono sembianze caricaturali, talvolta esasperate. Vengono così citate drag queen, Vladimir Luxuria e persino la ex-ministra Fornero, tanto che Sgarbi risulta quasi prevedibile.
Dopo due ore e quaranta di riflessioni e flash back è ancora intatta la grande dote comunicativa e oratoria del famoso critico, che attraverso giochi vocali e inasprimenti timbrici sembra voler convincere lo spettatore a uscire da sé per assumere e far proprio il punto di vista dell’altro. Da bravo e attento studioso quale Sgarbi è, la speranza era quella di uscire da teatro con qualche notizia inedita o interessanti ipotesi sul genio michelangiolesco, poiché se è vero che la divulgazione dell’arte permette una sempre maggiore fruibilità della stessa, è altrettanto vero che gli addetti ai lavori preferirebbero non vedersi propinare le classiche questioni. Non aggiunge e non toglie niente al Michelangelo a cui siamo abituati.

Lo spettacolo continua:
Teatro Olimpico
Piazza Gentile da Fabriano 17 – Roma
dal 15 al 18 marzo 2018
da giovedì a sabato ore 21.00
domenica ore 18.00

Michelangelo
di e con Vittorio Sgarbi
musiche composte ed eseguite dal vivo da Valentino Corvino (Violino, viola, oud, elettronica)
video ed elaborazioni visive di Tommaso Arosio