La ricerca oltre lo spettacolo?

teatri-pistoiaAl Piccolo Teatro Mauro Bolognini, Perdere la faccia, secondo appuntamento con la rassegna Teatri di Confine promossa da Fondazione Toscana Spettacolo e Associazione Teatrale Pistoiese.

È un ingranaggio semplice quello che inaugura la rassegna sul palco del Piccolo Teatro di Pistoia. Essenziale la trama (se così si può chiamare) e praticamente assente la componente scenografica, composta da pochissimi elementi: un bigliettino presente più che altro nelle intenzioni dei protagonisti, diversi strumenti da festa di compleanno distribuiti agli spettatori, tre attori, una musica/voce fuori campo e il pubblico, ovviamente, parte attiva a pieno titolo della e nella messa in scena. Perfetto anche il montaggio di Gianni Farina, storico regista della compagnia, per l’occasione sostituito degnamente da un Daniele Ciprì a suo agio nel portare il proprio contributo di grottesca visionarietà. Il termine montaggio (utilizzato anche nelle note di regia) potrebbe trarre in inganno, ma la commistione tra cinema (il sedicente cortometraggio di cui si attende la proiezione) e performance teatrale lo rende più indicato di impianto drammaturgico, in particolar modo per il sapiente gioco di incastri dei piani di recitazione con cui le sequenze sceniche vengono sviluppate e sovrapposte dal punto di vista narrativo (sempre, se così si può chiamare).

Lo spettacolo – che, nella sua esemplare semplicità, rappresenta una riuscita testimonianza di complicatio della molteplicità artistica nell’unità drammaturgica – riesce a proporre un modello capace di affrontare in profondità la questione fondamentale delle forme del teatro e del cinema: quella visiva, pertanto legata non tanto al racconto, quanto alla verità di cui stiamo assistendo.
Preferendo non svelare le dinamiche in sala, il clima della serata può essere raccontato attraverso le affermazioni paradossali con cui Alessandro Miele («in realtà non abbiamo molto da dire», «è un’occasione irripetibile») effettua un sorprendente ribaltamento della celebre legge di Leibniz sull’identità degli indiscernibili (formulazione nella logica formale del principio – ontologico et gnoseologico – di ragione  sufficiente, secondo il quale l’esistenza sarebbe possibile solo nella differenza qualitativa e non numerica) e le contorte frasi di un bigliettino letto da Consuelo Battiston per spiegare «l’origine del nostro progetto». Affermazioni e frasi che, mescolando parole come «confessione e bugia», rompono – di fatto – il patto comunicativo sul quale si regge la dimensione dell’intersoggettività («ciò che si è non lo si può esprimere appunto perché lo si è. Non si può comunicare se non ciò che non siamo») e spezzano la possibilità stessa che possa effettivamente compiersi quella fusione di orizzonti che caratterizza la comprensione. Una distanza tra palco e platea, tra finzione e realtà, resa incolmabile nonostante le incursioni tragicamente comiche e consolatorie – attraverso la quarta parete – del personaggio senza nome interpretato da Rita Felicetti.
Dal punto di vista scenico, la realtà disforica rappresentata dai Menoventi funziona a meraviglia: i tempi di recitazione e lo stacco di registro, ormai ben collaudati, riescono ad accompagnare – e a lasciare – il pubblico in quel percorso bipolare dall’euforico al drammatico al cui interno Alessandro cadrà vittima dell’incontro/scontro con la concretezza di Rita, mentre Consuelo, crudele nella sua dolcezza, sarà infelice superstite della propria stessa determinazione. L’unica perplessità della serata potrebbe essere riscontrata nell’immediatezza con cui il meccanismo e la sua direzione – in assenza di colpi di scena – vengono scoperti e che, attraverso questo spettacolo basato su un equivoco di fondo (la confusione tra verità e menzogna, tra spontaneità e convenzionalità) sembra infine domandarci: qual è il posizionamento della nostra identità formale – la faccia, pirandelliana “maschera” – all’interno di queste estremità contraddittorie?
Un dettaglio, probabilmente, da affrontare e affinare per una ricerca artistica ormai solidamente strutturata e in ogni caso in grado di analizzare una surrealtà (fatta di stereotipia e passività), nelle cui pieghe – se visti con sincerità – chiunque potrebbe scoprirsi d’esistere.

Lo spettacolo è andato in scena
Piccolo Teatro Mauro Bolognini
via Presto – Pistoia
venerdì 26 aprile, ore 21.00

Prima regionale
Menoventi, Daniele Ciprì presentano:
Perdere la faccia
a seguire l’incontro con gli autori: una questione di prospettiva
regia di Daniele Ciprì
con Consuelo Battiston, Alessandro Miele, Rita Felicetti
soggetto e sceneggiatura Consuelo Battiston, Gianni Farina, Alessandro Miele
fotografia Daniele Ciprì
montaggio Gianni Farina
produzione Menoventi e Santarcangelo 41
con il sostegno di Accordo GECO 2 Giovani Evoluti e Consapevoli, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Gioventù/Regione Emilia-Romagna, Emilia-Romagna Teatro Fondazione
durata 50′