Nemici

A Sansepolcro inizio di settimana con l’anteprima nazionale di Monopolista di Quotidiana.com, le acrobazie di Fekat Circus, la musica di “Mac” Petricich e la performance di Zaches Teatro.

La giornata di lunedì 17 luglio a Sansepolcro si apre con Zaches Teatro, che presenta Adoratori di feticci, mostra realizzata in occasione dei dieci anni di attività della Compagnia. Un piccolo viaggio in cui i suoni e i personaggi inquietanti dei loro spettacoli accompagnano il percorso nel tempo e l’incontro con le maschere utilizzate nei loro lavori.
La fata turchina (da Pinocchio) è apparizione lontana e guida inquietante mentre si entra e si attraversa un campo di grano su cui aleggia la nebbia. Se il grano è il simbolo della ciclicità della vita, del susseguirsi di nascita e morte, le maschere esposte sono creature che abitano il regno intermedio di ciò che permane, oltre il tempo e lo spazio, il regno delle idee distorte, dei sogni e degl’incubi, del lato oscuro e contorto, inconscio e sepolto.
Le poche parole che si ascoltano durante la visione del minotauro, ci mettono in guardia e insinuano il sospetto dentro di noi, ponendo l’uomo stesso in uno stato ambiguo: non siamo che ricordi, siamo già passati, noi umani che ci crediamo demiurghi e invece non siamo altro che il ricordo di un altro.
In una frase si condensa il senso del nostro passaggio: io sono il mio nemico – tu sei il tuo nemico.

Alle ore 18.00, il secondo appuntamento con Time after time, progetto musicale all’interno di Kilowatt Festival che, sulla scorta dell’omonimo libro di Enzo Gentile (presentato domenica 16), continua l’esplorazione degli ultimi cinquant’anni di storia della musica con l’aiuto di alcuni protagonisti del panorama musicale italiano. Lunedì è stata la volta di Cesare “Mac” Petricich, chitarrista dei Negrita, di presentare attraverso un dj set gli anni 90 del grunge, dopo averne ripercorso in una breve chiacchierata introduttiva la storia, il legame con gli anni 70, il Punk, l’Hard Rock, con il tempo anche per qualche considerazione sull’attuale fruizione musicale (non più collettiva, come a inizio anni 90 ma individuale, in cuffia) e sul mercato discografico.

Alle 20.15, in prima nazionale, Monopolista di Quotidiana.com. Lo schema che dà struttura allo spettacolo (abbellito e infiorettato da divagazioni – a volte neanche troppo pregnanti) è una partita di Monopoli. La teoria sostenuta è che il Monopoli è un scuola di vita: ciò che conta sono i soldi, per fare soldi sono necessarie le tre “s”: sfida, spietatezza, scaltrezza. Occorre essere spietati e senza scrupoli. La domanda che rimane da porre è: che cosa resta di una mediocre, infruttuosa onestà in questo panorama?
Se da un lato è curioso ricordare come il Monopoli fosse stato inventato nei primi del Novecento da Elizabeth Magie proprio per evidenziare quanto la proprietà terriera non tassata potesse creare infelicità e fallimento in chi si trova a perdere al gioco della vita (ed è curioso scoprire che nella storia della fortuna del gioco si nasconda una di quelle vicende – non così rare nella storia delle grandi invenzioni da Facebook ad Apple – di scaltrezza e sopraffazione in cui vince il più furbo e non chi ha l’idea), il successo del gioco e il suo simboleggiare un paradigma del nostro tempo è forse un paradossale scherzo del destino.
Anche se inteso come efficace educatore all’etica capitalistica, Monopoli ha il grande pregio di essere per l’appunto un gioco: una formazione alla vita con una grande chiarezza su ciò che rappresenta. Chi non rispetta le regole e non si attiene allo spirito del gioco dovrebbe astenersi (per non perdere). Sotto questo punto di vista è un salvavita. Incarna un’etica, possiede dei valori, per quanto discutibili. È un allenamento all’esistenza quotidiana. Quando però entra in contatto con la vita reale, lo schema del gioco si frantuma. Entrano in causa altri valori, quali disonestà e crimine. Con la presenza di altre esistenze, altre realtà e problemi, lo schema cristallino del gioco si opacizza e si sporca, e la sua etica è messa in discussione a causa della scomoda presenza dell’altro.
Lo spettacolo sembra trattare una questione grave: perché non si è diventati ricchi, e che ne è della vita condotta in infruttuosa onestà? I toni con cui è trattato l’argomento lasciano ambiguità sul senso della domanda. Che cosa su mette realmente in discussione? L’ingiustizia del sistema e la sua morale; o la domanda è solo un segno di protesta, l’espressione della rabbia per la propria condizione?
Aldilà della messinscena essenziale e dello stile attorale intrigante che caratterizza la Compagnia, dal punto di vista teorico lo spettacolo non risponde ad alcune domande fondamentali. Prima di tutto, chi sono i monopolisti? In modo molto generico sono “quelli con i soldi”, e sembrano essere statunitensi e cinesi (negli imprevisti che cambiano la lingua al gioco), ma nello specifico? Sono forse i proprietari di multinazionali invischiati nelle guerriglie sanguinarie in America Latina? Sono forse i trafficanti di armi? Sono coloro che brevettano le sementi? È il sistema bancario nazionale e internazionale? L’alta finanza? Chi? E a chi fanno danno? In modo superficiale si accenna alle vite reali che si conducono nelle strade rappresentate nel gioco, e lo spettacolo si chiude domandando in che modo muoia chi perde. Le vittime dei monopolisti sono tante, ma occorre individuare chi è il carnefice per capire la vittima corrispondente. Chiaramente il problema è talmente vasto e complesso da superare ampiamente i limiti di spazio di una recensione.
Lo spettacolo non offre grandi riflessioni. Qual è il problema aldilà della simpatica metafora monopoli-monopolista-capitalista? La sensazione è che non basti la trovata, l’intuizione dell’analogia e della connessione fra idee. Il problema è di una complessità a cui lo spettacolo non sembra rispondere adeguatamente. Quest’ultimo infatti si muove sulla superficie, senza addentare mai veramente alcun lato della questione; gli scherzosi slittamenti linguistici non sono che lazzi surreali, estemporanei – pochi sono efficaci come porte per scavare sotto la superficie e mettere in luce i problemi. Si va poco oltre il luogo comune che i soldi sono importanti e che fare soldi sia un obiettivo fondamentale della vita. Tutto ciò è ripetuto spesso – non abbastanza da farlo diventare un mantra, ma comunque decisamente troppo. In questo caso la ripetizione non trasforma il luogo comune in riflessione.

La nostra serata si conclude alle ore 22 con il circo di Fekat Circus e il loro Be-on. Momento di gioiosa condivisione di una pratica, dell’allegria dell’incontro, della condivisione e del cimento.
Una Compagnia che viene da lontano, dall’Etiopia, quella di Fekat Circus, la cui presenza al Festival conferma la centralità che ha la tematica dell’incontro con l’altro, il grande valore dello scambio, la relazione con realtà lontane.

Gli spettacoli sono andati in scena nell’ambito di Kilowatt Festival 2017
Sansepolcro, varie location

lunedì 17 luglio
ore 17.30
Ex Scuola Luca Pacioli
Zaches Teatro presenta:
Wunderkammer 10. Adoratori di feticci / Reperto 2
(danza)

ore 18.00
Palazzo delle Laudi
Cesare “Mac” Petricich (Negrita):
90 e non sentirli: parole e suoni dal decennio del Grunge

ore 20.30
Auditorium Santa Chiara
Quotidiana.com presenta:
Monopolista
drammaturgia, interpretazione e regia Roberto Scappin e Paola Vannoni
co-produzione Orizzonti Festival, Kronoteatro
con il sostegno di Regione Emilia Romagna
(teatro – anteprima nazionale)

ore 22.05
piazza Torre di Berta
Fekat Circus (ETH) in:
Be-on
regia e drammaturgia Clio Abbate
coordinamento scenico e preparazione Dereje Dange
cast Solomon Balcha Yani, Gashaw Woldemichael Lemma, Shewaye Demeke Tarekegn, Aziza Kedir Redi
responsabile tecnico Andrea Bondi
scenotecnica Di Fronzo Design and Manufactoring
(circo)