Preferire l’opposizione

Dalla penna di Melville alla rilettura personale. In scena al Teatro Studio Uno, direttamente dal 1853, PEN, una rivisitazione del racconto Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street.

«Qualcosa su Bartleby dovevo pur farla». Questo è ciò che dichiara l’attore Antonio Sinisi, che assieme al musicista Cristiano Urbani, ha portato in scena una delle creature più particolari del mondo letterario di Melville.

Lo stesso Sinisim raccontandodi questo esperimento con Urbani, lo descrive come un pensiero partorito dopo numerose riflessioni. L’enigmatico Bartebly aveva bisogno di una voce, di un corpo e di una musica, «il suono è stata la chiave per entrare, teatralmente parlando, nel testo, nelle parole, che poi si trasformano in suoni e ritornelli», e da qui il sodalizio artistico. Il duo riesce perfettamente, accompagna il pubblico dentro al testo, fa prender vita alla storia di Bartebly e della sua grigia Wall Street. Abbiamo realmente davanti gli occhi il mondo dello scrivano, l’ufficio, i personaggi, tutto prende forma per mezzo soltanto di voce e chitarra, di timbro, cadenza e acustica.
Con humor e leggerezza entriamo nei meccanismi più sottili che lo stesso Melville ci propose in modo «violentemente comico», per usare le parole di Gilles Deleuze.
Bartebly è un personaggio complesso, di una complessità che strappa sorrisi e tenerezze. La sua introversione incuriosisce gli spettatori, così come la voce narrante del racconto, quela dell’avvocato capo ufficio di Bartebly che ha degli scrivani attorno a se, ognuno con caratteristiche in risalto, ma è comunque sempre in grado di sostenere la situazione, mai turbato nella sua giostra grigia di quotidianità e monotonia.
Anche Bartebly è grigio e spento, chiuso in ciò che evidentemente è l’unica cosa che gli rimane, cioè la scrittura, ma è singolare, unico, misterioso. È un personaggio immobile la cui immobilità crea scompiglio e le varie voci alternate con fomento e coinvolgimento da parte di Antonio, assieme alla composta presenza e agli accordi e alle distorsioni di Cristiano, creano una combo che mostra il senso, anch’esso difficilmente decifrabile, del romanzo. Tutto è fortemente inesplicabile, ma qualche arcano sensore ci fa cogliere e avvicinare alla difficoltà dello scriba che è ostinato, perentorio, non difficile (come dice di se stesso), ma comunque enigmatico.
La frase costante che gli si accolla come un’etichetta: «Preferirei di no» è lo slogan vero e proprio, il movente di ciò che è negazione e crea una stasi, un fermo (eh, sì, perché è contraddittoriamente vera l’essenza di Bartebly, alienato e ribelle), in quella frase si concentra l’apparente irragionevolezza dell’assurdo. Tanta perentoria opposizione è dissacrante, «lavora sul vuoto, sul nulla, sulla solitudine, sugli enigmi irrisolti, insomma è iper-realista. Guardare il mondo dal punto di vista di Bartleby ci permette di valorizzare nuove visuali e nuovi possibili ascolti».
Uno spettacolo che mira alla sensibilizzazione dell’ascolto, quindi, che mostra malinconia, solitudine, personali drammi e nel contempo spirito di opposizione, visione controcorrente, rifiuto assoluto, non adattamento allo schema solito. Il tutto gestito senza grandi manifestazioni di dissenso, anzi è proprio la pacatezza composta, il rifiuto per nulla esasperato di Bartebly che incuriosisce, infastidisce, provoca e quindi smuove.
Il finale? Sospeso. Come le interpretazioni sullo scrivano più eccentrico e meno strano della letteratura.
Fra una lettura ritmata, una battuta col pubblico, una concentrazione sul ruolo della voce e lo spessore del suono, i due artisti si congedano dallo spettacolo così come lo hanno inaugurato, con ironia improvvisata.
Vi lascerete felicemente trasportare dalla complicità sperimentale del duo e avete tempo fino a oggi. Non perdetevi il dramma di Bartebly, il dramma che è anche la rivincita della bellezza dell’inspiegabile.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Studio Uno

Via Carlo della Rocca, 6
dal 20 al 23, ore 21
domenica ore 18

Pen – una performance vocecorpomusica mai scritta
da Cristiano Urbani e Antonio Sinisi