La rassegna Liberi Amori Possibili tocca il tema estremamente delicato del virus HIV.

Nella vita non può essere tutto bianco o nero, tutto sì o no. Sul palco del Teatro Libero per lo spettacolo della compagnia Altrarte di Roma, le sfumature di grigio non sembrano contemplate.

Preservativo o non preservativo? Questa la domanda intorno alla quale ruotano tutte le storie dei personaggi, ma non solo, anche lo spazio e i costumi riportano all’incessante dicotomia bianco o nero, sì o no. L’unica nota di colore è data da una coperta rossa che compare per breve tempo a inizio e a metà spettacolo. La rappresentazione gioca molto sul simbolismo implicito degli oggetti, sui gesti e i colori e, quindi, viene da chiedersi: perché la coperta rossa? Simbolo della malattia? Dell’amore? Della morte? Probabilmente è pirandellianamente ciò che ognuno vuole vedere.

La risposta alla domanda “mi proteggo sì o no”, dovrebbe essere quasi al limite della banalità, ma nella vita capita di scontrarsi con chi ha opinioni diverse dalla nostra, per un motivo o per l’altro, perché la nostra storia è diversa dalla sua: per esempio un personaggio spiega: «È come il bunjee jumping: il rischio che puoi morire fa parte del gioco».

Le cinque storie dello spettacolo sono inserite in una cornice più ampia e molto suggestiva: lo spazio è semplice, ma di grande effetto, i movimenti di ingresso e di cambio scena sono molto precisi e puliti. Gli attori entrano sul palco completamente nudi e si vestono tutti uguali, perché in fondo – sotto tutti i nostri strati – siamo identici, come sono identici gli strati che interponiamo tra noi e gli altri.Questi racconti danno un’immagine un po’ grama di quella che è la vita. «Non siamo mica in un film etero», dice uno dei personaggi, ma perché: sono forse due modi diversi vivere e amare?

Rimandando tutti a situazioni di amore precario, amore occasionale, amore a pagamento, infedeltà o pornografia, viene da chiedersi se è questo l’unico universo in cui l’Aids o l’amore omosessuale si manifestano.Lo spettacolo si chiude con una bellissima immagine, metafora del virus, forzata un po’ troppo quando i tre interpreti si mettono le mani sugli occhi, le orecchie, la bocca: non vedo, non sento, non parlo.

Alla fine purtroppo il pubblico è confuso perché non capisce quando lo spettacolo è effettivamente finito e gli applausi arrivano sempre al momento sbagliato, tanto più che al momento giusto non applaude più nessuno.
Prigionieri del sesso
di John Roman Baker
regia di Antonio Serrano,
con Antonio Bonanotte, Daniel Plat, Marcello Caroselli, Pierfrancesco Ceccanei

Liberi amori possibili continua:
Teatro Libero
via Savona 10 – Milano, ore 21.00

Alexiso il trattato della lotta vana
di Marguerite Yourcenar