«Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti»

L’affresco di due umanità speciali della sezione femminile del carcere di Civitavecchia. Su questo essenziale canovaccio si snoda questo semplice e profondissimo spettacolo, inserito all’interno della XX edizione di La Scena Sensibile, la rassegna del Teatro Argot di Roma a cura di Serena Grandicelli.

Un’unica interprete, Laura Riccioli (che ha scritto, diretto e intepretato il testo) per due personaggi, la discente Espedita Pepe e l’insegnante Vita.  Vicine ma lontane per il modo di vivere un ambiente di reclusione (costretta la prima, per mestiere la seconda), in Pepe e Vita non ritroviamo solamente la testimonianza di uno straordinario percorso pedagogico condotto con donne tutt’altro che semplici da gestire.

Infatti, accanto alla creazione di un reale momento di condivisione e formazione – fatto di elementi primordiali e ancestrali come il ritmo e la musica – sono evidenti intuizioni drammaturgiche di assoluto valore e su cui lavorare per far crescere uno spettacolo già interessante e a tratti incantevole.

Ne citiamo due su tutte. La prima è il classico espediente teatrale del doppio messo in atto attraverso laceranti conversazioni a una sola voce che, accanto al monologo di Espedita, esprimono di lei l’assordante e silente tragedia interiore. Una doppiezza annunciata fin dall’introduzione con il racconto di quel passaggio attraverso porte e cancelli che simboleggia il senso di trasformazione e immersione in un mondo alieno e diversamente vissuto da entrambe le protagoniste.

La seconda svela potenti echi shakespeariani e si palesa, invece, nella costruzione di due personalità in grado di creare mondi reali attraverso il potere dell’arte. Una condizione e una attività, quella di demiurga, che Laura Riccioli svolge realmente e non solo teatralmente, quasi a ribadire ulteriormente il parallelismo con il Prospero de La tempesta

È, dunque, labile il confine tra l’operazione artistica e la testimonianza civile, perché mai come in un caso come questo la forma artistica si pone a protezione di un contenuto sociale e demolisce definitivamente, qualora ce ne fosse ancora bisogno, l’ipocrita principio dell’arte per l’arte.

Proprio per questo motivo scegliamo di concludere, parlando della vera e assoluta protagonista della serata: la Casa Circondariale di Civitavecchia, struttura penitenziaria intitolata a Giuseppe Passerini, agente morto nel 1974 nel tentativo di sventare l’evasione di un detenuto, e caratterizzata da quasi tutti i mali endemici delle carceri italiane: sovraffollamento, carenza di polizia penitenziaria, sperequazione tra presenza di stranieri e di mediatori culturali.

E, condividendo l’accusa forte e chiara che lo spettacolo pone nei confronti della natura opaca e non pubblica del carcere, a essa ci riferiamo non in termini di istituzione quanto in quelli di contesto in cui – a torto o a ragione – esseri umani possono trovarsi a vivere, come nel caso delle numerose donne (in gran parte non comunitarie) che la popolano, spesso sfruttate come corrieri della droga e, dunque, a pieno titolo vittime ideologiche dell’opulento e moralistico occidente.

Una situazione drammatica e aggravata dal mancato inquadramento nel personale dell’amministrazione della casa di reclusione di tutti quei soggetti che operano a livello culturale, tra le quali troviamo proprio l’Associazione Sangue Giusto che da anni cerca di «divulgare la conoscenza e l’esercizio del teatro, del canto, della danza e delle arti visive come mezzi di recupero sociale», e di cui abbiamo ammirato questo Pepe, spettacolo «ispirato al lavoro di docenza nelle carceri svolto dalla Associazione» e «frutto degli incontri avvenuti durante sei anni di insegnamento di teatro e pittura nel carcere», .

Una attività artistica e di impegno sociale da sostenere, nonostante la miopia che coinvolge una politica che sa solo tagliare (male) e una società civile sensibile solo quando vengono toccati i propri diretti interessi.

Un lungimirante progetto che deve continuare a ogni costo.

Lo spettacolo è andato in scena all’interno di Scena Sensibile:
Teatro Argot

via Natale del Grande, 27 – Roma (Trastevere)
sabato 21 marzo, ore 21.00

Pepe
scritto e interpretato da Laura Riccioli
supervisione alla messa in scena Alberto Bellandi, Sarah Sammartino
fonica Massimo Cicchinelli