Nutrirsi d’arte

triennale-milanoUn Pranzo d’artista che fa convergere le arti attraverso un’interconnessione di fame, allo stesso tempo, corporea e spirituale.

C’è, alla Triennale di Milano, un piccolo spazio raccolto e nascosto dietro le grandi sale e i grandi allestimenti artistici.
Si entra un po’ in punta di piedi, senza sapere bene cosa aspettarsi da un Pranzo d’artista che si presenta come un “poema gastronomico” e che unisce i mondi, apparentemente antitetici, del teatro e della gastronomia, ovvero i bisogni dello spirito e quelli del corpo.
Ci si rende subito conto, però, che questa dicotomia teorica non funziona dal punto di vista pratico. Perché si scopre che nutrirsi significa (anche) intingere la narrazione teatrale (riflesso di singole narrazioni individuali) in quei condimenti e in quei sapori che esaltano le papille gustative, unendo intorno a un tavolo dei perfetti sconosciuti, e creano un legame e, con esso, una nuova narrazione.

È questo il risultato dell’originale messa in scena del Teatro Alkaest, collettivo di attori, scultori, musicisti, che cerca – riuscendoci qui magistralmente – di coniugare il teatro con altre forme artistiche. Non ultima quella culinaria. Nato negli anni ’80 da una collaborazione di artisti provenienti dal Teatr Cricot 2 di Tadeusz Kantor, il Teatro Alkaest – qui rappresentato da due dei suoi membri fondatori, Giovanni Battista Storti e Marzia Loriga – è impegnato in un’intensa attività in ambito socio-culturale.
Sostenuto dal CRT (Centro Ricerche Teatrali) e altre sei compagnie satelliti, il Teatro Alkaest ha saputo creare uno spazio alternativo al palcoscenico, una dimensione di intimità dove poter gustare il sapore del teatro in piccoli gruppi di massimo 35 spettatori, con prenotazione obbligatoria.
Il riferimento letterario è Il pranzo di Babette, racconto di Karen Blixen, da cui è stato successivamente tratto l’omonimo e fortunato film di Gabriel Axel.
La storia si svolge in un piccolo villaggio norvegese, Berlevaag, dove vivono Martina e Filippa, due anziane sorelle puritane, figlie di un importante decano protestante. La loro vita di dedizione e abnegazione (una ha rinunciato all’amore, l’altra al talento come cantante) verrà scossa dall’arrivo di Babette Hersant, una profuga francese che, dopo aver chiesto loro ospitalità, ne accompagnerà le monotone esistenze per i successivi 14 anni, fino alla vincita di 10 mila franchi. Babette, infatti, invece che usare quel denaro per tornare nella propria terra natia, come inizialmente creduto dalle due sorelle, utilizzerà quella somma per organizzare una suntuosa cena in memoria del decano. Un evento non limitato al mero consumo di pietanze, ma capace di diventare un’apologia di valori condivisi, dalla misericordia alla libertà, dalla fedeltà alla riconoscenza.

Inizialmente mimetizzati tra gli spettatori, gli interpreti recitano le parti camminando tra essi (intenti a sorseggiare i propri vini), per poi scostare la tenda che separa un primo spazio da un secondo e portare per mano ciascuno degli astanti in un’altra stanza. All’interno di essa, ognuno si trova ad avere dinnanzi a sé un lungo tavolo di legno – attorno al quale viene fatto sedere – creato ad hoc per l’occasione, così come l’originale installazione artistica di Roberta Colombo che penzola sopra di esso come una “nuvola di oggetti sospesi”. La narrazione presenta le varie fasi del racconto senza mai interrompersi e, in questo modo, non si limita mai a essere mera trasposizione del romanzo al testo drammaturgico. Piuttosto ne rappresenta il progressivo farsi con variazioni di registro e di stile che incantano lo spettatore e lo fanno sentire parte integrante della vicenda.

Il sottofondo musicale scaturito dal delicato tocco di Greta Malerba al pianoforte conduce questo convivio artistico al desiderio (perfettamente riuscito) di Alkaest di creare un connubio tra diverse forme d’arte: dalla musica al teatro, dalle installazioni alla gastronomia.

La performance si conclude con la lettura di un ipotetico menù di Babette, in realtà cibi portati dagli spettatori, e della motivazione della scelta di quell’alimento – entrambi (cibo e motivazione) consegnati all’ingresso prima dello spettacolo.
Ed ecco che, come avviene nella cena di Babette, attraverso l’estetica del gusto si ottiene una sorta di purificazione dalle passioni, un groviglio di forme e di storie differenti che si intersecano attorno ai piatti.
Il dono di Babette è quello di creare un filo rosso tra il cibo e le emozioni, di creare nuovi racconti che nascono dalla condivisione delle pietanze all’interno di altri racconti. Perché, come dice la stessa Babette, attraverso la voce di Giovanni Battista Storti, «tutto ciò che possiamo portare dalla vita terrena è quello che abbiamo donato».

Il dono della «grande artista» Babette – come lei stessa si definisce alla fine del racconto – permette di creare un incontro rivelatore tra persone, arti ed emozioni. Tale è il dono che Alkaest, con i suoi altrettanto grandi artisti, fa al proprio pubblico attraverso uno spettacolo originale.

Assolutamente da non perdere.

Lo spettacolo è andato in scena
Triennale di Milano
Viale Emilio Alemagna 6 – Milano
Martedì 28 gennaio, ore 19
E continua (su prenotazione)
2 febbraio – ore 18
1-2 marzo – ore 18
dal 4 al 7 marzo – ore 19
8-9 marzo – ore 18

Pranzo d’artista
regia Giovanni Battista Storti
interpreti Paui Galli, Lorena Nocera, Erika Urban, Marco Pepe, Giovanni Battista Storti e Greta Malerba al pianoforte
maestra di cerimonia Marzia Loriga
sculture Roberta Colombo
spazio scenico Valentina Tescari