Per il Festival Inventaria 2017, al Teatro Studio Uno va in scena la sezione Pillole, una serie di cinque apparizioni di circa venti minuti, desiderose di crescere e diventare grandi.

Cosa si muove nelle viscere di una grande città? Se lo chiede il Festival Inventaria, tanto da organizzare una festa del teatro off, degno erede della sperimentazione avanguardistica degli anni sessanta e settanta, che fece di Roma un centro della ricerca teatrale internazionale.

Assistere alla sezione è come stare davanti al banco dei gelati, assaggiarne i gusti, senza saziarsene con nessuno. È proprio l’allentamento dei legami narrativi, che nella fiammata di un attimo vengono sacrificati, a suscitare desiderio di volerne sapere di più, per rispondere alla domanda ingenua dello spettatore: come va a finire? Cosa c’è al piano di sopra che fa tanto paura ai personaggi?

Questa, per esempio, è la domanda che ci poniamo assistendo a Un qualche rumore fa, di Romina Paula, drammaturga argentina. Una giovane donna torna in una casa abitata da due fratelli. Al piano di sopra è tutto rimasto come tanti anni fa. La ragazza allude a flirt avuti con entrambi. La sua provocante sensualità porta un estremo turbamento, che fa pensare a come eros irrompa in un depresso e quasi omoerotico sodalizio familiare, costruito per tenere a bada un segreto.

In Trittico delle bestie di Niccolò Matcovich, Alessandro Gorgoni mette in scena un serrato rapporto familiare. Il ricordo di una madre che alleva capre, riporta il protagonista a una fastidiosa regressione. Un lupo ha gli occhi lampeggianti di rosso e lo incalza. È il fantasma di un fratello che è dovuto restare, mentre lui ha scelto di mollare tutto per seguire la sua vocazione di fotografo. Il terzo animale è un orso, la bestia in cui si trasformerà alla fine della sua malattia. La vita è un fluire di malintesi e rancori in cui niente si risolve, se non – forse – con la morte.

Bolognini – Costa presenta Rancorerabbia, una sorta di installazione djset in cui due performer eseguono un concerto sincopato tra parola, suono e movimento. Dove mettere la rabbia per un’Italia corrotta nelle viscere, ingozzata dagli onesti contribuenti, istituita dal diritto di voto finanziato “a tasso zero”? Lavoro volutamente inquietante, ai limiti di un’estetica della sgradevolezza, va segnalato per la cura coreutica della messa in scena, come in un rituale lisergico di luci e disperazione.

Con Casella 17 siamo introdotti a un divertente monologo in cui una giovane donna obbedisce alle caselle in cui il caso la fa fermare, come in un gioco dell’oca. La vita può avere l’ebbrezza di un gioco a premi, oppure l’apparente e ricco ventaglio di opportunità non nasconde il sapore di vecchie parole? La parola “sacrificio”, per esempio; oppure la parola “morte”, come l’immagine di gazzelle che avvicinano leoni mansueti solo all’apparenza.

Ultima pillola della serata è Acqua sporca, un lavoro ispirato da racconti di donne africane, in cui la protagonista è una madre alla ricerca dell’acqua per la sua famiglia, un’acqua pulita, buona da bere. Il monologo interroga la nostra arroganza ontologica, quella di sfruttare le risorse della terra come fossero inestinguibili, certi di poterne godere ad infinitum.

Cosa rimane alla nostra memoria? Suggestioni, schegge, in cui i “vuoti” acquisiscono importanza. Il lavoro che appare meglio riuscito nella sua espressiva fiammata ci sembra Un qualche rumore fa, quello più in grado di fare appello al segreto cuore dello spettatore “ingenuo”, colui che al teatro chiede solo di farsi rapire da una storia. L’installazione di Bolognini – Costa è interessante per la trama polifonca, oltre che per la scelta di “sporcare” la propria estetica, in modo da renderla coerente con l’esposizione di corpi sociali sofferenti e rabbiosi. Forse la pièce di Gorgoni è quella che ha più sofferto della riduzione – il nostro sguardo di spettatore trova difficoltà a trovare posto dentro l’opera, il cui carattere allegorico sembra oscurare la carne dei personaggi – e, forse proprio questa mancanza di definizione, è quello più si presta a scenari immaginifici. Casella 17 ha il merito di giocare la propria scommessa teatrale con estrema leggerezza, trovando proprio nel carattere quasi macchiettistico, la felice riduzione a frammento. Acqua sporca, pur nella minuziosa costruzione del monologo, risente molto dell’effetto di denuncia sociale che vuole veicolare e che “dissecca” forse troppo la narrazione.

In ogni caso, c’è da sperare che ciascuno dei lavori presentati, pur se condensati come un dado Liebig, possa trovare felice espressione della propria soggettività teatrale. Un pubblico aspetta proprio voi, magari proprio qui al Teatro Studio Uno.

La sezione Pillole del Festival Inventaria è andata in scena al
Teatro Studio Uno
via Carlo della Rocca 6, Roma
domenica 11 giugno 2017, ore 21.00.

Qualche rumore fa
di Romina Paula
traduzione e regia Alice Ferranti
con Massimiliano Aceti, Alice Ferranti e Lorenzo Terenzi
scene Emiliano Gisolfi
costumi Francesca Rizzello

Trittico delle bestie
di Niccolò Matcovich
adattamento e regia Alessandro Gorgoni
con Simone Ciampi, Caterina Gramaglia e Alessandro Minati
tecnico Stefano Recchia

Rancorerabbia
scritto e diretto da Sofia Bolognini
con Aurora Di Gioia e Cesare D’Arco
musiche e assistenza Dario Costa

Acqua sporca
di Bruno Barone
con Amanda Sanni
aiuto regia Francesca Romana Bergamo
tecnico audio/luci Bruno Barone e Paolo Aurino

Casella 17
di Diana Ripani e Elisa Massari
regia Diana Ripani
con Elisa Massari
scenografia Stefano Boffi