Quella linea sottile che divide dalla follia

Alessandro Gassman arriva al Teatro Goldoni di Livorno con Qualcuno volò sul nido del cuculo.

Tematica molto delicata e sempre attuale quella della follia, o presunta tale, nonostante gli istituti di cura mentale, ossia gli ospedali psichiatrici, in Italia siano chiusi da alcuni decenni grazie all’applicazione della legge Basaglia del 1978.

Qualcuno volò sul nido del cuculo dello scrittore americano Ken Kesey, divenuto in seguito un cult cinematografico mondiale per la regia di Milos Forman, con la inimitabile interpretazione di Jack Nicholson, e l’assegnazione di numerosi premi Oscar, affronta questo argomento tuttora scottante (visto che molte tra le strutture alternative preventivate da Basaglia non sono mai state realizzate).

Gassman, da sempre sensibile alle questioni sociali, dopo un lungo periodo di elaborazione – non volendo ricalcare la prima traslazione teatrale del regista americano Dale Wasserman – ha optato per un avvicinamento del testo al pubblico italiano trasferendo l’ambientazione in Campania. E precisamente nel manicomio criminale di Aversa, in provincia di Caserta, uno dei più antichi d’Europa. Un mondo crudele quello dei manicomi – o peggio ancora degli Opg, Ospedali penitenziari giudiziari, dismessi solo da pochi mesi.

La scena ruota intorno all’interprete principale, Dario Danise (Daniele Russo), un guaglione dedito alla malavita che, fingendosi pazzo, si fa internare con i pazzarielli del manicomio, gruppo davvero variegato, per evitare la pena carceraria alla quale sarebbe destinato. L’ambientazione italiana, accentuata dal dialetto napoletano di Denise – recitato però in modo da essere accessibile a tutti – e dalle veriegate inflessioni degli altri pazienti, va a sottolineare che la salute mentale o quel filo sottile che la divide dalla normalità (ma quale?) è un tema universale. Trattato spesso con arroganza e superiorità dai medici e dal personale degli istituti, deputati al controllo della pericolosità dei soggetti internati. Un mondo di inumanità che rende ancora più cruenta la precaria vita dei malati, cronici o acuti, secondo la selettiva categoria imputata.

La versione di Gassman, riadattata dallo scrittore Maurizio De Giovanni con la traduzione di Giovanni Lombardo Radice, ricalca la migliore tradizione dell’immaginario italiano – con la finale dei mondiali del 1982, la cui trasmissione in tv è negata ai pazienti; o il panorama del Vesuvio che ispira la fuga dall’Opg. Una rivisitazione sulle note di Pino Daniele, con accattivanti giochi di luci e videografie – un misto di realtà e sogno – proiettate verso il pubblico e sul pubblico attraverso l’invisibile velo calato sul boccascena.

L’opera originaria di Ken Kesey, ex veterano di guerra che passò molto tempo a studiare i suoi ex-commilitoni e i presunti malati dei manicomi statunitensi, è una denuncia forte del disagio delle persone affette da una qualsiasi forma di disturbo mentale e delle debolezze dell’essere umano in generale – che lo rendono spesso piccolo, anche se è un gigante di quasi due metri. Come nel caso del finto sordomuto Ramon, che grazie alla finzione camuffa la propria sofferenza per non incappare in punizioni sadicamente e tristemente note, dall’elettroshock alla lobotomia.

Se il teatro nella sua accezione comunicativa ha il compito di far riflettere, quest’opera fornisce senz’altro molto materiale sul quale lavorare. La linea sottile che divide i sani dai malati mentali ha un confine molto labile e, spesso, quelli che la società considera matti sono più consapevoli dei loro nevrotici e frustrati medici/aguzzini.

Molto interessante l’intreccio multimediale della rappresentazione. Calda l’atmosfera, nonostante la squallida ricostruzione dell’ambiente a livello scenografico. Magnifiche le interpretazioni dei pazzarielli, la cui punta di diamante, Daniele Russo, avrebbe acceso notevoli curiosità in Cesare Lombroso e il suo studio della fisiognomica.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Goldoni

via Carlo Goldoni – Livorno
martedì 16 febbraio, ore 21.00

Qualcuno volò sul nido del cuculo
di Dale Wasserman
dall’omonimo romanzo di Ken Kesey
regia Alessandro Gassman
con Daniele Russo, Elisabetta Valgoj, Mauro Marino, Marco Cavicchioli, Giacomo Rosselli, Alfredo Angelici, Giulio Federico Janni, Daniele Marino, Antimo Casertano, Gilberto Gliozzi, Gabriele Granito e Giulia Merelli
scene Gianluca Amodio
costumi Chiara Aversano
disegno luci Marco Palmieri
musiche originali Pivio & Aldo De Scalzi
videografie Marco Schiavoni
produzione Fondazione Teatro di Napoli