Come l’immaginazione può varcare ogni confine

Al teatro Niccolini di Firenze va in scena la potenza della forza interiore e pedagogica di un eroe moderno: Alexandros Panagulis.

Giù la quarta parete, la platea del Teatro Niccolini di Firenze, si trova a essere essa stessa palcoscenico e scenografia. Diapositive di graffiti, proiettate a 360° come una coperta che avvolge tutti, riportano scritte in greco, quelle che si possono immaginare rivendicassero la contestazione sulle mura delle città elleniche, nei lunghi anni della dittatura militare – a cavallo tra la fine dei ’60 e i primi anni 70.

Il palcoscenico entra in sala attraverso delle strutture metalliche in discesa e pochi piani dove camminare. In scena, il regista Fulvio Cauteruccio nelle vesti di Alexandros Panagulis – detto Alekos – e lo scarafaggio Dalì, interpretato da Domenico Cucinotta, si muovono magistralmente, insieme ai limitatissimi altri interpreti. Il suono di una fisarmonica nascosta nella penombra, insieme al suo esecutore, geme a lato del palco, sottolineando i passi più intensi del testo che si recita poco distante.

Siamo nella cella-tomba di Alekos, il rivoluzionario greco arrestato e condannato alla fucilazione, che nel 1968 tentò di uccidere il dittatore Papadopoulos, in un attentato fallito per pochi secondi. Uno spazio seminterrato di tre metri per due, da dove nonostante tutto tentò per l’ennesima volta di fuggire, e che lo avrebbe sepolto vivo per oltre tre anni. Un luogo da incubo per le continue torture e soprusi che subì in tutto il periodo della prigionia.

Prigionia di Alekos, così il titolo dell’opera drammaturgica di Sergio Casesi, non ha però lo scopo di mettere in scena le torture o le gesta stoicamente eroiche di Panagulis, bensì di raccontare come sia riuscito, in un contesto così drammaticamente difficile, dove la vita fisica correva su un debole filo invisibile insieme a quella mentale, a mantenere una grande lucidità psichica, evitando la pazzia – grazie all’ispirazione poetica, alla forza delle parole.

L’autore stesso del testo, in una nota, sottolinea il focus del suo lavoro, ovvero la volontà di esplorare l’importanza del ruolo politico del teatro – che si è perduto nel tempo. Alekos Panagulis, citato a emblema di colui che sconfisse la dittatura dei colonnelli, che varcò confini incommensurabili, con la sola forza della poesia e dell’immaginazione.

È storia nota che il moderno eroe greco, con un atteggiamento eccezionale, nonostante le continue vessazioni e disumane torture, avesse ancora la forza di tendere degli scherzi ai suoi aguzzini e di non nascondersi mai dietro a stratagemmi che gli facessero alleviare la pena, fisica e interiore, che pendeva sulla sua testa.

In carcere Panagulis, in un’immagine più intima e meno conosciuta, scrisse poesie e testi, talvolta con il suo stesso sangue, in mancanza di matite che gli venivano proibite.

La scrittura, l’ispirazione, la forte immaginazione che lo faceva parlare con le stelle e con personaggi inventati, come la blatta Dalì, suo amico e consigliere, lo hanno salvato, estraniandolo dal suo stesso destino di quegli anni durissimi. Un destino già presagito ed espresso nelle sue stesse affermazioni.

Un eroe, Panagulis, preso come esempio perfetto, nell’idea dell’autore, per riportare all’attenzione, al centro della discussione, la valenza originaria del teatro come arte espressiva e di denuncia, con l’obiettivo di reinterpretarla in una nuova, odierna concezione. Una responsabilità inevitabile, considerati, secondo lui, i molteplici linguaggi del teatro contemporaneo. Una discussione culturale ed etica che riassume le differenti espressioni dell’ambiente teatrale elevandole a un nuovo teatro classico.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Niccolini
via Ricasoli, 3 – Firenze
sabato 17 febbraio, ore 21.00
Fondazione Teatro della Toscana presenta:

Prigionia di Alekos
di Sergio Casesi
regia Giancarlo Cauteruccio
con Fulvio Cauteruccio, Roberto Visconti, Domenico Cucinotta, Carlo Sciaccaluga e Francesco Argirò
alla fisarmonica Francesco Gesualdi
voce off Claudia Ludovica Marino
musiche Ivan Fedele
scene André Benaim
costumi e immagini Massimo Bevilacqua
colonna sonora Giancarlo Cauteruccio
elaborazioni video Alessio Bianciardi
ricerche iconografiche Anna Giusi Lufrano
direttore di scena Emiliano Gisolfi
capo elettricista Loris Giancola
fonica Pietro Sciagrà
sarta Augustina Gadea
assistente alla regia Francesca Caruso in stage per Master-Università La Sapienza di Roma

Ph: Filippo Manzini