Ritratti d’autore

In occasione del debutto a Bologna de Le Buone Maniere – I fatti della Uno bianca, testo scritto da Michele Di Vito, abbiamo fatto qualche domanda a Michele Di Giacomo, regista e unico interprete dello spettacolo.

Ci racconta un po’ di lei? Chi è Michele Di Giacomo?
Michele Di Giacomo
: «Sono un attore, nato e cresciuto in Romagna a Cesena, trasferito a 19 anni a Milano per studiare teatro e dopo più di 10 anni ancora a Milano.
La prima volta su un palcoscenico è stata a 9 anni, in una operetta parrocchiale, dove cantavo e recitavo nei panni di un burbero sparviero, con addosso una pelle di pecora. Ricordo che alla prima avevo 39 di febbre e stavo a stento in piedi, ma costrinsi mia madre ad andare comunque in scena. Non è cambiato molto, pelle di pecora a parte.
Anche ora che ne ho trenta di anni, c’è quella stessa necessità della scena, quella fame di teatro, con più consapevolezza, con più impegno, con più coscienza di cosa significhi oggi fare teatro.
Dopo essermi formato in Paolo Grassi ho incontrato il maestro Massimo Castri.
Sono rimasto con lui 6 anni, tra formazioni, (Corsi di alta Formazione Ert) e produzioni, anni importanti, in cui ho imparato il rigore, la tecnica, la serietà e allo stesso tempo il gusto del gioco teatrale. Una palestra unica.
Dopo anni di teatro da attore ho deciso di passare dall’altra parte.
O meglio, passarci in parte, perché il palcoscenico è come una calamita da cui non riesco a staccarmi.
Così sono iniziate le regie, le drammaturgie ed i progetti della Compagnia Alchemico Tre».

Le buone maniere, i fatti della uno bianca è uno spettacolo che racconta una versione degli avvenimenti della vicenda della Uno bianca, triste pagina della nostra storia recente. Perché la voglia di parlare di questo?
MDG: «Le Buone Maniere è uno spettacolo di teatro. Noi non diamo versioni e men che meno soluzioni, non ci permetteremo mai. Ricordiamo i fatti raccontando una storia. Senza volere fare giornalismo. Di questa vicenda se ne è parlato poco.

Le vicende della Uno Bianca hanno devastato la mia terra, l’Emilia Romagna, provocando lutto e dolore. A 20 anni di distanza c’è un velo che continua a coprire questi fatti, un velo forse dovuto alla sofferenza, al non voler ricordare una ferita che non si è mai rimarginata, un fatto di cronaca nera assurdo, dove i protagonisti non sono criminali da fiction “belli e dannati” ma tre fratelli di provincia: un carrozziere fallito e due agenti di polizia.
Ma le generazioni dei trentenni sanno poco di questa storia. È una storia, per quanto dolorosa, unica nel suo genere in Italia e ancora non affrontata in ambito teatrale.
Io e l’autore, Michele Di Vito abbiamo voluto parlarne, riflettendo sull’assurdità delle motivazioni semplicistiche che hanno causato tutto quel dolore.
Non si parla di crimine organizzato, di malavita, non c’è nulla di affascinante in questa vicenda, c’è solo la banalità del male. Romagnoli arrabbiati, che decidono per rivalsa, per bisogno di denaro, per odio di fare rapine.
Ma poi le rapine aumentano, gli anni passano e i morti si accumulano, senza un vero perché. In quegli anni i Savi si arrogano il diritto di vita e di morte spezzando vite di intere famiglie e facendo piangere una terra. E questo ci sembra abbastanza per raccontarlo in maniera onesta col nostro modo di fare teatro».

La prossima tappa sarà Bologna, una delle province più segnate dalla vicenda. Perché uno spettatore dovrebbe venire a sentire le confessioni di Fabio Savi?
MDG: «Savi in questo spettacolo è costretto dalla sua coscienza, un giovane alterego, a ricordare quello che ha fatto.
Il ricordare di Savi diventa il nostro ricordare. Non inventiamo confessioni. Abbiamo utilizzato quello che è riportato e documentato nelle interviste. Nella cella rivive gli anni in cui decise assieme ai fratelli di iniziare le rapine, rivive la rabbia, il primo colpo e poi il delirio di onnipotenza di quei sette anni. Ma quel delirio gli si ritorce contro.
La sua coscienza, che diventa poi anche la nostra e la mia, mia di Michele, lo inchioda alla cruda realtà, a quel dolore, a quelle morti. Non ci sono ragioni, non ci sono soluzioni. Le domande del ragazzo, i suoi perché sono anche i nostri. Cosa è scattato nella testa di questi uomini? Come sono arrivati a uccidere anche quando non ce ne era bisogno? Questo cerchiamo di capire. Vedere questo spettacolo è riflettere sull’animo umano. Vedere questo spettacolo è ricordare quei fatti e il dolore che hanno lasciato».

Come si è preparato per questo ruolo? Com’è calarsi nei panni di un assassino? Ci racconta qualche aneddoto?
MDG: «Ho visto tutti i filmati che ho potuto. Ho raccolto testimonianze di chi li ha incontrati nei processi, ho guardato i pezzi dei telegiornali dell’epoca. Fabio è quello che ha lasciato più testimonianze, interviste, che si è esposto di più e su cui c’era più materiale.
Poi ho messo le mani nella mia terra, in quella Romagna dei bar, quella che commenta arrabbiata i politici. Quella sanguigna della campagna.
E alla fine ho ricreato un mio Savi, in base alle parole di Michele Di Vito e alla storia che volevamo raccontare.
Per fortuna interpreto anche la coscienza nelle vesti del ragazzo, il che mi aiuta a prenderne un distacco, a vedere con altri occhi, con i nostri occhi le sue scelleratezze.
In entrambi i ruoli è forte il coinvolgimento emotivo, ma la regia che ho voluto alla fine disgrega i ruoli, disgrega la finzione della scena e della cella, per arrivare al pubblico nel modo più semplice e onesto.»

Guardando al futuro, quali sono i prossimi progetti?
MDG: «A gennaio e febbraio porterò ancora in giro In Trincea, il primo spettacolo che ho scritto e diretto, realizzato grazie al sostegno di Ert, e prodotto dalla mia compagnia Alchemico Tre.
Un lavoro a cui tengo molto perchè pensato anche per i ragazzi, per le nuove generazioni; parla di tre soldati intrappolati in una trincea irreale, fuori dal tempo e dallo spazio. Anche in quel caso sono partito da vere testimonianze, lettere e diari, per poi farne una storia nuova. Poi uno spettacolo solo da attore L’Inquilino del terzo piano tratto dal romanzo di Topor, diretto da Claudio Autelli in coproduzione con il Napoli Teatro Festival, che sarà in scena a Milano ad aprile al Teatro Litta.
E poi tanti altri progetto in Emilia Romagna con Alchemico Tre.

Ma ora ci concentriamo su Bologna».

Lo spettacolo continua
Teatro delle Moline

Via delle Moline, 1/b – 40126 Bologna
Orari: giorni feriali ore 20.30 – sabato ore 20.00 – domenica ore 16.30

Le Buone Maniere – I fatti della Uno bianca
testo di Michele Di Vito
regia Michele Di Giacomo
con Michele Di Giacomo
scene e costumi Roberta Cocchi e Riccardo Canali
luci e responsabile tecnico Riccardo Canali
suono Fulvio Vanacore
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione